LL’edificio è grande. Oltrepassato l’ingresso, prima di avvicinare il cartellino al lettore di badge, appare un enorme cartello: ricopre l’intera parete.
“Costruire una grande azienda globale che guadagni molto per ingrandirla, creare occupazione ed impiegare ogni anno una parte degli utili netti per aiutare i più deboli attraverso opere sociali sia in Italia che all’estero”. Dove “i giovani e meno giovani attraverso il lavoro riescano a dare un significato, un senso alla propria vita”. Dove “ogni 5 persone cosiddette normali possa lavorare una persona che ha dei problemi e che le 5 persone cosiddette normali aiutino quelle meno fortunate ad inserirsi nel lavoro e che le aiutino a vivere una vita normale, poiché è solo attraverso il lavoro che una persona acquisisce la sua dignità”.
Il sogno di Vittorio Tadei mezzo secolo dopo è una solida realtà. Mezzo miliardo di fatturato, 2.500 dipendenti, una crescita media annua del 12%, più di 560 monomarca: Teddy Group con la testa a Rimini e ramificazioni nei cinque continenti, oggi è uno dei pochi player internazionali capaci di giocarsela con colossi come H&M e Zara.
“Nel 2016 apriremo ottanta nuovi negozi in ventidue Paesi, dall’Italia all’Asia. Ed entro la fine dell’anno, a Barcellona, inaugureremo il nostro quarto flagship store” annuncia l’amministratore delegato Alessandro Bracci, 43 anni, pesarese, marito di Cristiana Tadei, una delle tre figlie del fondatore di Teddy.
All’epoca – è il 1961 – Vittorio esercita da commercialista, quando molla tutto per dedicarsi al negozio d’abbigliamento di famiglia, a Riccione. Comprende subito che la sola vendita non basta e si butta nella produzione. Il laboratorio è piccolo, ma la scelta è giusta. La distribuzione all’ingrosso funziona, Teddy si fa indossare sempre più e sempre meglio, accompagnato anche dal marchio Terranova (nato nel 1988). Tadei cala un altro dei suoi assi: la formula del “franchising in conto vendita”. Teddy vola subito oltre l’Italia. Dal 2009 al 2014 il tasso di crescita annuo è del 12% (17% se riferito al 1988). Alla moda giovane di Terranova, si aggiungono i brand femminili Rinascimento, Calliope (che esibisce pure la linea uomo) e Miss Miss.
Nel 2015 il fatturato è aumentato lievemente ma la reddività è più che raddoppiata. È il frutto di una crescita costante e di una scelta opposta rispetto ad altri colossi: si punta sul franchising invece che gestire direttamente i punti vendita al dettaglio. “Con le aperture di negozi in franchising tra il 2010 e il 2014 abbiamo generato circa 2.500 posti di lavoro, addetti alla vendita assunti dai nostri partner, e il nostro business plan ne prevede da qui al 2019 altri 2.200. Aggiungendo i nostri negozi diretti, arriveremo a 1.000 persone tra il 2010 e il 2014 e ad altrettante entro il 2019” sono alcuni numeri che Bracci ha fornito al quotidiano “La Stampa”. Tra assunzioni e franchising, in un triennio Teddy punta a creare più di tremila posti di lavoro. Il colosso ha attecchito nell’Est Europa, ha soddisfazioni in Medio Oriente ma è ben radicato a Rimini. E non solo perché la sede è in Riviera. “Per Terranova e Calliope, – aggiunge Bracci – i capi vengono pensati e disegnati a RImini, dove sono presenti tutte le competenze”.
In Teddy è nata anche una “università aziendale”. “Ogni uomo è un creatore se gli si dà fiducia. Cresciamo molto per via interna, vogliamo coltivare i nostri talenti e farli diventare i professionisti di eccellenza di domani. Per questo tra poco inizieremo una serie di Talent Day aperti a studenti universitari e neolaureati per fare conoscere l’azienda”. Una “cantera” Teddy per trovare i nuovi manager della multinazionale a gestione familiare.
La “cantera” Teddy
Ogni anno 200 nuove assunzioni. E un obiettivo ambizioso (raddoppiare il fatturato in quattro anni) da raggiungere, abbracciando la filosofia della crescita interna. “È difficile per noi assumere un manager dall’estero e quando questo avviene la consideriamo una sconfitta” avverte l’amministratore delegato Alessandro Bracci. Quella dell’ad del gruppo che possiede marchi come Terranova, Rinascimento e Calliope (nato ufficialmente nell’81 come srl: prima non c’era marchio e i vestiti uscivano con sigle varie.
Sui marchi il modello razionale inizia negli anni ’90) non è una dichiarazione ad effetto, ma un impegno preciso. Il top management dell’azienda riminese, infatti, ha appena preso una decisione che farà discutere: lasciare tutte le cariche operative a 60 anni, passandole ad un proprio sostituto “allevato” naturalmente all’interno all’azienda. Aziendalisti e giovanilisti.
Con questo parcheggio “forzato” e di fronte ad una aspettativa di vita che oggi si è allungata, non si rischia di disperdere competenze ed esperienza accumulate sul campo dai manager “in anta” ma ancora giovani? In Teddy la pensano diversamente. L’operazione “alleva il tuo vice” ha il duplice scopo di avere sempre una prima linea giovane e offrire una prospettiva di crescita ai più giovani in azienda. “Un neolaureato che viene a lavorare in Teddy – lo ha detto Bracci al Corsera – vede davanti a sé persone che hanno fatto carriera ed è spinto a fare per poter raggiungere gli stessi obiettivi”.
L’abbandono delle deleghe operative a 60 anni (accordo già sottoscritto da cinque manager, amministratore delegato compreso) avverrà comunque senza rinunciare all’esperienza maturata. Non è prevista infatti alcuna rottamazione: piuttosto si darà l’opportunità a questi manager di fare altro, tutto quello che l’ingranaggio attuale di Teddy non consente di esprimere. “Quando si è operativi sul mercato – ammette Bracci – vengono almeno dieci idee al giorno che si riescono a realizzare solo in minima parte, costretti a seguire la quotidianità”.
Valorizzare la crescita interna e allevare un proprio sostituto al quale passare il testimone all’età di 60 anni, è la soluzione adottata da Teddy per formare una classe dirigente coraggiosa, responsabile e proiettata verso il futuro, alla quale i manager di oggi trasmettono i valori del gruppo.
Paolo Guiducci