Per molto tempo sono state “solo” la mamma dell’uccisore e la vedova dell’ucciso. Poi, dopo una giornata trascorsa in spiaggia a parlare, sono diventate Irene e Claudia. E “Sorelle che si sono scelte”, iniziando così a sperimentare la straordinaria positività del perdono.
Queste “sorelle” per scelta sono Irene Sissi e Claudia Eusebi. Il dolore personale e di natura diversa ha unito queste due donne che hanno iniziato un percorso di perdono, fino a fondare – due anni fa – l’associazione AmiCainoAbele. Del cammino fatto insieme e dell’associazione fondata, Irene e Claudia hanno parlato salendo “in cattedra” di quell’originale Ateneo che è l’Università del Perdono, nato a Rimini nel 2008 su intuizione del Vescovo Francesco Lambiasi. In questa occasione, una volta di più, le due donne hanno ribadito che la scelta del perdono è tutt’altro che facile ma necessaria.
Il figlio di Irene, Matteo Gorello, aveva 19 anni quando, il 25 aprile 2011, giorno di Pasquetta, dopo essere risultato positivo all’alcol test durante un controllo effettuato dai carabinieri, in provincia di Grosseto, aggredì più volte con pugni e bastoni il militare Antonio Santarelli, che morirà dopo un anno all’ospedale di Imola.
“Camminavo per strada e mi sentivo spogliata di ogni difesa. Provavo vergogna e fallimento. – le parole di Irene all’incontro organizzato dalla “Casa Madre del Perdono” – Poi ho rielaborato il mio essere genitore e sentito il bisogno di incontrare Claudia”.
Diventata mamma a 15 anni e mezzo, un divorzio a 20, Irene di una cosa è certa: “ho costretto Matteo a subire il conflitto tra me e mio marito”. Ma una seconda possibilità non solo esiste ma aspetta sempre ogni uomo. Giorgio Pieri, il responsabile delle riminesi case “Madre del Perdono” (dove si sperimenta un percorso con carcerati in cerca di riscatto) annuisce: “prima di essere carnefice, l’uomo è vittima di qualche ferita. Quando si prende coscienza di ciò e del male compiuto, la vita si trasforma”. Daniele, 25 anni, uno dei recuperandi, ne è testimone. “Dopo la strada, ho ritrovato la vita, ora vorrei donarmi”. Tradotto nella vita ordinaria: Daniele riprenderà gli studi e diventerà educatore.
Per Claudia, la vedova del carabiniere Antonio, il percorso è stato tutto in salita. “Sono partita con rabbia, pensieri non belli ma sani che vanno canalizzati. – ha raccontato con le lacrime agli occhi davanti al pubblico riminese – Dopo un periodo di depressione ho accettato di incontrare Irene”. Da quella risposta positiva di apertura è nata una luce, una speranza. “Attraverso la sua morte, Antonio ha contribuito alla rinascita di Matteo”.
La possibilità toccata con mano da Matteo, le due donne vorrebbero che si allargasse a macchia d’olio: per questo hanno fondato l’associazione AmiCainoAbele (www.facebook.com/amicainoabele) che mette insieme famiglie delle vittime e famiglie dei rei.
Mettere insieme famiglie delle vittime e famiglie dei rei, aprire uno sportello che si occupi di entrambi questi due pianeti, tenuti sempre separati: sono alcuni degli obiettivi dell’associazione. Che pensa però anche al ricollocamento lavorativo degli ex detenuti e il sostegno psicologico e legale gratuito a chi finisce in queste situazioni.
Claudia ha incontrato l’uccisore del marito (“Condanno quello che ha fatto ma non lo giudico” – dice. Ma dopo una pausa aggiunge: “L’odio divora chi lo prova”), ma ora che Matteo è ritornato in carcere dopo tre anni da don Mazzi (e laureando in Scienze dell’Educazione), la giustizia non lo permette più. “La vera giustizia è quella riparativa e non vendicativa, che si sviluppa attraverso l’educazione e non con la vendetta”. Luciano Eusebi, professore di Diritto penale alla Cattolica di Milano, non ha dubbi: una giustizia capace di umanità che progetta il bene non solo è possibile ma indispensabile. “Guardiamo negativamente anche chi nelle relazioni non risponde ai nostri bisogni e tendiamo a «eliminarlo». – prosegue la sua analisi il professore – La vera giustizia non cancella il male accaduto ma fa fiorire il bene”. “Vincere il male con il bene per evitare l’ingiustizia al quadrato – è l’auspicio del Vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi – e far diventare cultura la realtà del perdono”.
L’associazione Amicainoabele ci prova, promuovendo un’altra strada, la stessa dove -Caino e Abele- possano provare a prendersi per mano. Una via alternativa, la via del perdono, della riconciliazione, dell’amore.
Paolo Guiducci