Se non è una strage, poco ci manca. Tanto più dolorosa perché sotto gli occhi di tutti ma consumata nel più assordante silenzio.
L’aumento dei morti per droga è inquitante: 373 casi quelli registrati nel 2019, ovvero l’11% in più rispetto all’anno precedente, e addirittura un’impennata del +39% rispetto al 2016. “Ma questi non sono numeri, sono persone” è l’amaro commento del presidente della Federazione Italiana Comunità Terapeutiche, Luciano Squillaci.
Al primo posto come causa di morte c’è sempre l’eroina, ma è molto preoccupante la percentuale del 30,8% di morti per sostanze imprecisate: “Probabilmente, come afferma la relazione al Parlamento 2020 sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia, si tratta delle nuove sostanze psicoattive (NPS), più di 100 censite ogni anno” aggiunge Squillaci.
Quella fredda relazione suscita impressioni anche nella Comunità di San Patrignano. “La cocaina è ormai la droga più diffusa, ma assistiamo anche a un preoccupante abbassamento del prezzo dell’eroina. – fanno notare da SanPa – Non a caso sono in crescita i casi di overdose, non solo dovuti agli oppiacei, ma anche alla polvere bianca, senza contare che per un terzo delle overdose la sostanza responsabile dell’evento rimane ‘imprecisata’, probabilmente a causa di quella poliassunzione diventata ormai un classico fra chi utilizza sostanze”. I nuovi ingressi nella comunità sulle colline di Ospedaletto confermano purtroppo il fenomeno diffuso dei poliassuntori. Attualmente sono 1.200 gli ospiti a SanPa.
Di droga si continua a morire e a dissanguarsi socialmente ed economicamente. Preoccupa la crescita dei ricoveri ospedalieri droga correlati, in particolare tra giovani e adulti under 45, dovuti non solo alla cocaina, ma anche alla cannabis.
“Se per quest’ultima l’aumento potrebbe essere dovuto al maggior principio attivo contenuto nella sostanza, – è l’analisi di SanPa – per entrambe è dato dal continuo sdoganamento, banalizzazione e accettazione dell’uso della sostanze nella nostra società. Servirebbe da parte di tutti un maggiore senso di responsabilità quando si parla di sostanze stupefacenti, senza minimizzare il loro effetto”. Una tragedia dunque ampiamente e tristemente prevista? Lo pensa pure Squillaci. Il presidente della F.I.C.T. non ci sta e accusa: “Siamo stanchi di dover prendere atto, ogni anno, e sempre con maggior ritardo, della consueta strage di innocenti.
Aumentano i morti e non c’è alcuna prevenzione.
Vengono lanciati allarmi che non sono presi sul serio; si rischia di contribuire a normalizzare la questione droga, a rendere tutto drammaticamente «consueto»”.
Sul fronte prevenzione e recupero, la comunità Papa Giovanni XXIII è attiva da decenni. Conta 120 strutture in Italia e 9 nel mondo (Albania, Argentina, Brasile, Bolivia, Cile e Croazia), che ospitano rispettivamente 350 e 800 persone con dipendenze. Nel riminese sono attive quattro strutture, oltre a Maiolo: 120 gli ospiti. “La droga non fa notizia, non c’è allarme sociale, l’abuso di sostanze è entrato nel costume sociale come pure l’abuso senza sostanze (gioco azzardo, internet, ecc)”. Meo Barberis dell’APG23 è il responsabile servizio tossicodipendenze. Il suo è un grido accorato.
“Occorre promuovere il benessere della persona a 360 gradi. – lancia la sua proposta La battaglia è culturale e educativa: trovare un significato alla vita. L’abuso è una forma di compensazione all’ansia del vivere, una risposta errata ad un bisogno vero. Ma ogni persona è dotata delle risorse necessarie a vivere la vita da protagonista”.
Restano stabili i consumi fra gli studenti a seguito anche delle tante attività di prevenzione realizzate in tutta Italia.
Squillaci è cauto: “Ci riserviamo però di analizzare meglio quali siano le attività di prevenzione effettivamente sostenute dal Governo avendo visto con soddisfazione il primo bando dopo anni di assenza, pubblicato solo nella seconda metà del 2020, ma ancora da approvare e destinare”.