La testimonianza di monsignor William Shomali, palestinese, vicario del Patriarcato Latino per Gerusalemme e la Palestina sulla situazione in Terra Santa
Monsignor William Shomali, palestinese, nato a Beit Sahour, Betlemme, 74 anni fa, è vicario del Patriarcato Latino per Gerusalemme e la Palestina, e dalla fine degli anni ’80 è amico della nostra Chiesa, per l’impegno che essa ha avuto con la scuola di Taybè, prima come Diocesi poi ancora oggi attraverso la solidarietà di alcune parrocchie.
Lo intervistiamo sulla situazione che quella Chiesa e quel territorio vivono.
“Gli abitanti di Gaza vivono una crisi umanitaria mai accaduta: paura, fame, carestia, distruzione di case e d’infrastrutture, sfollamento, malattie, e morte. Un alto impiegato delle Nazioni unite ha dichiarato recentemente che la sopravvivenza a Gaza sta diventando quasi impossibile.
Fino a oggi sono 44.000 gli uccisi solo a Gaza. Piu di 11.000 sono i dispersi, e 104.000 è il numero dei feriti. Molti bambini hanno avuto un piede amputato senza anestesia e tante donne hanno partorito sotto la tenda, senza avere l’igiene necessaria.
Migliaia di persone dormono con lo stomaco vuoto, per mancanza di cibo”.
Quanti cristiani sono rimasti a Gaza?
“Il numero dei nostri cristiani a Gaza è calato fino a 640 persone su una popolazione di 2,2 milioni. I nostri parrocchiani sono ospitati dentro il complesso della parrocchia latina e dentro la parrocchia ortodossa. Come le scuole sono chiuse e non funzionano, le classi sono state trasformate in case. Ogni famiglia abita in una classe”.
Ci sono state vittime anche nella piccola comunità cristiana?
“Fra il gran numero di persone uccise, si trovano 23 cristiani. 18 sono stati uccisi in seguito ad un’esplosione accaduta vicino alla chiesa ortodossa.
A dicembre 2023, due donne sono state uccise da un cecchino all’interno del complesso della Chiesa cattolica. Un’anziana di 70 anni voleva andare in bagno ed è stata colpita da un cecchino israeliano.
Nessuno poteva aiutarla, mentre sanguinava, perché il cecchino continuava a sparare su tutti coloro che si muovevano verso di lei.
Sua figlia ha rischiato la vita nel tentativo di salvare la madre. Ma anche essa è stata uccisa a colpi di arma da fuoco. Nella stessa ora, altri tre sono rimasti feriti e non era possibile trasportarli in ospedale a causa del coprifuoco imposto in tutto il quartiere.
Anche il complesso delle suore Missionarie della carità di Gaza che vivono nel territorio della parrocchia cattolica e si prendono cura di circa 54 disabili, ha sofferto di due esplosioni, e così parte della loro casa è stata distrutta, come il generatore elettrico e il serbatoio del carburante”.
C’è poi il problema dei costi…
“Le rare forniture che provengono dal sud verso nord, dove si trova la nostra parrocchia, sono molto più costose del prezzo normale. Le cose costano dieci volte più di quello che era il 7 ottobre 2023.
Le materie che vengono vendute provengono dai camion di aiuto umanitario rubati da bande armate.
Noi sosteniano la nostra comunità di Gaza in molti modi: con cibo, acqua, medicina e anche con elettricità quando c’è diesel. Ma poi non solo materialmente ma moralmente e spiritualmente. A loro servizio ci sono tre sacerdoti del Verbo Incarnato e due suore della stessa congregazione”.
Sulle scorte alimentari però ci diceva chec’èstatounpiccolomiglioramento…
“Negli ultimi due mesi, siamo riusciti a coordinarci regolarmente con l’esercito per avere il permesso di inviare convogli di cibo. Ogni due settimane partono camion da Ashdod verso la frontiera con Gaza. Il cibo viene distribuito ugualmente ai cristiani e ai musulmani della zona. Finora siamo riusciti ad introdurre piu di 200 tonnellate di legumi, frutti, latte ed altro senza che siano rubate. E un miracolo della Provvidenza. Siamo riconoscenti ai cristiani del mondo intero per la loro solidarietà”.
Si è scritto dell’attenzione del Papa per questa vostra comunità….
“Certamente. Papa Francesco chiama quasi ogni giorno il parroco e le suore di Gaza per informarsi sulla loro situazione. Fra tutti i capi del mondo il Papa è il piu informato e il più vicino a loro”.
La situazione in Cisgiordania?
“La principale fonte di sofferenza dei palestinesi è l’insicurezza, la violenza e anche la mancanza di lavoro, per l’assenza di turismo religioso. La maggior parte dei nostri cristiani vive nei Luoghi Santi: Betlemme, Nazareth e Gerusalemme. Si viveva di turismo. Ora non ci sono nè pellegrini nè turisti. Perciò molte famiglie cristiane chiedono aiuto umanitario, per acquistare medicine o cibo.
Il Patriarcato ha avviato un programma umanitario per aiutare in questi settori. Le domande arrivano ogni giorno. Una delle parrocchie che ha sofferto tanto è Jenin.
Le molte incursioni, quasi quotidiane, dell’esercito israeliano in cerca di giovani palestinesi che hanno armi rendono difficile svolgere una vita normale e gravano sulla situazione economica.
La situazione economica a Jenin e nelle altre città palestinesi e difficile. Una delle numerose difficolta sta nel gestire le nostre scuole cattoliche.
Molte famiglie non arrivano a pagare la retta scolastica anche minima, perchè non lavorano. Ma senza la loro partecipazione è difficile mantenere le scuole”.
Che futuro per la questione palestinese?
“Israele, per ora, non accetta la soluzione dei due Stati. Al contrario vorrebbero annettere i territori palestinesi che cominciano a chiamare Giudea e Samaria. Questo significa che la pace non è vicina.
Ma mentre la nostra speranza umana diminuisce, quella nel Signore diventa piu forte.
Nell’oscurità che ci circonda c’è una luce che ci viene dalle persone che pensano a noi e sono pronte a fare quello che possono per alleggerire la sofferenza degli altri”.
Aldo Amati