E così Irene Grandi si sarebbe fumata una canna durante l’ultima diretta Rai di Capodanno da Rimini. La bravata, a quanto pare, è tra gli episodi di punta della sua biografia da poco pubblicata, Diario di una cattiva ragazza. Niente di strano per una cantante che per mesi ha invaso l’etere radiofonico con l’auspicio “Bruci la città”. Da qualche parte doveva pur cominciare: ma invece di un toscano, come vorrebbe la sua provenienza geografica, ha dato fuoco a uno spinello. E in fondo non è stata poi tutta sta gran bravata, soprattutto se si pensa al contesto: il Capodanno in diretta Rai registra share altissimi, ma fatti perlopiù di spettatori distratti che tengono la tv di sottofondo durante il cenone con amici e parenti, poco preoccupati di quel che succede in video.
Quello di cui Rimini dovrebbe, invece, preoccuparsi non è tanto lo spinello di una cantante in cerca di pubblicità, bensì l’apertura di uno shop di droghe leggere, legali a norma di una discutibile legge, proprio davanti a una scuola superiore. Droghe vendute non da loschi individui che si muovono nell’ombra, ma da una regolare catena in franchising con marchio registrato. E i ragazzi? Sul sito web del negozio, dove si può anche comprare comodamente on-line, il venditore “Declina ogni responsabilità per un uso improprio, illegale o in qualsimodo diverso dalla corretta destinazione e uso commerciale”. