In estate qualche concessione è lecita. Ognuno ha le sue preferite: per il sottoscritto, guardare un film di Totò stravaccato sul divano attingendo direttamente col cucchiaio a una vaschetta di gelato. L’importante è bandire i sensi di colpa. Quelli che, ad esempio, vengono solitamente assegnati a chi si diletta nel ricordare i bei tempi andati. Tentazione ancor più ricorrente, oggi, per chi frequenta i social network. Va di moda infatti postare fotografie della Riviera di qualche decennio fa, con le spiagge stracolme di turisti o strade e scorci irriconoscibili (tanto che spesso c’è il quiz: lo riconoscete?). C’è anche una pagina specializzata nelle foto della Rimini di un tempo che in breve ha appassionato centinaia di estimatori. Guardarsi indietro non porta a niente, i tempi sono cambiati, quelli che si lamentano del progresso sono i primi che ne godono etc. La nostalgia è spesso vista come un vizio da estirpare. Soprattutto da chi la vede come un’implicita critica allo stato attuale delle cose. È chiaro che la nostalgia va presa per il verso giusto. Se, ad esempio, si pretende che oggi le spiagge tornino a esplodere di gente come quando il mare per l’Europa era solo la nostra Riviera, allora è un uso improprio. Ma se il pensiero dei bei tempi andati, in questi tempi ingrati, ci regala qualche spensierato ricordo, allora è un diritto. Se poi la nostalgia è canaglia, come dicevano dei poeti contemporanei, è problema nostro. Ma una cosa concedetecela: a Rimini il lungomare di 50 anni fa, pur con le Fiat 1100 parcheggiate quasi sulla sabbia, le archistar di oggi se lo sognano.