Una ricerca de Il Sole 24 Ore e un’analisi di Cisl Romagna confermano un problema ormai cronico nelle aree interne del Paese, Romagna compresa: lo spopolamento dell’entroterra.
Spopolamento dell’entroterra. A Rimini in 70 anni perso il 43% della popolazione
Rimini non è solo mare, spiagge, stabilimenti balneari e turismo estivo. Anzi. Il territorio riminese, e romagnolo in generale, ha un prezioso patrimonio di bellezza legato al proprio entroterra, dal punto di vista storico, di tradizioni, artistico e culturale, oltre che paesaggistico e culinario. Una bellezza che ormai da tempo in tanti hanno imparato a conoscere, grazie a un turismo che porta i flussi di visitatori anche nelle aree interne.
Purtroppo, però, se l’entroterra e le aree montane del nostro territorio stanno diventando più appetibili per visitatori e turisti, lo stesso non si può dire per chi ci vive: lo spopolamento dell’entroterra, infatti, è ormai da tempo un problema reale e concreto.
Che crea un circolo vizioso, tra calo dei residenti e indebolimento dei servizi che si alimentano a vicenda.
Proprio sul tema in questi giorni si è concentrato uno studio di CISL Romagna, che assieme al proprio Sindacato Pensionati ha scattato una fotografia della situazione su tutto il territorio montano romagnolo, con anche un focus sul Riminese. Ricerca che conferma i trend in atto, con tutte le possibili conseguenze (negative) del caso. “ Come Federazione dei Pensionati, già dallo scorso anno a livello regionale, abbiamo avviato uno studio sulle condizioni di vita delle persone nei paesi dell’Appennino, attraverso dati sui servizi sanitari offerti, welfare, trasporti, demografia, invecchiamento e vita sociale delle persone più anziane, per 23 comuni romagnoli. – illustra l’indagine Maria Antonietta Aloisi (nella foto), Segretaria generale Pensionati Cisl Romagna – Quello che emerge è che la crisi demografica che colpisce tutto il Paese, ma in particolare i comuni montani, porta con sé altre gravi conseguenze a livello economico e sociale.
Speriamo che la ricerca possa essere per le istituzioni locali uno strumento importante per l’adozione di politiche concrete ed efficaci per il futuro delle comunità”.
Nello specifico, per quanto riguarda il territorio riminese, dei 23 Comuni esaminati l’indagine si concentra su quelli collinari di
Maiolo, Novafeltria, San Leo, Sant’Agata Feltria, Sassofeltrio, Talamello e quelli montani di Casteldelci, Montecopiolo e Pennabilli.
Comuni per i quali emerge che, a livello complessivo, negli ultimi 70 anni (dal 1951 al 2021) il calo della popolazione raggiunge quota 43%, passando da 33.678 a 19.030 abitanti.
Un calo suddiviso tra i -4.566 dei comuni montani (-53%) e i -10.082 di quelli collinari, (–40,2%). Scenario amaro anche per quanto riguarda i servizi: se da una parte l’analisi rileva come in tutti i 23 comuni considerati siano presenti negozi, medici di base, alimentari, farmacie, poste, bar e punti di aggregazione, si riscontra l’assenza di poliambulatori in 15 comuni, di ospedali in 18 e Punti di primo soccorso in 17. Assenti, inoltre, le scuole superiori in 19 comuni, asili nido, scuole materne e scuole medie rispettivamente in 6, 3 e 4 comuni. “ Affrontare le sfide demografiche, sociali e ambientali delle aree interne della Romagna richiede una visione di lungo termine e l’impegno di tutti gli attori della comunità. – le parole del Segretario generale Cisl Romagna Francesco Marinelli – Fondamentale quindi valorizzare le risorse locali e incentivare politiche che promuovano l’occupazione giovanile attraverso la creazione di nuove opportunità lavorative legate all’agricoltura sostenibile, al turismo responsabile e all’artigianato locale. Inoltre, è essenziale investire in infrastrutture, anche digitali, e servizi per migliorare la qualità della vita nelle comunità montane anche attraverso un potenziamento della rete del trasporto pubblico”.
Spopolamento dell’entroterra. Un po’ di ottimismo
La situazione romagnola e riminese, dunque, è tutt’altro che positiva.
Mettendo tutto in prospettiva nazionale, però, è possibile un lieve ottimismo.
Il territorio ha ancora una capacità attrattiva importante, che consente di assorbire il profondo impatto che inverno demografico e spopolamento stanno producendo in tutta Italia. Una controtendenza ravvisabile nei numeri.
Una recente indagine de Il Sole 24 Ore, dedicata alle tendenze demografiche delle aree interne, rileva come in tutto il territorio nazionale il trend di spopolamento in queste aree, in cui si trova circa la metà dei comuni italiani (48%), vada a una “velocità doppia” rispetto alle altre aree del Paese: 5% negli ultimi 10 anni, contro il 2,2% della media nazionale. Come detto, però, in questo contesto l’analisi de Il Sole 24 Ore conferma che la provincia riminese, che di comuni nelle aree interne ne conta una decina tra Valconca e Valmarecchia, si mostra più resistente, con una tendenza allo spopolamento molto meno acuta rispetto ad altre zone d’Italia, in primis per il suo potere attrattivo in chiave turistica, anche nell’entroterra.
Situazione più leggera, dunque, ma non per questo positiva. “ Per far vivere le aree interne, per far sì che non diventino aree abbandonate e quindi lasciate a sé, occorre prioritariamente non impoverirle di servizi. – è il commento di Jamil Sadegholvaad, sindaco di Rimini e presidente della Provincia – È prima di tutto un tema di uguaglianza: abbiamo il dovere di far sì che chiunque possa accedere a servizi di base come quelli sanitari, scolastici, di trasporto pubblico, senza dover fare centinaia di chilometri o più di mezz’ora di auto. Uguaglianza sociale per chi in quelle aree ancora ci vive, ed è un aspetto dirimente se si vuole davvero tentare di renderle appetibili per chi lì vuole crescere la propria famiglia”. Un impegno che deve coinvolgere tutte le istituzioni del Paese in modo organico e strutturale. “ Occorre una visione forte e consapevole, quella che ancora manca a livello nazionale. – conclude Sadegholvaad – Serve una politica organica di medio termine, abbandonando soluzioni estemporanee, e sul piano locale occorre allo stesso modo una pianificazione strategica concreta, che tenga insieme sostenibilità ambientale ed economica, valorizzazione delle vocazioni e dell’identità dei luoghi, occupazione e ritorno dei servizi e delle funzioni imprescindibili, con un collegamento sempre più saldo tra costa e aree montane”.