Altro che “Save the children”. È il caso di dire “Save the mothers”. Salviamo le madri prima che i bambini! La crisi sta colpendo loro, senza pietà: le donne più giovani con almeno un figlio a carico ed ex lavoratrici (non sempre per scelta) visto che il mercato le abbandona al primo sentore di maternità. È questo l’inquietante scenario disegnato dal recente Rapporto Save the children che avvicina le mamme alla crisi economica. Difficile, in termini numerici, dire quante siano le mamme colpite nella provincia di Rimini, visto che le tipologie dei contratti precari (co.co., di collaborazione ecc… ) non prevedono nessuna comunicazione, in caso di maternità o dimissioni, alla Direzione Provinciale del Lavoro. L’unico caso certificabile in termini numerici è quello delle donne che con un contratto a tempo indeterminato, in caso di dimissioni per maternità, sono obbligate a comunicarlo, affinché l’ufficio verifichi la natura dell’abbandono del lavoro: se volontaria o indotta. Mediamente, all’anno, sono 200 le donne che lasciano il posto fisso. Di tutte le altre si perdono le tracce. Ma stando all’esperienza dei sindacati Cisl e Cgil il fenomeno è più che presente visto che le aziende assumono meno, e danno meno garanzie.
Nel nazionale
Nel 2010 solo il 50,6% delle donne senza figli era occupata. Con l’arrivo del primo figlio il dato scende al 45,5%, al 35,9% con il secondo e al 31,3% nel caso del terzo o più. Si registra che tra il 2008 e il 2009 sono state 800mila le mamme licenziate o spinte alle dimissioni. L‘8,7% del totale delle interruzioni di lavoro nel 2009 è avvenuta per costrizione. Anche coloro che sono riuscite a conservare un posto di lavoro nonostante la crisi, sono andate incontro a problemi. Nel 2010 è diminuita l’occupazione qualificata, tecnica e operaia. È cresciuta, invece, la bassa specializzazione: dalle collaboratrici domestiche alle addette ai call center. Aumenta il part-time, ma spesso non per volontà delle donne, solo per mancanza di posti di lavoro a tempo pieno.
In provincia
Nel primo trimestre 2012 la disoccupazione femminile ha toccato lo storico 58%, maglia nera in Emilia Romagna. Come mai era successo prima. Difficile dire quante di queste donne, siano madri di famiglia. Al momento, infatti, né la Provincia, né i sindacati sono in grado di fornire questo dato preciso. Ma se il problema non si legge nei numeri non vuol dire che non ci sia. Anzi. “Purtroppo in questo momento così difficile le donne madri sono quelle che ci rimettono di più. – confermano dalla Cgil – Oggi è molto difficile che un’azienda stabilizzi le proprie dipendenti con contratti indeterminati. È più facile che queste restino precarie e al momento della maternità, a contratto scaduto, non venga loro rinnovato il rapporto di lavoro. Ma questa è una mentalità tutta italiana. Nessuno pensa che una nuova vita sia una potenzialità per il nostro paese. L’azienda ha sempre il timore che una donna tra i venti e i trenta anni possa rimanere incinta, quindi pensa che sia meglio non assumerla”.
Unico sbocco possibile, secondo il Bollettino del Lavoro del secondo trimestre 2012, è l’attività turistica stagionale, caratterizzata al femminile, dal momento che le donne costituiscono il 60,6% delle persone avviate. Con un’imponente crescita del lavoro intermittente, ovvero a chiamata. E i profili più richiesti si confermano sostanzialmente quelli delle passate stagioni: cameriera di sala, cameriera ai piani, aiuto cucina, personale di segreteria, addette alle pulizie. Basti pensare che il 99% delle assunzioni come qualifica di cameriera ai piani riguarda manodopera femminile.
Marzia Caserio