Nessun pistolotto contro la modernità, sia chiaro. Anch’io sono di quelli che guarda di continuo i siti di previsioni per sapere con che mezzo uscire per andare al lavoro o quando ritirare lo stendino dal terrazzo.
Ma, essendo cresciuto a mezza via tra il mare e la campagna, prima dell’avvento del meteo moderno ho fatto in tempo a intercettare la saggezza contadina o dei lupi di mare che ti sapevano dire se c’era aria da neve o vento da burrasca in arrivo. Poi l’orario preciso e l’entità magari non li sapevi ma ci si adeguava lo stesso.
Oggi invece appena viene emessa una allerta neve si pretende di conoscere orario di inizio e fine, quantità di centimetri e se basterà uno scarponcino o ci vorrà lo stivaletto. Con notizie e post condivisi in quantità industriale sui social network già il giorno precedente.
E ho l’impressione che il meteo sia sempre più schizofrenico anche per una sorta di ansia da prestazione: se l’evento atmosferico arriva un po’ prima o un po’ dopo, se è un po’ di più o un po’ di meno delle previsioni, apriti cielo e giù il doppio dei post del giorno prima.
Sento spesso parlare di meteopatia, ma non è che a forza di dargli addosso, il meteo ci è diventato umanopatico?