C’è una grande tranquillità, in questo tempo, sulla via del mare. Chi ha lavorato tanto in estate si riposa in inverno. In questi giorni, poi, diversi abitanti residenti approfittano del periodo natalizio per qualche svago vacanziero in località più calde.
Ma don Benito Drudi rimane al suo posto a mobilitare tutta la parrocchia di Rivabella per l’imminente visita pastorale. E con lui tutti i collaboratori più stretti, impegnati a preparare relazioni e a studiare il volantino per informare e invitare tutta la parrocchia al grande evento.
Marco e Filippo, due giovani addetti al volantino, interrompono l’intervista a don Benito per concordare gli ultimi dettagli: “Dovremo fare un migliaio di volantini per passare poi a distribuirli a tutte le famiglie. Non vogliamo che qualcuno rimanga fuori perché non è stato informato”.
“Mille volantini basteranno – conferma don Benito – La popolazione della parrocchia si aggira intorno ai 2500 abitanti, per un migliaio di famiglie. Non è una parrocchia grande, come vedi, ma non mancano le esigenze ed i problemi.
Conosco molto bene gran parte di questa gente, dato che sono con loro dal 1966. C’è però una buona fetta di popolazione nuova, stranieri per lo più, che non si avvicinano alla parrocchia e non è facile avvicinarli. Noi speriamo che la visita del Vescovo porti maggiore attenzione e collaborazione alla Comunità”.
Lei è il primo e unico parroco di Rivabella, della parrocchia Nostra Signora di Fatima. Come è giunto qui?
“Arrivavo da Bologna, dove ero stato vice rettore al Seminario regionale. Era la fine dell’estate del 1966. Monsignor Biancheri non sapeva dove mandarmi, e alla fine decise di farmi fare l’esperienza in parrocchia. Ma questa parrocchia era ancora tutta da costruire … da costruire materialmente e spiritualmente. Materialmente si fece un capannone non lontano da qui, sempre in Via Coletti. Soluzione infelice per tanti motivi. Spiritualmente la gente è stata subito molto attenta e disponibile, accogliendo persino nelle loro case i gruppi di catechismo. Veramente la struttura parrocchiale era un servizio atteso da tutta la popolazione residente, perché prima dovevano andare o a Viserba o a San Giuliano mare.
Poi nel 1990 siamo finalmente entrati nella nuova sede, più spaziosa, più raccolta e più vivibile”.
Dopo questa premessa raccontiamo qualcosa di più intimo, di più esistenziale per i parrocchiani. Raccontiamo, ad esempio, i tratti salienti della vita spirituale.
“La vita spirituale della nostra Comunità si costruisce su tre perni essenziali: la liturgia domenicale, l’anno liturgico e la catechesi.
Non è pensabile che una comunità possa costruirsi solida e fraterna senza Eucaristia domenicale. La liturgia è il momento centrale della vita della parrocchia, nell’impegno di animazione delle celebrazioni domenicali e dei tempi forti dell’anno. Dalla liturgia domenicale, l’Eucarestia viene portata a casa, agli anziani e agli ammalati che lo desiderano.
Alcuni momenti dell’anno liturgico, specialmente la Quaresima, ci vedono particolarmente impegnati nell’ascolto della Parola di Dio e nei Centri di Ascolto del Vangelo. E l’anno liturgico è scandito anche da gruppi di preghiera di persone, spesso anche molto anziane.
E poi c’è la catechesi, per la quale spendiamo molte energie, nella convinzione che solo accompagnando questi bambini nel loro cammino di fede possiamo sperare in una Comunità adulta e impegnata. Negli ultimi due anni poi, grazie al direttore della corale parrocchiale, è nato in seno al gruppo di catechismo, un coro dei bambini, “<+cors>Bianche Armonie<+testo_band>”, che ogni sabato si riunisce per imparare i canti della liturgia domenicale”.
Una Comunità ha bisogno anche di gesti materiali, visibili, sperimentabili … Quali iniziative animano particolarmente la vostra parrocchia?
“Il tesoro prezioso della nostra piccola comunità parrocchiale, che riempie di stupore, è l’umanità e la sensibilità delle persone. Esse emergono dalla risposta alle varie proposte, quali pesca di beneficenza, mercatino di Natale, raccolte per la varie necessità a livello locale, diocesano e altre. Poi la vivacità nell’impegno di apostolato: compagnia filodrammatica, gruppo teatrale di bambini, adolescenti, giovani, festa parrocchiale, doposcuola estivo, campeggi, cene insieme aperte a tutti, anniversari dei matrimoni… e altri momenti comunitari di gioco e di festa orientati all’annuncio. Iniziative non strettamente spirituali, se vogliamo, ma che concorrono magnificamente a creare una sensibilità spirituale e di fraternità”.
Qualcuno mi ha fatto notare che nel raccontare la vita delle nostre parrocchie diciamo sempre le cose più belle, ma mettiamo poco in evidenza le difficoltà. A Rivabella ce ne sono di difficoltà?
“Se dicessi di no, direi una bugia. Non è facile costruirsi come famiglia, come parrocchia che sia veramente “famiglia di famiglie”. Ma è il compito di noi che siamo stati chiamati da Dio a formare questa parrocchia. Abbiamo bisogni di imparare a essere capaci di attenzione per cogliere i segni di umanità presenti nei fratelli che formano la parrocchia insieme a noi, ma che non frequentano. Ecco il cammino da perfezionare. Pur animati dalle migliori intenzioni, il rischio di essere chiusi, poco sensibili, più preoccupati delle cose da fare anziché del nostro essere, è sempre alla nostra porta.
Ci rendiamo conto, però, con immensa gioia, che si delinea un’immagine sempre più chiara: la parrocchia come piccola porzione di Chiesa, porta aperta per tutti, segno di speranza, luogo in cui si vive la speranza pur nelle realtà difficili, precarie, povere”.
Dice una vecchia, rivoluzionaria canzone cubana: Caminante, no hay camino. El camino se hace al andar. Non c’è una strada già tracciata, uguale per tutti. Il cammino si scopre e si costruisce nell’esperienza.
Egidio Brigliadori