Home Attualita “Sentivamo forte l’esigenza che il Concilio arrivasse a tutti”

“Sentivamo forte l’esigenza che il Concilio arrivasse a tutti”

lanfranchi

Don Fausto Lanfranchi, 90 anni portati come un ragazzino, ha una mente sveglia e ogni giorno raggiunge il suo ufficio proprio accanto alla redazione, fino a poco tempo fa ancora in bicicletta, oggi con una bella passeggiata da casa sua, nella zona del Borgo Sant’Andrea. In redazione, a il Ponte, è di casa anche perché ancora cura personalmente la rivista “Alberto e Carla” e il periodico “Casa Marvelli”. Spesso mi confronto con lui e lo trovo dalle idee giovani ed aperte più di tanti ventenni. Era Vicario generale, nel 1976, quando nacque il Ponte. Dunque non c’è nessuno più addentro di lui, che può raccontare l’origine di un’idea.

Come nacque l’idea di un settimanale cattolico? In fondo la Diocesi vantava già una bella Rivista Diocesana…
“La «Rivista Diocesana» nata con il compito di diffondere le idee e la sensibilità del Concilio e la sua attuazione in Diocesi era ben diffusa fra il clero e i laici più impegnati, ma non aveva il carattere di popolarità e restava chiusa in una élite. Nacque l’esigenza di uno strumento più vicino alla gente. Era un momento di grandi cambiamenti. Si assisteva ad un’evoluzione dei costumi. C’era stato il referendum sul divorzio, poi sull’aborto; avevamo passato la contestazione del ’68, poi il terrorismo, e noi eravamo una Chiesa silenziosa, senza una voce. Solo gli interventi del Vescovo, come le lettere pastorali, giungevano ai fedeli. Sentivamo forte l’esigenza che il Concilio arrivasse a tutti”.

In realtà un piccolo strumento c’era stato. Si chiamava l’Antenna Riminese ed era la pagina domenicale dell’Avvenire d’Italia, allora molto diffuso nel riminese.
“È vero, eravamo anche stati premiati per la diffusione del quotidiano cattolico. La pagina settimanale era affidata all’Azione Cattolica e la scriveva, in gran parte, Sergio Ceccarelli. Ma poi nel 1968, dalla fusione con l’Italia nacque Avvenire e la pagina locale scomparve. Effettivamente anche quella pagina esprimeva un bisogno di comunicazione”.

Come si sviluppò il progetto del settimanale?
“All’inizio eravamo incerti anche sull’idea di settimanale. Pensavamo ad un quindicinale perché temevamo di non avere argomenti per riempirlo. Il dibattito sulla necessità di uno strumento avveniva soprattutto fra i membri, sacerdoti e laici, del Centro Studi e naturalmente coinvolgeva anche il Vescovo”.

Che immagino vi sostenesse…
“Veramente all’inizio era quello che aveva più perplessità, perché era rimasto scottato da un debito che si trovò a dover saldare appena arrivato in Diocesi negli anni ’50. L’Ausa, che aveva chiuso le pubblicazioni e che di fatto non era più giornale della Diocesi da prima della guerra, ma della Democrazia Cristiana, aveva lasciato un debito di 300.000 lire (di allora) presso la Tipografia Garattoni, debito che lui si dovette accollare. Poi invece si appassionò all’idea di un nuovo settimanale”.

Quali furono i passi successivi del progetto?
“Il Centro Studi promosse un incontro diocesano con preti e laici. I preti poi ne discussero nelle riunioni di Vicariato e diedero parere favorevole. Il Centro Studi allora ebbe dal Vescovo l’incarico formale di affrontare il problema. La decisione definitiva fu presa all’Assemblea Ecclesiale di Miramare del 29-30 novembre 1975 (nella foto). Da quell’assemblea, cui parteciparono 1200 delegati, uscirono importanti scelte: la commissione diocesana per la famiglia, la commissione Justitia et pax e appunto il settimanale il Ponte”.

Prima dei problemi tecnici, di cui eravate completamente digiuni, immagino si discusse delle linee editoriali.
“Certamente. La preoccupazione principale era di una lettura sapienziale, cristiana, della situazione non legata ad altri interessi e particolari partiti. Il settimanale avrebbe dovuto contribuire all’unità interna della Diocesi, portando a conoscenza di tutti la parola del Vescovo, le vicende della comunità cristiana, delle parrocchie, delle esperienze più vive. Contemporaneamente era chiamato ad essere efficace strumento per l’incidenza dei credenti nella vita sociale. Occorreva avere una tribuna dalla quale pronunciare una parola di fede di fronte ai problemi e agli avvenimenti della società”.

Così nacque il Ponte, il 25 dicembre 1976…
“Già, con la notizia delle dimissioni di monsignor Biancheri, di colui cioè che lo volle e di fatto, con il suo magistero, ne indicò la linea”.

Tu sei un attento lettore de il Ponte. Ogni settimana anticipi il postino facendo un salto in redazione per ritirare la copia ancora fresca di stampa. Cosa pensi oggi del nostro settimanale?
“Ritengo che il Ponte sia stato, negli anni, fedele alla linea editoriale iniziale. Certamente oggi arricchita da una maggiore capacità di affrontare i problemi del territorio con sempre maggior competenza e anche con grande attenzione ai problemi sociali. Dunque, giudizio positivo”.

Giovanni Tonelli