CARO ENERGIA. In tanti, per ammortizzare le bollette di gas e luce, rispolverano vecchie stufe o camini a legna. Ma le normative in materia sono stringenti
Sarà un inverno complicato. È spiacevole da dire, soprattutto se si guarda alle grandi difficoltà degli ultimi anni. Ma le circostanze sono ormai chiare a tutti: la guerra in Ucraina prosegue e sembra lontana da una risoluzione, portando con sé numerose conseguenze in tutta Europa. Una su tutte, i forti rincari dei costi dell’energia, soprattutto gas e luce, che si riflettono in modo sensibile sulle bollette dei cittadini e, ovviamente, sulla loro (nostra) qualità della vita. In molti, dunque, in vista della stagione fredda si stanno già attrezzando per trovare soluzioni alternative. La più immediata? Il riscaldamento a legna. Ed ecco, così, la ‘corsa’ alle stufe e caldaie a legna o pellet (le cosiddette biomasse) se non, addirittura, ai vecchi camini, in una sorta di ritorno al passato. Tutto molto romantico ma, purtroppo, la questione non è così semplice. Andiamo con ordine.
Il Piano del Governo
A conferma delle preoccupazioni per i prossimi mesi (come se ce ne fosse bisogno) c’è il recente intervento del Governo finalizzato a dare una prima risposta al caro energia. Il Ministero della Transizione Ecologica, infatti, ha pubblicato un Regolamento il cui fine è proprio quello di “ realizzare da subito risparmi utili a livello europeo a prepararsi a eventuali interruzioni delle forniture di gas dalla Russia”. Sintetizzando, le misure prevedono che per il riscaldamento degli edifici la temperatura venga ridotta di un grado (da 17 con più o meno 2 gradi di tolleranza per edifici adibiti ad attività industriale, artigianale e assimilabili; da 19 con la stessa tolleranza per tutti gli altri edifici, compresi uffici e chiese) e una riduzione di 15 giorni complessivi del periodo di attivazione degli impianti termici, posticipando di 8 giorni la data di inizio e anticipando di 7 giorni la fine della stagione termica. Diminuita di un’ora, inoltre, la durata giornaliera di accensione. Rimangono invece fuori da queste norme le cosiddette ‘utenze sensibili’: non è prevista la riduzione del riscaldamento negli ospedali o nelle case di ricovero per anziani.
Legna, una soluzione non facile
Come detto, sono tanti gli italiani che, istintivamente, hanno individuato negli impianti di riscaldamento a legna e pellet l’alternativa per aggirare gas e luce. Ma la situazione è più complessa di quanto possa apparire. Già da diversi anni, infatti, esistono normative il cui fine è proprio quello di disciplinare l’utilizzo degli impianti di riscaldamento a biomassa (legna e pellet), a causa del loro importante impatto sulla qualità dell’aria: è ormai noto come la combustione della legna (e simili) contribuisca notevolmente alla formazione di smog e, di conseguenza, all’inquinamento atmosferico, incidendo sulla salute umana. Un dato che nel nostro territorio emerge chiaramente dalle analisi della Regione Emilia-Romagna, che nell’ultima esposizione relativa alle strategie da adottare in ottica di riduzione dell’inquinamento, ha sottolineato come “delle Pm10, la componente principale delle emissioni responsabili dell’inquinamento, il 57% proviene da impianti domestici a biomassa (camini a legna o similari)”. Per questo motivo, dunque, sia a livello europeo sia nazionale sono previste leggi che limitano e disciplinano in modo specifico l’utilizzo di questo tipo di impianti. Normative che, nel nostro territorio, la Regione Emilia-Romagna recepisce con il cosiddetto PAIR (il Piano Aria Integrato Regionale) che ha lo scopo di migliorare la qualità dell’aria attraverso diversi interventi. Tra questi c’è proprio la disciplina degli impianti a legna e biomasse, che ha portato la Regione nel 2017 a stabilire che ogni anno, dal 1 ottobre al 31 marzo, nei comuni che si trovano al di sotto dei 300 metri di altitudine non è consentito l’uso di generatori di calore domestici alimentati a biomassa legnosa ad alto impatto emissivo sotto la certificazione a 3 stelle (il Ministero dell’Ambiente ha elaborato una classificazione degli impianti di riscaldamento che va da 1 a 5 stelle, laddove a maggiore valutazione corrisponde maggiore qualità di impatto ambientale ed emissioni). In sostanza, dunque, in tutti i comuni di pianura del territorio riminese è vietato utilizzare tutti quegli impianti ormai vecchi o obsoleti, come lo sono tante caldaie, stufe o camini a legna abbandonati da anni e che oggi in molti tentano di riutilizzare. Chiunque oggi volesse dare nuova vita al proprio vecchio camino a legna (o a vecchie caldaie o stufe), dovrà necessariamente aggiornare l’impianto ai nuovi standard di qualità, ad esempio installando moderne canne fumarie o scarichi. E non è scontato che si tratti di un lavoro vantaggioso, almeno dal punto di vista economico.
Gli incentivi della Regione
Per questo motivo, di recente la Regione Emilia-Romagna ha stanziato 11,5 milioni di euro (nel triennio 2021-2023) come incentivo per sostituire stufe, caldaie e camini ormai superati con impianti a biomassa di ultima generazione. L’incentivo (per il quale è possibile fare domanda fino al 31 dicembre 2023 attraverso la piattaforma telematica della Regione) si rivolge a tutti i cittadini residenti nei comuni delle zone di pianura della regione che sono già assegnatari del contributo del Conto termico (il bonus di 65% per gli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica di edifici e abitazioni o di produzione di energie rinnovabili): insieme, queste due misure possono coprire fino al 100% delle spese relative all’acquisto e all’installazione di nuovi generatori in sostituzione di quelli obsoleti. Non sono ammesse al bonus, invece, le spese per l’installazione di impianti ex novo. “I fondi – spiega l’ente regionale – sono destinati al ricambio di impianti di calore alimentati a biomassa legnosa (camino aperto, stufa a legna/pellet, caldaia a legna/pellet) di potenza inferiore o uguale a 35 kW e con classificazione emissiva fino a 4 stelle con nuovi generatori a 5 stelle o pompe di calore”.
Nonostante il suo fascino romantico, dunque, il ritorno al vecchio focolare non sembra essere la soluzione più semplice per l’inverno che ci attende.