L’amica australiana mi indica un bellissimo ponte, poi aggiunge con lo sguardo triste:“sapessi quanta sofferenza l’ha attraversato. Sono tantissimi i giovani che lì sopra hanno chiuso con la vita”. È il ricordo più vivo, forte, quasi violento, che ho di quella terra e di quel viaggio che mi ha condotto insieme a 200mila ragazzi al di là del mondo. Duro e violento come il contrasto fra la bellezza della natura e dell’opera dell’uomo e l’abbruttimento dell’animo fino al suicidio di una giovane vita. È difficile da accettare, ma i numeri parlano chiaro: l’Australia è terra che offre benessere; accoglienza e lavoro per tutti, bianchi gialli e neri; spazi infiniti; una natura incontaminata; tutto quello che siamo usi definire un piccolo paradiso… eppure la stessa terra piange (subito dopo il Giappone) il più alto numero al mondo di suicidi fra i giovani.
Perché? Gli psicologi australiani parlano di “scarsa propensione al comunicare la sofferenza e chiedere aiuto. Ma soprattutto la costrizione ad essere forti e ad avere successo, nello sport e nella vita”. Tornando a casa un’analisi molto simile me la sono ritrovata sul tavolo. È quella che il vescovo Francesco ha fatto in occasione della Veglia per la GMG (pubblicata a pagina 6). Interpreta bene quella che non è solo la difficoltà di un Paese, ma dell’intera cultura attuale. Una cultura che proponendo come assoluto la triade “avere-potere-piacere”, genera un “accanimento del desiderio che a forza di volere sempre di più, si ritorce fatalmente in insoddisfazione e frustrazione, tetre anticamere della depressione” e dell’infelicità.
Sono in molti a sperare che il sorriso dei giovani della GMG possa essere terapeutico per l’intera società australiana, giovanissima, eppure così precocemente invecchiata. Di fronte ai miti dell’edonismo, dell’arrivismo, del successo, della provocazione nello sballo, Papa Benedetto – e a migliaia di km di distanza in sintonia perfetta, il vescovo Francesco – ha indicato la terapia della gioia: seguire Gesù, con l’invito a ribellarsi e “andare controcorrente”. E a farlo, provocazione per provocazione, attraverso il trinomio monastico “verginità-povertà-obbedienza”, voci davvero rivoluzionarie soprattutto se vissute con la gioia nel cuore per aver trovato la perla più bella. E per essa aver venduto tutto il resto.
Giovanni Tonelli