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Terra Santa, la via della pace più pericolosa della guerra

Intervista a padre Ibrahim Faltas

Padre Ibrahim Faltas, Vicario della Custodia in Terra Santa, a Sogliano per una due-giorni sui temi del dialogo e sulla situazione nei territori devastati da un conflitto che sembra non voler finire mai

“Siamo disperati. Sono in Terra Santa da 36 anni, ma una cosa del genere non l’avevo mai vista. Il 7 ottobre ha cambiato tutto”.

Padre Ibrahim Faltas, 60 anni, Vicario della Custodia di Terra Santa, a Sogliano sul Rubicone è di casa. Grande amico di monsignor Pietro Sambi, il Nunzio apostolico che qui è nato, è anche cittadino onorario del “ piccolo paese grandemente amato” dal Pascoli.

Al Teatro Turroni è intervenuto in occasione di “Custodi di Speranza”, la tavola rotonda organizzata dall’associazione sammarinese “Progetto Sorriso”.

Padre Faltas, Lei è spesso a Sogliano.

“Quando sono a Sogliano non posso dimenticare il mio grande fratello e padre spirituale monsignor Pietro Sambi. Sentiamo molto la sua mancanza e ricordo che lavorò moltissimo durante l’assedio dei 40 giorni alla basilica.

Mi ha fatto crescere umanamente e spiritualmente. Oggi nessuno ha dimenticato monsignor Sambi per tutto quello che ha dato alla Terra Santa così come il Progetto Sorriso. La vita in Terra Santa è diventata un inferno”.

Dal 7 ottobre 2023, quando Hamas ha attaccato Israele, è trascorso un anno. Un anno di guerra, che sta cambiando la storia e gli assetti del Medio Oriente. E la vita delle persone.

“La situazione in Israele è drammatica. La tregua non è la pace. Il turismo è bloccato. Ben 147 famiglie di cristiani sono andate vie da Gerusalemme.

Sono rimasti 600 cristiani a Gaza, 400 stanno nella parrocchia latina della Sacra Famiglia e 200 in quella ortodossa. Prima della guerra erano 5.000.

E non dimentichiamo – se ne parla troppo poco – che c’è la Cisgiordania sotto attacco.In quel territorio stanno facendo la stessa cosa che hanno fatto a Gaza: tra Jenin e Nablus sono 40.000 le persone senza tetto. Trovano rifugio nelle moschee, nelle chiese, perché il campo profughi è distrutto”.

E nel resto dei territori?

“Anche lì la vita è un inferno. Betlemme è chiusa da 10 giorni. È impossibile muoversi tra le città palestinesi, se non con tragitti lunghi tante ore. Il turismo è bloccato. I cristiani stanno perdendo tutto e tanti di loro stanno andando via. A Betlemme rimarranno i cristiani? Questa è la nostra preoccupazione.

Ma la comunità internazionale non dice niente.

Quando è iniziata la guerra tutti i capi di Stato sono venuti in Terra Santa. Per tutti la soluzione è quella dei «due Stati per due popoli». È da 70 anni che lo diciamo. Ma il progetto è rimasto sulla carta”.

Da sempre la Chiesa in Terra Santa tenta di mediare, di assicurare a tutti una vita dignitosa.

“Oggi purtroppo i margini sono ristrettissimi.

È difficile costruire la pace. Non danno retta a nessuno (gli israeliani, ndr). Dopo il 7 ottobre è cambiato tutto, quella data è un drammatico spartiacque. Israeliani e palestinesi che lavoravano assieme, uno a fianco dell’altro, oggi non si salutano neppure più, neppure in ufficio”.

La via della pace è proprio impossibile?

“In questo momento è complicato tornare al dialogo, proprio a causa del 7 ottobre. Ci vuole molto lavoro, della comunità internazionale, dell’America. Occorre una soluzione vera. Dov’è la giustizia?”.

Il Papa è stato il primo a invocare un cessate il fuoco, subito dopo il 7 ottobre.

“Parole le sue parole e i suoi appelli sono cadute nel vuoto. Spesso i suoi interventi vengono criticati. E ho visto quanto Papa Francesco soffra per questo”.

Paolo Guiducci-Ermanno Pasolini