Il Signore di Rimini. L’uomo del Tempio Malatestiano. Sigismondo Pandolfo Malatesta: sui caratteri eruditi e peculiari della sua committenza in relazione al Tempio Malatestiano parla Alessandro Giovanardi (nella foto), in un intervento diventato una interessante lezione del ciclo “I Maestri e il Tempo” promossa dalla Fondazione Carim. Un confronto con Piero della Francesca e un confronto sul ruolo della donna come inteso da questi due personaggi.
Sigismondo Pandolfo Malatesta: un mecenate?
“Sigismondo Pandolfo Malatesta era un grande mecenate, erudito e interessato all’arte e alle lettere. Nello specifico, nella committenza delle opere relative al Tempio Malatestiano mostra di essere stato la vera mente unificante delle attività dal punto di vista filosofico e filologico, creando un discorso ambivalente. Pandolfo infatti aveva un obiettivo specifico: desiderava che ogni opera riportasse la data del 1450, un anno molto importante per lui, sia dal punto di vista politico ed economico con grandi vittorie valorose, ma anche perché il 1450 è un anno giubilare. Piero della Francesca probabilmente è stato uno dei primi a ricevere la committenza da Pandolfo Malatesta, il quale pretende proprio Piero come artista e pittore capace di interpretare molte componenti della cultura politica e religiosa dell’epoca”.
Qual è il rapporto tra Pandolfo e Piero della Francesca?
“Pandolfo Malatesta nutre grande stima per Piero della Francesca, anche lui un umanista che mostra numerosi punti in comune e affinità intellettuali. Hanno una sensibilità quasi identica nell’approccio allo spazio e nella concezione della costruzione simbolica delle immagini. All’interno del Tempio Malatestiano si trova l’affresco di Piero Della Francesca, ossia l’affresco che celebra l’ottenimento dello status di cavaliere dall’imperatore Sigismondo, ed è una delle pochissime opere che riportano la firma del pittore. In questo dipinto Sigismondo non è proprio al centro ma quasi ed è in ginocchio come i devoti, alla maniera medievale davanti al sacro. Al centro infatti dell’immagine c’è l’imperatore Sigismondo, in alto c’è San Sigismondo e a lato si apre un oblò che mostra Castel Sismondo. È un’innovazione e trasgressione nella maniera di rappresentare il sacro, dove l’elemento profano e l’elemento sacro creano il discorso simbolico. San Sigismondo infatti non è stato solo un santo, ma è stato anche un assassino, con il quale Pandolfo si identifica non solo mediante il nome, ma anche in quanto figura potente e forte. Questo importante affresco doveva essere situato nella cappella di San Sigismondo, ma purtroppo non è andata in questo modo”.
Che cosa accadde?
“Come ricordato, Piero Della Francesca è stato uno dei primi a ricevere una committenza di Sigismondo Malatesta, molto prima di Leon Battista Alberti. Ed è proprio Leon Battista Alberti a segnare la sfortuna di Piero Della Francesca. Quando è stato chiamato da Sigismondo doveva creare un affresco nella cappella di San Sigismondo, ma alla fine viene relegato nella sagrestia a dipingere. Questo perché a detta di Leon Battista Alberti, l’affresco è molto deperibile nel tempo. L’Alberti esercita un grande fascino su Pandolfo e probabilmente gli dice che gli affreschi non sono destinati a durare nel tempo. Guardando gli affreschi già presenti all’interno del Tempio probabilmente Sigismondo se ne convince. E in effetti, guardando come questo affresco è arrivato ai giorni nostri, si nota come non tutte le aree sono del tutto chiare e ben conservate. Ed è quindi per questo che l’affresco non si trova dove di logica doveva essere presente, e si trova nell’ultima cappella di destra del Tempio ed è esposto al pubblico”.
In Piero della Francesca possiamo trovare elementi di sacralità femminile?
“Certo. Un esempio significativo è La Madonna del parto, conservato a Monterchi, che è una sorta di sintesi del pensiero di Piero della Francesca. È un sapere sacro che unisce erudizione e teologia e che mostra un uso sapiente e interessante della prospettiva, in coesione con le espressività dei personaggi, impassibili, che danno una chiave di lettura importante sulla potenza del messaggio. Sotto questo dipinto c’è una cesta piena di ex voto che dimostra la potenza dell’immagine. Questo dipinto presenta degli elementi molto raffinati, come il padiglione di velluto rosso con una trama che ricorda il melograno, all’interno è foderato di ermellino, e al centro raffigura la madre di Dio, che è rappresentata come una donna del popolo con gli occhi abbassati in contemplazione e una mano appoggiata sulla pancia. Piero della Francesca ha dipinto con una perfetta complementarietà dei colori, che rafforzano il già potente messaggio dato dalla figura della Madonna. La tenda che si apre attorno a lei è la stessa apertura del suo vestito, ed esplica la figura del melograno che sta per aprirsi e donare i suoi frutti: il figlio di Dio. Questa vergine è giovanissima ma è contemporaneamente anche madre e il paradosso estremo del cielo che scende sul terreno e diventa vivo. Nel pittore, la figura femminile è studiata fino all’ultimo dettaglio”.
Sara Ceccarelli