Finisce l’estate, ma non finisce il consueto appuntamento bimestrale con Ariminum, la rivista di approfondimento sulla storia, l’arte e la cultura della Provincia di Rimini. Nel numero in uscita, sempre come supplemento in allegato a ilPonte, il tema centrale non può che essere uno: la riapertura dello storico Teatro Galli, prevista per l’ottobre che è ormai alle porte.
Un “Galli” che è stato sotto i ferri per 4 anni, con un cantiere che ha impegnato oltre 200 operai, coinvolgendo oltre 5 imprese edili. E ora è tutto pronto per ripartire: la prima assoluta è prevista per il 28 ottobre, ma l’ex Teatro “Vittorio Emanuele II”, ribattezzato “Amintore Galli” nel 1947, è già apprezzabile in tutta la sua bellezza, perché i lavori esterni sono completamente conclusi.
Una bellezza che ha subito sprigionato la propria forza di attrazione: grazie a Entra in Scena, la campagna di sostegno per le spese di gestione del teatro lanciata dal Comune di Rimini, ha già raccolto donazioni e contributi per oltre 200mila euro. Insomma, la città è entusiasta e pronta a riappropriarsi di un luogo di cultura e spettacolo che fa parte della propria identità da più di un secolo e mezzo. Proprio per questi motivi, il primo articolo di Ariminum, firmato da Manlio Masini, racconta le origini del Teatro Galli, la sua costruzione e inaugurazione, mettendo in luce un particolare importante: il suo nome, “Amintore Galli”, fu assegnato sulla base di un vero e proprio equivoco.
Di seguito si riporta un estratto dell’articolo, che racconta questo curioso, ma a suo modo determinante, episodio della storia riminese.
Divagazioni sul tema – da “Vittorio Emanuele II” ad “Amintore Galli”
Il “monumento al bel canto” fu inaugurato il 16 agosto 1857 con l’Aroldo di Giuseppe Verdi (1813-1901), opera diretta dallo stesso autore. Per prepararsi a questa “prima” il maestro di Busseto soggiornò a Rimini per circa un mese: alloggiava nell’albergo Aquila d’Oro e trascorreva le giornate tra lunghe passeggiate sulla spiaggia e interminabili nottate di lavoro. Proprio nella stanzetta del cinque stelle riminese di quel periodo, alla fioca luce di una lampada a petrolio, Verdi compose la sinfonia dell’Aroldo e apportò gli ultimi “ritocchi” all’opera prima di metterla in scena.
La presenza del grande musicista in città mise in agitazione i riminesi. Vederlo camminare sulla battigia o lungo la Strada maestra (attuale corso d’Augusto) era già un’emozione. Quando poi qualcuno cominciò ad azzardare il saluto, “scappellarsi” davanti a Verdi divenne un rito; i più fortunati che riuscirono a parlargli vissero per anni nel ricordo di questa “confidenza” ricevuta.
Alla vigilia del “gran giorno”, la città fu tappezzata di striscioni di carta bianca, rossa e verde con la scritta VIVA VERDI. Era senza dubbio un modo per inneggiare all’artista, ma anche per esternare il patriottismo savoiardo. Dietro a quelle maiuscole intervallate di puntini si celava infatti la famosa frase: Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia. E proprio a questo re, Vittorio Emanuele II (1820-1878) così rumorosamente osannato, a partire dal 2 ottobre 1859, cioè appena usciti dal dominio “papalino”, i riminesi intestarono il loro Teatro fino a quel momento chiamato Comunale.
Quando il 15 giugno 1947 la giunta socialcomunista che governava la città gli cambierà frettolosamente il nome, dedicandolo ad Amintore Galli (1845-1919), musicista di Talamello, incorrerà in un grossolano errore. Era convinta che il Teatro, da tutti chiamato in forma abbreviata “Vittorio Emanuele”, celebrasse le glorie del nipote: cioè Vittorio Emanuele III (1869-1947), il re contaminato con il regime fascista al quale la città aveva addirittura intestato il lungomare, vale a dire l’opera urbanistica più lungimirante di tutto il Novecento riminese.
Questo scambio di identità, che fu fatale al re del Risorgimento, è documentato nel “quaderno” degli Atti del consiglio comunale con questa delibera: «Su proposta della giunta comunale considerato che nel rinnovato clima democratico della nazione si renda opportuno rimuovere da edifici pubblici nomi e scritte che ricordino fatti o persone legate al passato regime istituzionale; ritenuto che in relazione al suespresso concetto appaia opportuno sostituire la intitolazione del Teatro Comunale in atto dedicato a Vittorio Emanuele; ritenuto che tale artistico monumento possa essere convenientemente intitolato al M°Amintore Galli, cittadino Riminese, che per oltre mezzo secolo ha tenuto alto in Europa le tradizioni musicali del nostro popolo; a voti unanimi, per alzata e seduta, delibera di sostituire la intitolazione del Teatro Comunale da “Vittorio Emanuele” ad “Amintore Galli”». Il cambio d’intestazione scaturì dunque da un equivoco, un banalissimo equivoco.