No, non può essere giudicato ripetitivo il richiamo alle atrocità commesse nei lager. In quei lager si leggono i segni della brutalità umana e della follia omicida. Tutto fu orrendamente reale, possibile, praticabile e praticato. Un baratro.
La scrittrice ebrea Elena Loewenthal ha messo in guardia dal rischio o dalla tentazione di banalizzare Auschwitz, in una sorta di recinto sacrale o simbolico che finisce per stemperare paradossalmente il reale. Altri, come Ezra Cohen della comunità ebraica di Düsseldorf, sostengono di contro che “l’argomento è troppo serio per essere raccontato”.
L’indicibilità è un tratto essenziale della Shoah per molti dei sopravvissuti. Eppure, per non dimenticare quella furia disumana che ha cancellato milioni di uomini, è un dovere riportare a galla l’orrore, farlo conoscere perché lo si possa evitare.
Nessuno mai si limiti a guardare indietro senza poi guardare all’oggi e al domani, ove si possono annidare altre tenebre in grado di produrre altri guasti disumani. Questo può essere il senso attuale della Giornata della Memoria, istituita il 27 gennaio a ricordo dell’abbattimento dei cancelli del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau.
C’è chi mostra i “protagonisti” di Auschwitz nelle vesti di animali (il premio Pulitzer Art Spiegelman con Maus, ad esempio) e chi invece si affida ad un messaggio più positivo per fronteggiare quell’orrore. “Film, libri, quadri e composizioni musicali, e anche quella peculiare forma che è il fumetto, hanno saputo combattere Auschwitz” assicurano il filosofo Raffaele Mantegazza e il teologo Brunetto Salvarani, autori del saggio Le strisce dei lager. I riminesi del Cartoon Club han tradotto la lezione nella mostra Lupi, lacrime e topi, mostrando, ad esempio, come il fumetto di tutto il mondo ha raccontato e racconta la Shoah.
Testimonianze, spettacoli, film e incontri. E perfino percorsi guidati: il calendario in provincia per non dimenticare in occasione del Giorno della Memoria. Consapevoli però che “il ricordo da solo non equivale a conoscenza” come suggerisce Laura Fontana. Laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne all’Università degli Studi di Bologna, dopo aver vissuto alcuni anni in Francia, la Fontana è Coordinatrice delle Attività Teatrali e Responsabile del Progetto Educazione alla Memoria. Ha progettato e curato la realizzazione di numerosi seminari di formazione sulla storia della Shoah e del Novecento, in Italia, in Israele (in collaborazione con Yad Vashem) e a Parigi (in collaborazione con il Mémorial de la Shoah). È lei la responsabile del composito progetto “Educazione alla memoria”, nato a Rimini nel 1964. Quello adriatico è infatti il comune antesignano dei progetti sulla Giornata della Memoria, che abbracciano cinema, letteratura, teatro, testimonianze, viaggi. Ha detto lo storico Enzo Traverso: “La Shoah gode di una visibilità tanto accecante quanto scarsa è la sua comprensione storica”. Vedere non sempre fa rima con comprendere. L’attualissimo, tristissimo, esempio della Siria è esemplare: quante immagini vediamo provenienti da quel Paese martoriato? Eppure, quanto capiamo di ciò che sta accadendo per agire di conseguenza?
È necessario non restare imprigionati emotivamente dalle immagini ma fare una reale percorso di conoscenza. “Le lezioni del passato – è l’«insegnamento» della Fontana – devono essere occasione di riflessione sulle contraddizioni e sulle speranze del nostro tempo, evitando la retorica commemorativa della «celebrazione» che produce semplificazione e banalizzazione (del male). Basta con la melassa proposta da film malfatti e da immagini che rischiano di coinvolgerci solo emotivamente”.
Paolo Guiducci