Lo sciopero della fame, la protesta davanti al ministero dell’Economia, l’annuncio di esssere pronti a morire in diretta. Le hanno provate tutte i malati di Sclerosi Laterale Amiotrofica per sollecitare il Governo a stanziare ulteriori fondi per la non autosufficienza, visto che i 200 milioni stabiliti in precedenza, erano considerati non sufficienti. Il problema non riguarda solo questa tipologia di malattia ma più ampiamente tutti i disabili gravi, visto che si parla del Fondo per la non autosufficienza.
Dopo tante rimostranze finalmente l’Esecutivo ha deciso di portare il fondo a 400 milioni. La vicenda ha portato alla ribalta la condizione di persone che tutti i giorni devono fare i conti con malattie fortemente invalidanti, sostenute laddove è presente, dalla famiglia che spesso deve farsi in quattro per rendere la quotidianità più normale possibile.
Con l’aiuto di Silvia Bartolini referente dell’Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica di Rimini cerchiamo di capire come è la situazione in provincia.
“La Sla è una malattia che limita progressivamente l’autonomia della persona nei suoi movimenti volontari: deambulazione, comunicazione verbale, respirazione, alimentazione. Oggi però vi sono strumenti che consentono di superare tali deficit permettendo alla persona di restare parte attiva in società. Nella nostra provincia siamo ottimamente supportati a livello di ausili, che vengono concessi gratuitamente dalla Ausl (tutori di vario tipo, carrozzine, sollevatori, strumentazioni per la respirazione assistita, comunicatori a controllo manuale o oculare, ecc.), mentre siamo carenti in altri ambiti, quali ad esempio la fisioterapia, l’assistenza domiciliare e la disponibilità di strutture in grado di accogliere pazienti nella fase avanzata della malattia garantendo un’adeguata assistenza”.
Quante persone si rivolgono alla vostra associazione e per quali problematiche?
“Dal 2007 ad oggi si sono rivolte a noi circa 50 famiglie. Il nostro scopo è essere di aiuto fornendo informazioni sui diritti del paziente, i percorsi da seguire per il riconoscimento dell’invalidità, sullo stato della ricerca ecc.. Sono i familiari stessi che mettono a servizio degli altri la propria esperienza. Cerchiamo anche di fare da tramite con la Ausl e gli altri enti locali per affrontare questo difficile percorso”.
Come si organizza l’assistenza? C’è supporto da parte della pubblica amministrazione?
“I malati di Sla devono essere seguiti 24 ore su 24. Di tutto questo si occupa quasi sempre il coniuge se è presente o i familiari che si alternano nelle varie azioni di cura. Putroppo le ore di assistenza fornite dall’Ausl, laddove concesse, sono insufficienti a portare reale beneficio alle famiglie. Nè l’assegno di accompagnamento a cui il paziente ha diritto per legge, né l’assegno di cura erogato nel caso di gestione domiciliare del paziente, riescono a coprire i costi dell’assistenza. Spesso un membro della famiglia si trova costretto a lasciare il proprio lavoro. Nel caso di ricovero del paziente in Residenza Sanitaria Assistenziale non sempre queste sono dotate di personale specializzato nella gestione di patologie quali la SLA”.
Un percorso di totale sofferenza?
“A fronte di persone che non riescono a portare avanti la propria battaglia contro questa malattia perchè come abbiamo detto non adeguatamente sostenute, con conseguente chiusura in loro stesse, rabbia e disperazione, ve ne sono molte che hanno un percorso diverso: non si danno per vinte e si impegnano a gestire sedi locali interagendo con istituzioni ed enti, organizzando eventi di sensibilizzazione, raccolte fondi ecc… C’è chi riesce addirittura ad organizzarsi una vacanza inventando, giorno per giorno, una soluzione per ogni problema”.
La grande forza e dignità di questi pazienti è stata chiaramente dimostrata nelle recenti proteste a livello nazionale capitanate da Salvatore Usala segretario del Comitato 16 novembre, lui stesso malato di Sla.
“Certo. È normale che la disperazione, dovuta alle difficoltà quotidiane, sfoci in forme di protesta forti, che tuttavia la nostra associazione non approva perché estremamente pericolose per il paziente. È grave comunque il fatto che i malati si sentano costretti a ricorrere a tali gesti per ricevere attenzione. In base all’ultimo stanziamento stabilito a livello nazionale, la Regione ha ricevuto fondi da integrare specificamente nell’assistenza ai malati di Sla. Purtroppo ancora non sono chiari i percorsi da seguire per richiedere tali integrazioni. Il lavoro delle varie sezioni Aisla locali è anche quello di insistere presso gli uffici territoriali affinché tali procedure vengano chiarite in tempi brevi per dare risposte concrete alle famiglie”.
Silvia Ambrosini