Sulla terra soffia vento di crisi

    Terreni sacrificati al cemento. Aumenti vertiginosi dalla produzione al consumo, che tutti sembrano favorire fuorché il primo e l’ultimo anello della filiera. L’agricoltura riminese piange. Da tempo. Valter Bezzi all’indomani della riconferma (la terza) alla guida della Confederazione Italiana Agricoltori per la provincia di Rimini, ha già pronti sul tavolo gli obiettivi del mandato dei prossimi quattro anni (2010-2014). Fogli e fogli di appunti, pagine e pagine di priorità da mettere in atto per risollevare il settore. Una lunga serie di richieste da sottoporre alle autorità competenti per reclamare una collaborazione dall’alto, ma anche ai colleghi delle altre associazioni perché tra le mete da raggiungere, sottolinea, c’è anche la creazione di “un polo unico dei servizi per l’impresa”. Per Bezzi “potrebbe essere il primo passo di un percorso verso l’unità delle rappresentanze, quanto mai indispensabile nell’attuale contesto di crisi del settore primario” e magari verso “un sindacato unitario che potrebbe avere un maggiore peso al tavolo delle contrattazioni”.

    I numeri
    Al 30 settembre 2009 secondo i dati dell’ultimo Rapporto della Camera di Commercio di Rimini, sono 2.475 le imprese agricole attive in provincia. Rispetto al 2008 quando le attività erano 2.570, la diminuzione è stata del 3,7%. E negli ultimi cinque anni (erano 2.800 le imprese nel 2005) il tracollo è stato ancora più forte: -11,6%. Nonostante questo però, appaiono in crescita tra il 2008 e il 2009 sia il valore aggiunto provinciale (+8%) sia l’occupazione che segna un +6%.
    “Anche il futuro fa ben sperare” commenta Bezzi che non distoglie però l’attenzione dai punti deboli. Il calo della redditività è uno di questi: “Mentre in Germania e nel Regno Unito le cifre sono cresciute nell’ultimo anno del 30%, in Italia la redditività delle nostre aziende è diminuita del 25%”. Un trend che spaventa anche i giovani, poco attratti dalla vita e dal lavoro dei campi: “basti pensare – aggiunge il presidente provinciale di Cia – che oggi in Italia per ogni imprenditore agricolo sotto i 35 anni ne abbiamo 12,5 sopra i 65, mentre in Francia e Germania il rapporto è circa uno a uno”.

    Bilanci
    “In dieci anni abbiamo perso il 50% delle aziende iscritte. – fa eco Giovanni Filanti di Confagricoltura – Il motivo? Una eccessiva frammentazione delle aziende e la elevata età degli addetti. Oggi si va verso un accorpamento delle aziende, mentre la crescita del valore aggiunto e della occupazione è dovuta al tentativo di trasformare, per quanto possibile, la produzione aziendale per avviarla direttamente sul mercato”.
    “I dati confermano la tenuta produttiva dell’agricoltura riminese, anche se i risultati si differenziano da settore e settore.– spiega Giorgio Ricci di Coldiretti – Il vino, ad esempio dopo la bassa produzione del 2007 è tornato ai livelli produttivi del 2006, la coltivazione degli ortaggi in pieno campo ha fatto registrare una forte flessione, mentre frutta e cereali sono stabili. Ma anche se i risultati cambiano da comparto a comparto e all’interno dello stesso da periodo a periodo, il bilancio è in generale negativo. La tendenza all’aumento della produzione lorda vendibile non si è tramutata in reddito per gli agricoltori: la lunghezza della filiera non riesce a ripartire equamente i prezzi soprattutto verso la produzione”.

    Problema filiera
    Molte imprese lamentano una mancanza di reddito dovuta a costi di produzione troppo elevati, che non trovano corrispondenza nei prezzi di vendita dei loro prodotti. Quali soluzioni?
    “Gli agricoltori sono stati capaci di comprimere esageratamente le spese di produzione – aggiunge Filanti – ma soffrono ancora per la scarsa concentrazione del prodotto che allunga la filiera. Il problema non lo risolveremo con i mercatini: se il produttore va al mercato non sta in azienda. Forse dovremmo cercare di invertire la tendenza: il consumatore alla ricerca del prodotto di qualità. Per fortuna ci sono realtà in buona salute, che sono riuscite a strutturarsi diversificando investimenti e produzioni. Nuove strade? Agriturismo serio, ospitalità rurale, energie alternative, sinergie con turismo e ristorazione”.
    “Oltre alla diminuzione dei prezzi di vendita dei prodotti – attacca Ricci – vi è l’aumento dei prezzi dei concimi, sementi, gasolio, ecc.. Oggi gli imprenditori non hanno potere contrattuale in quanto minacciati dalle importazioni di prodotti che vengono spacciati come italiani per la mancanza di un corretto sistema di etichettatura”. “Il progetto di Coldiretti è quello di dar vita ad una filiera corta e tutta italiana – aggiunge il presidente riminese, Giuseppe Salviolicon tutti i prodotti che riportino in etichetta la provenienza del Paese di origine. A beneficio delle imprese agricole e dei consumatori”.

    L’unione fa la forza?
    Sulla proposta dei vertici della Cia di Rimini di creare, se non un sindacato unico, un polo unico a Rimini di servizi per l’impresa agricola con una progettualità comune, cosa pensano invece i colleghi?
    “Tutto è possibile – risponde Filanti – se mettiamo l’impresa agricola al centro dell’azione sindacale. Un polo unico riminese per in servizi? Non risolve il problema. Meglio puntare ad un polo regionale”.
    Più possibilista Ricci: “Già da tempo Coldiretti Rimini si è strutturata nell’ottica di un polo unico per i servizi costituendo all’interno del proprio sistema, con Coldiretti Forlì-Cesena e Coldiretti Ravenna, una apposita società, Impresa Verde Romagna srl, al fine di ottimizzare i costi ed erogare servizi efficienti”.
    Per Filanti di Confagricoltura occorre comunque condividere scelte comuni. Tra queste, “la semplificazione a 360 gradi, una strutturazione diversa del credito e una riforma vera del mercato del lavoro”.

    Alessandra Leardini e Silvia Ambrosini