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Tanti campanili, nessun Quartiere

IL TEMA. Nessuna città della Provincia prevede forme di democrazia partecipata. Perché?

Cattolica 17.000, Riccione 35.000, Santarcangelo 23.000, Bellaria Igea Marina 20.000. Sono i numeri dei cittadini residenti nei rispettivi comuni della nostra lunga città di costa. Riviera Romagnola nella geografia, e prima ancora nel nome noto a turisti e media, “Città Lineare” per urbanisti, sociologi e antropologi. Lineare perché come una lunga linea, talvolta retta, altre sinuosa, e con pochi trattini a scandire il vuoto urbano, caratterizza quello stretto tratto di terra tra Appennini e mare da Cattolica a Rimini, per poi allargarsi come bocca d’imbuto nelle propaggini della grande pianura. Settanta chilometri da Cattolica, fino ai confini della provincia di Bellaria e Igea Marina, e correre su, verso Ravenna, tagliando canali, fossi, fiumi, lagune, e soprattutto borghi, frazioni, paesi e città. Quelle frazioni, borghi, talvolta enfaticamente chiamati paesi, fanno le città della costa e ciascuno di quei borghi, frazioni o quartieri sono fieramente orgogliosi del proprio nome, e di quella piccola differenza che li fa simpatici concorrenti del quartiere vicino o più prossimo. E così se è pur vero che l’identità è Romagnola, stringendo la scala sulla mappa, diventa Cattolichina, Riccionese, Riminese, Santarcangiolese, Bellariese. Se scavi più a fondo e provi a interrogare uno dei residenti di queste città probabilmente risponderà che è del Macanno, piuttosto che del Centro se siamo a Cattolica; di Spontricciolo, piuttosto che dell’Abissinia o del Paese se di Riccione; d’Igea Marina, Bordonchio o Cagnona se risiede nel Comune di Bellaria Igea Marina; di San Martino dei Mulini, Paese o Canonica per un Santarcangiolese. D’altronde l’Italia è il paese dei campanili, simboli al pari della piazza, intorno ai quali si è formata la comunità che vi si riconosce e ama quel territorio come proprio, quasi fosse una grande casa.

Una Riviera policentrica

La lunga città riviera è nei fatti orgogliosamente policentrica e i suoi residenti poli-identitari. Inoltre alcuni fattori critici, da tempo, stanno agendo per rendere sempre più difficoltosi i criteri per mantenere o scegliere la residenza in tante aree: invecchiamento della popolazione, arrivo, da paesi vicini o molto lontani, di nuovi residenti, cambio degli stili di vita, scelte urbanistiche che nel medio-lungo periodo hanno impoverito quel territorio di funzioni, attività e servizi, come l’apertura di grandi superfici e centri commerciali, e di conseguenza fiaccato territori e comunità, centrali o periferiche che siano. Ma se guardiamo anche alle nuove sfide che ci attendono, rigenerazione urbana, nuove scelte ambientali, trasformazione di interi isolati sul fronte o in prossimità della spiaggia, si prefigurano importanti decisioni e altrettanti cambiamenti epocali. Appare, quindi, evidente come il coinvolgimento di tutti, dell’intera comunità sarebbe necessario e fondamentale per una buona e consapevole riuscita delle scelte e delle iniziative da adottare sin dall’inizio di un inevitabile e fondamentale confronto, il più aperto e allargato possibile.

Se è pur vero che spiagge dorate, la vivace movida e un’economia trainata dal turismo, sono i tratti distintivi soprattutto di Cattolica, Riccione, e Bellaria Igea Marina, resta il fatto che i quattro comuni della provincia di Rimini, più grandi per popolazione residente, pur contando su una popolazione considerevole e su un tessuto sociale dinamico, presentano una peculiarità che li distingue da molti altri centri urbani italiani: l’assenza di una suddivisione in quartieri e di forme di partecipazione decentralizzata.

Cosa significa in concreto?

Significa che i cittadini di questi comuni non hanno la possibilità di partecipare attivamente alla gestione del loro territorio attraverso organismi rappresentativi di prossimità, come i consigli consultivi, di quartiere o Forum, come si appresta a deliberare il Comune di Rimini. Le decisioni che riguardano la vita quotidiana, dalla manutenzione delle strade alla gestione dei servizi, sono prese a livello comunale, con una minore attenzione alle specificità e alle esigenze delle diverse zone. Perché questa assenza? Le ragioni sono molteplici e complesse. Storicamente, lo sviluppo turistico di queste località ha privilegiato una visione centralizzata dell’amministrazione, focalizzata sulla promozione dell’immagine complessiva del territorio piuttosto che sulle esigenze dei singoli quartieri. Inoltre, la dimensione relativamente contenuta di questi comuni ha potuto far pensare che una suddivisione in quartieri fosse superflua. Sicuramente, per questi piccoli comuni non esiste un obbligo normativo.

