IL PERSONAGGIO. Giulia Moltrasio, capitano della Lasersoft Riccione, aveva Rimini nel suo destino. “Qui ho fatto riabilitazione dopo un brutto infortunio, qui ho conosciuto il mio fidanzato e qui ho trovato lavoro”
Quando Rimini è scritta a caratteri cubitali nel libro della tua vita. Anche se sei nata a 1.200 chilometri di distanza. Anche se in mezzo c’è uno… stretto, sette regioni e pure gli appennini. È la storia di Giulia Moltrasio, palermitana doc, dove è nata il 7 maggio 1996. Una storia che l’ha portata dalla sua Sicilia alla Romagna dove ha trovato l’amore, una casa e probabilmente il suo futuro. Capitano della Lasersoft Riccione, squadra di volley che milita nel campionato di B2, Giulia lavora all’interno del gruppo che edita il sito nurse24.it che si occupa di sanità e ha la sua sede al Palacongressi. Una storia, la sua, tutta da raccontare.
Giulia, partiamo dall’inizio. Pallavolista in mezzo a una famiglia di sportivi.
“Esattamente. Mio padre Roberto fa il sioterapista e cura tanti atleti. Mia mamma Giusi è stata una giocatrice professionista di basket, giocando anche in serie A1. Mia sorella Antonela ha giocato a pallavolo e mio fratello Vittorio gioca in serie B nel Green Basket Palermo. Quindi non potevo essere la pecora nera della famiglia”.
Perché proprio la pallavolo?
“In realtà sono una tifosissima di basket, che ho praticato e che ho anche insegnato. Una passione che ancora oggi mi porto dietro: quando posso, infatti, vado al Flaminio a vedere Rbr anche se il mio cuore è tutto per il Cus Palermo, società che ha fondato mio nonno. Comunque, ad un certo punto, ho visto che la pallavolo mi piaceva, soprattutto mi piaceva gestire il gioco e così ho iniziato come palleggiatrice alla Mauro Sport, a 13 anni. Un osservatore di Marsala mi notò e così mi sono trasferita e ho fatto lì le giovanili, giocandomi lo Scudetto U18. Nel frattempo ho fatto diversi raduni con il Club Italia e nella stagione 2014-2015 sono passata al Termini volley con cui siamo saliti dalla C alla B2. Successivamente ho trascorso un biennio con la maglia del Progetto Volley no alla chiamata di Olbia in A2”.
Che le segna la vita.
“Direi proprio di sì. Nel senso che il 15 ottobre del 2018 giochiamo contro Orvieto, il coach mi fa entrare. Gioco bene, tanto da guadagnarmi la conferma, poi faccio un movimento banalissimo e sento il ginocchio fare crac: rottura del legamento crociato. Una brutta botta che, però, mi ha aiutato a crescere”.
Nel frattempo inizia a studiare all’Università telematica di San Raffaele e suo padre decide di mandarla a Rimini, alla Isokinetic.
“Il mio fidanzato, Daniele, che ho conosciuto sulla spiaggia perché d’estate gioco a beach-volley, abitava proprio a Rimini e quindi ho unito l’utile al dilettevole anche se avevo già deciso che Rimini sarebbe diventata la mia nuova città. Perché subito dopo la laurea in ‘Scienze e tecniche delle attività preventive e adattate’ ho fatto un master in marketing e ho trovato posto all’interno del gruppo nurse24.it che ha la sede al Palacongressi. Visto che lavorare e giocare era pressoché impossibile, ho deciso di lasciare il volley a livello professionistico. Non è stata una scelta facile perché mi sarei potuta giocare le mie carte in A2. Però sono felice e questa è l’unica cosa che conta”.
Anche perché, in realtà, la pallavolo mica l’ha lasciata?
“Assolutamente no e non la lascerò. Per il secondo anno consecutivo indosso la maglia della Lasersoft Riccione, in B2, e d’estate continuo a scottarmi i piedi in spiaggia dove alleno anche alla Kiklos Beach Volley Workout, a Marina centro. Lavorare o studiare non signi ca che non si possa continuare a coltivare la propria passione. È logico, bisogna fare qualche sacri cio, ma la volontà è tutto”.
Francesco Barone