Festeggia, orgogliosa, la nostra Rimini. Ben 2mila anni trascorsi con l’imperturbabile Ponte di Tiberio (e Augusto). Quando una voce irrompe, nel bel mezzo della festa. Ci dice che c’è un altro pezzo di storia da ricordare. O forse ancora da scoprire.
L’ingegner Luciano Gorini non è un pazzo visionario, né tantomeno un improvvisato coscienzioso cittadino. Presidente dell’Azienda di Soggiorno di Rimini dal 1959 al 1964, ex consigliere comunale della DC e tra i soci fondatori di Aeradria, Gorini può certo dire di conoscere bene la sua città. E a 85 anni, con cinque figli, undici nipoti e una moglie che lo esorta a lasciar perdere, lui prosegue la sua battaglia: la riqualificazione dell’Anfiteatro romano, in via Roma. Il più grande teatro dell’impero dopo quello della capitale, questo tesoro archeologico vive da anni all’ombra dei più visibili resti di Ariminum, escluso dal cuore di turisti e cittadini. Perché poco centrale, perché orfano di molte sue componenti, e anche perché coperto in parte dal CEIS, il Centro Educativo Italo Svizzero fondato dalla compianta Margherita Zoebeli, che impedisce ulteriori scavi. Come valorizzarlo? Spostando il CEIS, suggerisce Gorini. Una proposta vecchia di dieci anni, che nel tempo ha guadagnato diversi sostenitori. Eppure, nulla si è ancora mosso. O come avrebbero detto i romani, l’asilo svizzero “ibi manebit iam optime”, sta già benissimo dov’è. Che sia il caso di riparlarne?
Ingegner Gorini, perché varrebbe la pena spostare il CEIS?
“Perché lì sotto c’è tutto. Negli anni sono stati effettuati dei sondaggi, e ci sono documenti che accertano come, al di sotto della struttura, ci sia ancora buona parte dell’Anfiteatro. Certo, la parte superiore è stata demolita dal tempo e non è il caso di ricostruirla, ma la cavea con in fondo il palcoscenico, le gradinate e molti altri resti dell’antico teatro romano, attendono ancora di essere scoperti”.
Dove propone di spostarlo?
“In via Dario Campana, tra via Gori e via Muscolini. C’è un terreno molto ampio, e c’è una signora, che fatica ad andare avanti con la sola pensione, ben disposta a venderlo. Ne gioverebbe anche lo stesso CEIS, che ora è su tre strade, in una zona trafficata e poco agevole sia per le auto che per i mezzi pubblici. L’area da me proposta è libera, vicina al parco Marecchia, e vi si respira aria pulita. In più è servita dagli autobus e comoda per il parcheggio”.
Lei ne ha già parlato con il sindaco Gnassi. Cosa le ha risposto?
“Ma è matto? Questa è stata la sua risposta. Le sue ragioni. Io sono andato a scuola lì, finché ci sono io il CEIS non si sposta.Speriamo, quando arriverà un nuovo sindaco, di poter riaffrontare il discorso”.
Eppure il progetto era già stato avviato, qualche anno fa…
“Quando era sindaco Ravaioli al CEIS erano d’accordo, tant’è che mi avevano mandato un ingegnere perché verificasse insieme a me quale poteva essere la spesa del trasferimento, più o meno 4.500.000 euro. A quel punto ho chiesto a Ravaioli di mandarmi un assessore, o un consigliere comunale, insomma chiunque potesse aiutarmi a chiedere fondi, dovunque potessero essere trovati. Ma la sua risposta è stata: Vai tu, e di’ pure che ti mando io. Un po’ come dire niente, un modo per lavarsene le mani. Per questo il progetto si è fermato”.
In cosa consisterebbero i lavori? E quanto potrebbero durare?
“Direi non più di due anni. Le baracche che compongono il CEIS si possono smontare e trasferire, e poi c’è la casina per i bimbi senza famiglia, che invece andrebbe rifatta. Ma vendendo quella attuale si ricaverebbe il denaro per la ricostruzione”.
Ma gli altri soldi? Dove li andrebbe a prendere lei?
“Il Comune avrebbe difficoltà, è vero, per non parlare della Provincia, che ora non esiste più. Ma forse la Regione potrebbe dare qualcosa, e molto di più potrebbe concederci il Ministero dei Beni Culturali, o l’Unione Europea, che ha certamente soldi da investire in opere di questo genere. Se ci impegneremo tutti, sono sicuro che il denaro non mancherà”.
Perché questa causa le sta così a cuore?
“Perché la Rimini romana non si limita solo al Ponte di Tiberio, alla Domus del Chirurgo e all’Arco d’Augusto. C’è un anfiteatro che nessuno va a visitare perché è sepolto. Si è fatto tanto per la Domus, che nonostante la sua importanza ha comunque un valore inferiore, è paradossale che non si faccia nulla per l’anfiteatro”.
Isabella Ciotti