Sebbene non tocchi a me dire come realizzare questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi [Chiesa italiana] un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni diocesi e circoscrizione, in ogni regione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni, specialmente sulle tre o quattro priorità che avete individuato in questo convegno…”. Parole di papa Francesco, del 10 novembre 2015, al convegno ecclesiale di Firenze su “Il nuovo umanesimo in Gesù Cristo”.
Un processo, non un evento
Da questo invito nasce l’idea di avviare in Diocesi un processo che avrà come tappa, e non come conclusione, l’Assemblea ecclesiale di Pentecoste, il 2 e 3 giugno 2017.
E almeno 400 persone, a rappresentanza delle comunità della Diocesi, era presente venerdì 28 ottobre in sala Manzoni ad ascoltare il Vescovo e alcuni delegati che avevano l’intento non di dare soluzioni o parlare di qualche argomento di moda, quanto di “stuzzicare l’appetito e dare indicazioni su come mettersi in un cammino di conversione comunitaria”.
Cuore della proposta il tema, sindicato con forza dal Papa, della sinodalità.
“La sinodalità – ha detto mons. Lambiasi – è una dimensione costitutiva della Chiesa. Certamente non è sinodale una comunità ecclesiale (diocesi o parrocchia) in cui si verificano due estremi: o l’estremo per cui uno vuole essere il tutto (centralismo estremo), o l’estremo opposto, in cui ognuno vuole essere il tutto (individualismo estremo). Se non ci educhiamo e non seguiamo un percorso di sinodalità, non possiamo operare ”la conversione missionaria della nostra pastorale”.
Il sogno del Concilio
Il pensiero di papa Francesco ha come base tutto il Nuovo Testamento e l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, “che un sogno l’ha fatto”. Ha desiderato una Chiesa non meramente gerarchica, piramidale, bensì intesa come popolo in cammino; un popolo che, fedele al cuore trinitario di Dio, è capace di distinguersi per apertura, accoglienza e legami di vera comunione. Nel descrivere la natura di questa Chiesa, uno dei documenti più importanti redatti dai padri conciliari, la costituzione Lumen Gentium, sottolinea la centralità del sensus fidei, grazie al quale tutti i battezzati partecipano del compito e dono profetico di Cristo: “la totalità dei fedeli, avendo l’unzione che viene dal Santo (cfr. 1 Gv 2,20 e 27), non può sbagliarsi nel credere, e manifesta questa sua proprietà mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo. Inoltre – prosegue il testo – lo Spirito Santo non si limita a santificare a guidare il popolo di Dio per mezzo dei sacramenti e dei ministeri, e ad adornarlo di virtù ma, distribuendo a ciascuno i propri doni come piace a lui (1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi vari incarichi e uffici, utili al rinnovamento e alla maggior espansione della Chiesa” .
Dalla dottrina alla vita
“Occorre riconoscere – dice la relazione base presentata all’Assemblea da don Stefano Vari – che conciliarità e sinodalità hanno ottenuto più consenso a livello dottrinale che istituzionale e, raramente, hanno inciso sulla vita delle comunità. L’autorevole promozione e difesa dei principi di partecipazione (tutti devono poter essere non solo accolti, ma anche ascoltati, avendo «peso» nelle decisioni e offrendo un proprio/reale contributo), solidarietà (tutti hanno un posto nella comunità), sussidiarietà (ognuno può contribuire per la sua parte) e del bene comune (si cerca il bene-possibile per tutti, non solo per qualcuno) – perché di questo stiamo parlando – non può più apparire, oggi, rivolta esclusivamente ad extra, per essere poi sorprendentemente contraddetta in seno alla Chiesa stessa.
Le conseguenze della svolta che accompagna lo stile sinodale, che viene nuovamente promosso dal nostro pontefice, sono molteplici e di grande rilievo: l’obiettivo che si profila non va soltanto nella direzione di una ridefinizione delle modalità di governo nella Chiesa (cioè non si tratta solamente dello snodo delicato e critico di come si prendono decisioni e di quali scelte fare), bensì, primariamente, nel provare a suscitare, ad attivare, un processo di trasformazione, in stile profondamente evangelico, nel modus operandi della e nella Chiesa, con il quale ogni comunità cristiana possa leggere coralmente piccoli e grandi «segni dei tempi», mettendoli a confronto con la Parola di Dio in un orizzonte di comunione, di dialogo e apertura. Questa è la proposta di cammino. Questo è l’invito per le nostre parrocchie, comunità religiose e aggregazioni laicali”. Questa la prospettiva del cammino proposto.