Alle elementari ci facevano fare il gioco del silenzio. Penso che se la rifacessimo oggi, da adulti, impazziremmo dopo venti secondi.
Il silenzio spesso è triste, certo. Anch’io vorrei che tornasse il faro a farsi sentire sul porto nelle serate di nebbia. Ma il silenzio, a giuste dosi, è anche una preziosa occasione per far maturare i propri pensieri.
Questo doveva essere nello spirito degli antichi legislatori anche il famoso “silenzio elettorale” che scatta alla vigilia del voto fino alla fine delle operazioni. E che, in era internet, è diventato un nostalgico residuato delle campagne elettorali in bianco e nero. In un tripudio di dichiarazioni di voto, appelli al voto, chi se ne frega del vostro voto a proposito io voto così, video virali e balle spaziali, di silenzio non ce n’è stato manco un minuto: i miei preferiti erano quelli che mettevano insieme l’hashtag #silenzioelettorale
e poi #iovotosi o #iovotono. E dalle 23 di domenica apriti cielo (anzi, resta aperto che tanto mica eri chiuso).
Un utile occasione di disintossicazione potrebbe essere l’imminente Silent night, quella di Natale. Proviamo a respirare non dico ore e ore, ma almeno qualche minuto di silenzio se ci riusciamo.
E se ci riusciamo, magari senza poi andare a postarlo subito su Facebook o WhatsApp.
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini