La Chiesa di Rimini, su impulso del vescovo Francesco e del Presbiterio diocesano, in questo decennio dedicato dalla Chiesa italiana all’educazione, ha avviato un processo di rinnovamento delle modalità e dei percorsi formativi ecclesiali. Esso non mira solo alla rielaborazione dei progetti formativi per i futuri ministri, ma accoglie anche la sfida di maturare insieme alle comunità ecclesiali, parrocchie, associazioni e movimenti, una sensibilità formativa rinnovata, centrata sulla conversione della pastorale. Come il magistero di papa Francesco ci indica autorevolmente, si tratta infatti di passare dalla conservazione all’evangelizzazione, dentro ad un contesto sociale e culturale in costante e radicale mutamento. Ciò significa anche costruire insieme una rinnovata visione della teologia pastorale.
Qual è il ruolo della teologia pastorale nella Chiesa?
Con un linguaggio più familiare, il teologo italiano Enzo Biemmi ha proposto alla Chiesa italiana, a partire dal convegno ecclesiale di Verona, di rileggere i passaggi esistenziali di ogni uomo (il nascere, il morire, il legarsi, l’errare, l’appassionarsi) come luoghi di annuncio rinnovato del Vangelo. Ogni volta infatti che qualcuno si avvicina alla soglia della comunità cristiana per l’iniziazione cristiana del proprio figlio o per il funerale di un proprio caro o per il proprio matrimonio ecc., la comunità cristiana ha l’opportunità di incontrare le riflessioni e le domande di senso della persona di fronte ad eventi che stanno provocando cambiamenti importanti nella sua vita. In questi contesti lo Spirito Santo orienta la comunità a rileggere le proprie prassi pastorali, in modo che non si sclerotizzino in forme stereotipate, ma siano sempre aperte all’ascolto delle domande che lo Spirito suscita e disponibili all’annuncio della Parola che risuona nella vita. Qui si inserisce la funzione critica e propositiva della teologia pastorale, che aiuta ad interpretare l’uomo di oggi, anche con l’ausilio delle scienze umane, e fornisce modelli e criteri ecclesiali per l’arte del discernimento e della progettazione pastorale. Essa non offre manuali da applicare, ma favorisce una riflessione sapiente sul vissuto della Chiesa e stimola la conversione verso forme sempre più adeguate all’evangelizzazione.
Come la Chiesa di Rimini sta affrontando questa svolta formativa e pastorale?
Si tratta di un percorso che non inizia oggi e che richiederà ancora molto tempo. Già da diversi anni la Chiesa di Rimini ha predisposto delle istituzioni formative, come l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Alberto Marvelli, con al suo interno la scuola di teologia pastorale, e anche ulteriori proposte di formazione per gli operatori pastorali (SDOP).
Da due anni, dopo alcune riunioni di Presbiterio (il 26/02 e il 22/04 del 2016), e successivi incontri con gli uffici pastorali e i vicari foranei, ci si è orientati verso una proposta più sintetica, che tiene insieme la formazione offerta dalle comunità ecclesiali, con la loro vita liturgica, spirituale e pastorale, e un nuovo Percorso di Teologia Pastorale della durata di un anno, offerto all’interno dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. In questo anno si aiutano i partecipanti ad entrare in contatto in modo intelligente e riflessivo con le fonti della vita cristiana, ossia la Parola di Dio, la Liturgia, la tradizione viva della Chiesa, la riflessione spirituale, avendo come ossatura fondamentale le quattro costituzioni dogmatiche del Concilio Vaticano II: Dei Verbum, Sacrosanctum Concilium, Lumen Gentium e Gaudium et Spes. L’elemento biblico, dottrinale e spirituale viene presentato con riferimento alle domande e alla sensibilità dell’uomo di oggi, per favorire un approfondimento personale della fede e un’appropriazione critica della riflessione teologica.
Quali sono stati i riscontri il primo anno della nuova iniziativa?
La partecipazione è stata molto buona sia in termini quantitativi, perché si sono iscritte circa 90 persone, sia in termini qualitativi perché c’è stato un apprezzamento generale sui contenuti e lo stile delle lezioni. Molti, che hanno iniziato il percorso su proposta del parroco, hanno sviluppato poi motivazioni interiori per proseguire con perseveranza. L’approfondimento della fede ha infatti generato sorpresa, entusiasmo e il grande desiderio di continuare questo cammino di formazione. Se una buona fetta degli iscritti è rappresentata dai ministri in formazione, tuttavia vi sono stati anche un certo numero di catechisti ed educatori.
Davide Arcangeli