C’è un sistema economico in affanno, che fatica ad uscire dal tunnel della crisi e che cerca disperatamente “liquidi”. Ma c’è anche, per usare le parole del prefetto Palomba, “una borghesia mafiosa che vuole impadronirsi delle imprese” e che proprio con la crisi può estendere ancora di più i suoi tentacoli. L’allarme è arrivato forte e chiaro dal convegno “Le istituzioni contro le mafie” promosso sabato scorso dall’Osservatorio provinciale per la prevenzione del crimine organizzato e mafioso. Non è la prima volta che il prefetto di Rimini riporta l’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni locali su questo tema. E anche nell’ultima occasione lo ha fatto con un occhio particolare all’economia turistico-alberghiera, quella più monitorata dall’Osservatorio, e alle 200 variazioni societarie nel settore avvenute solo nell’ultimo anno.
Che il territorio riminese sia appetibile per circuiti imprenditoriali e finanziari poco trasparenti non è una novità. E la vicinanza con San Marino è il nodo. A suscitare altri sospetti ci pensano i dati diffusi da Fiba Cisl Emilia Romagna nel convegno regionale svoltosi la scorsa settimana a Riccione. Nonostante il forte taglio al credito (solo nel 2012, in questa provincia, sono stati erogati in meno 732 milioni di euro, -6,4%), a Rimini e in Romagna gli sportelli bancari non diminuiscono. In regione sono stati chiusi, in quattro anni, 106 sportelli. Rimini invece continua ad essere ai vertici del BelPaese con uno sportello ogni 1.071 abitanti. Forlì-Cesena, con 1.120, è al quarto, Ravenna (1.136) al sesto. Di fronte a queste cifre non è un azzardo pensare ad un’intensa attività di riciclaggio. Il segretario generali dei bancari Fiba Cisl Emilia Romagna, Marco Amadori, punta il dito anche sui commissariamenti che hanno interessato le banche locali (Carim, Banca di Rimini, Credito di Romagna, Gruppo Delta). “In un modo o nell’altro – sottolinea Amadori – hanno tutti un fil rouge che portava al paradiso fiscale sammarinese”.
Che la provincia sia una colonia ambita dalla malavita lo dicono poi le ultimissime vicende di cronaca. È di pochi giorni fa la notizia della maxioperazione dei carabinieri di Caserta che non solo ha portato all’arresto di 24 persone, ma ha messo in luce i collegamenti con il Titano del nuovo reggente dei Casalesi (il clan di Casal di Principe) Carmine Schiavone, terzogenito di “Sandokan”. Attraverso i suoi luogotenenti (tra cui il già noto alla giustizia Francesco Vallefuoco e altre cinque “sentinelle” locali che gestivano il traffico di stupefacenti e avevano in custodia le armi della Camorra) ha reimpiegato almeno 5 milioni di euro in quote della finanziaria sammarinese Fincapital.
Duro il commento del presidente della Provincia Stefano Vitali e il sindaco di Rimini Andrea Gnassi: “Non siamo davanti solo a infiltrazioni – precisano – ma a una tangibile aggressione a fini di radicamento nel nostro territorio”.
“La Cgil da due mesi lavora su questo problema” fa eco il segretario riminese Graziano Urbinati. “Con Libera, Arci, Sos Impresa e altre realtà, solo a Rimini abbiamo raccolto 2.000 firme per la proposta di legge sulla confisca dei beni delle mafie. Alcuni beni sono già stati confiscati”. Un’altra proposta che lo stesso prefetto ha inviato al Ministero degli Interni con risposta favorevole, è un Protocollo sugli appalti. Si dovrebbe partire a breve con “regole chiare e trasparenti – conclude Urbinati – che indichino white list di imprese sane, che possono operare, con certificazioni antimafia e documenti di regolarità contributiva”.
Alessandra Leardini