Nella basilica di Sant’Apollinare in Classe il tenore Ian Bostridge protagonista di uno splendido concerto dedicato a Britten
RAVENNA, 9 giugno 2022 – Uno scenario ideale per The Canticles di Benjamin Britten. Non che, per essere apprezzata, la musica del compositore inglese abbia bisogno di un contributo visivo come quello offerto dalla basilica di Sant’Apollinare in Classe e dai suoi mosaici: la magnifica cornice rappresenta però un eccezionale valore aggiunto.
Il concerto di Ian Bostridge concepito per la trentatreesima edizione del Ravenna Festival ha visto la partecipazione, accanto al grande tenore inglese, del baritono Mauro Borgioni e del giovane controtenore Alexander Chance, mentre la parte strumentale era affidata al pianista Julius Drake, ad Antonella De Franco (arpa) e a Federico Fantozzi (corno). Molto ben impaginato e costruito – pur nella sua semplice organizzazione – con gran senso del teatro, compresa la sapiente illuminazione dell’abside di Sant’Apollinare, il concerto ha regalato grandi emozioni.
La serata si è aperta con i cinque Geistliche Lieder (Canti spirituali): arrangiamenti concepiti da Britten di altrettante pagine bachiane, dal fascino straordinario per la compattezza e il rigore della loro struttura musicale: l’espressivo Borgioni ha saputo interpretarle imprimendo grande tensione drammatica a testi densi di spiritualità. Sono poi seguite quattro rielaborazioni britteniane su brani di Purcell, questa volta affidati a Chance, di cui colpisce l’emissione cristallina e la sbalorditiva lunghezza dei fiati. E se, rispetto a Bach, l’architettura musicale qui appare meno omogenea, talvolta Purcell arriva a sfiorare vertici straordinari come nel conclusivo Sound the trumpet, dove alla voce del controtenore si è aggiunta quella del baritono, per creare insieme irresistibili effetti onomatopeici.
Il clou del concerto erano però i cinque Canticles (in italiano “cantico”, ossia preghiera in musica su testo sacro), di cui è stato protagonista Bostridge. Scritti da Britten in tempi diversi – vanno a coprire un arco di anni tra il ’47 e il ’74 – sviluppano nel loro insieme una riflessione sui più profondi significati esistenziali. Dopo il primo brano (My Beloved is Mine), eco della mistica alleanza fra l’uomo e Dio in cui è subito apparsa evidente la straordinaria tavolozza espressiva di Bostridge, il tenore inglese è salito lungo le scale che portano all’altare. Raggiunto dal controtenore, entrambi di spalle, hanno cantato Abraham and Isaac: emozionante dialogo incentrato sul conflitto fra l’obbedienza e il perdono (come non pensare al nucleo drammatico di Billy Budd?). Nel terzo canticle, Still Falls the Rain, su versi di Edith Sitwell scritti durante le incursioni aeree tedesche a Londra, al pianoforte si è aggiunto il corno, che ha impresso all’evocazione del sacrificio compiuto sul Golgota remoti e dolorosi riverberi. Nel quarto pezzo, The Journey of the Magi, composto molti anni dopo, sono stati coinvolti tutti e tre i cantanti che, attraverso l’intreccio delle voci in continua dialettica con il pianoforte, hanno trasmesso appieno il senso della poesia natalizia di Eliot, ben lontano da qualsiasi concezione oleografica di presepe. Davvero spiazzante il quinto cantico, The Death of Saint Narcissus, su un testo giovanile ancora di Eliot, e non solo perché qui è l’arpa a sostituirsi al piano: la dicotomia tra anima e corpo sembrerebbe lontana dal soggetto dell’intero ciclo, ma le sfumature impresse da Bostridge – davvero suggestivi i suoi inopinati affondi gravi – fanno percepire quanto sia sofferto e profondamente drammatico il contrasto tra spirito e materia. Forse alla radice stessa del senso di ogni essere umano.
Giulia Vannoni