Infatti la tormentata contraddittoria storia del decentramento, o meglio dell’involuzione del quadro normativo di riferimento, ha portato a partire dal primo decennio degli anni 2000, con il pretesto della riduzione della spesa pubblica, prima alla soppressione e successivamente alla facoltà di ripristino, per i Comuni, ovviamente dentro regole precise e dettate dal legislatore.

Eppure, sembra che l’ultima norma abbia visto un legislatore attento ai nuovi bisogni di partecipazione e democrazia dal basso, prevedendo, e invitando, i Comuni, a una sorta di estensione della possibilità di ri-costruire i Quartieri. Infatti il Testo Unico degli Enti Locali al comma 1 dell’articolo 8 recita testualmente: “ I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di partecipazione popolare all’amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto”.

Sembra chiara la volontà del legislatore di promuovere la ri-costituzione dei Quartieri, seppur in forma nuova rispetto al passato, purché incentivino la partecipazione attiva dei cittadini.

Quali sono le conseguenze di questa scelta?

Da un lato, un sistema amministrativo centralizzato può garantire maggiore efficienza e coerenza nelle decisioni. Dall’altro, però, rischia di allontanare i cittadini dalle istituzioni, limitando le opportunità di partecipazione e di controllo democratico. L’assenza di rappresentanti di quartiere può inoltre rendere più difficile la gestione di problematiche specifiche di alcune zone, come ad esempio questioni legate alla viabilità, alla sicurezza o alla qualità dei servizi come scuola, servizi per l’infanzia, presidi medici e farmaceutici, commercio.

E i cittadini cosa ne pensano?

Molti lamentano la mancanza di un punto di riferimento territoriale e di spazi di confronto con l’amministrazione. Sentirsi parte di una comunità più piccola, con bisogni e interessi specifici, è un desiderio legittimo che, in questi comuni, fatica a trovare una piena soddisfazione.

Cosa si può fare? È necessario avviare un dibattito serio e costruttivo sulla necessità di introdurre forme di partecipazione decentralizzata in questi comuni.

Cosa c’entrano le elezioni regionali?

Anche la prossima competizione elettorale regionale può essere terreno di confronto e iniziativa per promuovere la Democrazia partecipativa, d’altronde la forma Quartiere è nata in quel di Bologna ormai più di 50 anni fa, per ampliare la partecipazione attiva di tutti i cittadini e i “portatori d’interesse”. L’istituzione di consigli, forum, assemblee di quartiere, anche in forma sperimentale, potrebbe essere un primo passo per avvicinare i cittadini alle decisioni che li riguardano e per migliorare la qualità della vita nelle diverse zone. Inoltre, le nuove tecnologie possono offrire strumenti innovativi per favorire la partecipazione, come piattaforme online per la raccolta delle proposte e per la discussione sulle questioni locali.

Democrazia si, e partecipativa

La democrazia partecipativa, intesa come la possibilità per i cittadini di influenzare direttamente le decisioni politiche che li riguardano, è un pilastro fondamentale di ogni sistema democratico moderno.

Nelle nostre città, tuttavia, questa forma di democrazia sembra essere stata dimenticata, seppure rispetto a un passato dove la partecipazione era parte integrante del processo decisionale. Anche lo scorso anno nel Comune di Cattolica il Consiglio Comunale ha respinto una mozione della minoranza di centro destra che intendeva promuovere la rappresentanza e la partecipazione dei Quartieri alla vita amministrativa della città attraverso l’inserimento, nello Statuto Comunale, di un regolamento che avrebbe tutelato e legittimato i rappresentanti di Quartiere, espletandone il diritto di azione sul territorio in rappresentanza dei cittadini del proprio Quartiere. Insomma al di la della bontà o meno delle proposte sembra che gli ultimi anni siano stati piuttosto anni di resistenza verso un cambiamento sempre più necessario, oltre che richiesto dai cittadini: anni dove hanno prevalso soprattutto idee e norme di consolidamento del potere esecutivo, sempre più forte e accentrato, e conseguente indebolimento delle forme di partecipazione e rappresentanza: eliminazione dei Quartieri, abolizione di elezione diretta e popolare di consiglieri e Presidente di Provincia, riduzione del numero di parlamentari, soppressione dei collegi territoriali, con la conseguente assenza di rappresentanti parlamentari espressione diretta dal voto territoriale.

La Democrazia sembra somigliare sempre più a una piramide rovesciata, che fonda la propria stabilità quasi esclusivamente sul vertice. La costruzione di una democrazia più partecipativa dovrebbe essere un obiettivo fondamentale per tutti, Cittadini, Partiti Politici, Associazioni, Istituzioni, per garantire un futuro migliore a questi comuni e ai loro cittadini.

Maurizio M. Taormina