Una volta (intorno all’anno Mille) si chiamava semplicemente San Giovenale, poi, quando il Marecchia ruppe l’argine (ripa rupta) poco sopra la via Emilia e allagò tutta la campagna circostante, i contadini del luogo costruirono una cappella dedicata a San Martino e la denominarono in Riparotta.
Per molto tempo questa parrocchia è rimasta una tranquilla comunità di campagna, coi vantaggi di essere alle porte della città, con tutti i servizi a portata di mano. Da qualche anno, con la costruzione della nuova Fiera, anche a San Martino sono giunti mega cavalcavia, mastodontiche rotatorie,urbanizzazione intensiva e aumento sproporzionato del numero degli abitanti.
Don Danilo Manduchi, che oggi ricopre anche l’incarico di Economo diocesano, è parroco a San Martino dal 1982. In quasi trent’anni ha visto trasformarsi il suo territorio e la sua parrocchia.
“È da una ventina di anni che le cose hanno cominciato a cambiare. La creazione del nuovo complesso fieristico, avvenuta nel 2001, ha contribuito in modo determinante alla espansione della zona urbana e conseguentemente la parrocchia di San Martino in Riparotta si è riconosciuta parte fondamentale per l’integrazione dei tanti nuclei familiari di nuova costituzione.
Socialmente, la «vecchia» comunità, dedita prevalentemente all’attività agricola, e di fede per buona parte tradizionalista, si affianca e si integra con una nuova comunità «giovane», dedita prevalentemente ad attività commerciali e industriali (anche grazie alla presenza nelle vicinanze della sempre più sviluppata area artigianale) e con una evidente necessità di identificarsi nella comunità parrocchiale”.
<+nero>Dal punto di vista sociologico e religioso potremmo quasi dire che abbiamo due parrocchie in una sola parrocchia.
<+testo_band>”Diciamo più semplicemente che il nostro impegno pastorale è quello di cercare vie per l’integrazione dei due nuclei, accogliendo sempre molto volentieri ed in clima familiare ciò che lo Spirito Santo continua a rivelare attraverso l’ascolto della Parola e la lettura sapienziale del territorio. La concezione della pastorale che sottende a questa «simpatia» reciproca tra «parrocchia» e “popolo” è quella di considerare la famiglia parrocchiale formata di fatto da almeno quattro cerchi concentrici di persone”.
Quali?
“Possiamo dire che nel cerchio più esterno vi sono quelle persone che potremmo chiamare i «lontani». A questi l’esigenza missionaria del Vangelo ci chiede di farci loro prossimi andandoli a cercare nelle loro case.
Verso l’interno vi è poi un cerchio del quale fanno parte quelle persone che hanno mantenuto la concezione della Chiesa come agenzia alla quale chiedere servizi religiosi vari: dal catechismo alla messa per i defunti, dalla sala per i compleanni alla partecipazione come utenti della festa parrocchiale ecc. Nelle occasioni nelle quali si affacciano alla vita parrocchiale cerchiamo di essere propositivi, per mostrare la bellezza del Vangelo vissuto ogni giorno e la bellezza della comunità cristiana partecipata non da utenti ma da protagonisti.
Avvicinandosi al centro vi è poi un terzo cerchio costituito da coloro che sono fedeli alla Messa domenicale e considerano la fede come importante nella loro vita.
Il centro della comunità cristiana è costituito da coloro che considerano la fede come fondamentale per la gioia della vita e cercano ogni giorno di vivere e testimoniare anche come operatori pastorali l’impegno per Cristo e per i fratelli”.
Ma con tale ”cerchiatura” non c’è il rischio di classificare le persone e confinarle nei loro “gironi”?
“Ovviamente non parlo di singole persone, e tanto meno di classificazione delle persone, ma di uno schema sociologico che ci serve per leggere i segni e le esigenze del territorio e impostare di conseguenza un’efficace azione pastorale”.
Intendi per simpatia?
“Anche se non è questo l’elemento qualificante dell’attività pastorale, ci sembra però una caratteristica fondamentalmente: parlando di simpatia intendo accoglienza. Accogliere tutti e sempre con simpatia, valutare le loro richieste, comprendere le loro situazioni e cercare quella possibile purificazione di intenzioni per avvicinarli alla purezza della fede. Accogliere in una comunità gioiosa, che testimonia la possibilità e la bellezza di vivere cristianamente. Questo crea simpatia … simpatia reciproca”.
Ma la simpatia, o semplicemente l’accoglienza, bastano a raggiungere e coinvolgere tutti?
“Il nostro problema è proprio questo: come concretamente riuscire a fare passare progressivamente, personalmente e globalmente, la gente e le realtà (in tutte e ciascuna le età della vita dell’individuo) dal cerchio più esterno a quello centrale. Riuscire cioè ad essere proposta missionaria, affinché ciascuno, trovando cibo adeguato per i suoi denti, prenda gusto al mangiare”.
E come fare questo non in modo episodico ed estemporaneo?
“Per interpellare permanentemente e significativamente i componenti i quattro cerchi, in questi anni, abbiamo inventato e realizzato molte iniziative. Quelle che hanno superato l’urto del tempo e sono ad oggi presenti sono le feste parrocchiali (5 ogni anno), il cui scopo è quello di far stare insieme la gente in fraternità ed amicizia; la benedizione alle famiglie, occasione preziosa, perché ormai unica, nella quale il sacerdote va alla ricerca della gente là dove essa vive; gli incontri formativi mensili per gli adulti; il giornalino parrocchiale con riflessioni esistenziali e informazioni di vita parrocchiale e sociale … Un’iniziativa importante, che coinvolge tantissimi bambini e ragazzi, è la polisportiva, sorta nel 1990. L’attività maggiore è rappresentata dal tennis-tavolo. Ma anche calcio e calcetto hanno un loro spazio. Il merito che viene universalmente riconosciuto a questa associazione è il clima disteso e non professionistico, e soprattutto lo sforzo educativo nel richiedere rispetto delle regole e delle persone.
Anche la Caritas è una buona occasione per coinvolgere i vari cerchi nella vita buona del Vangelo. Poi ci sono attività che coinvolgono più direttamente i cerchi più centrali: sono l’iniziazione cristiana dei bambini ed il gruppo dei catechisti, l’animazione liturgica ed il coro, i momenti di lectio biblica … I gruppi di scout, dei giovani, il post cresima, il gruppo delle famiglie giovani … E per finire, nel cerchio più ristretto e centrale, abbiamo il Consiglio Parrocchiale e quello Economico”.
In definitiva, una buona pastorale “ordinaria” è in grado di offrire ad ogni cerchio o sensibilità religiosa, un aggancio efficace con la parrocchia, condito dalla simpatia e dall’accoglienza.
“Credo di sì. Del resto noi, con le nostre poche forze, non sappiamo fare di meglio. Certo sarebbe bello e arricchente per tutta la parrocchia se molte più persone partecipassero attivamente alla realizzazione delle nostre iniziative. Anche nel numero, a volte, si rivela la creatività e la vitalità di una parrocchia”.
Al ticchettio di un orologio speciale è affidato il tempo … il tempo buono, il tempo propizio, della crescita nella fraternità.
Egidio Brigliadori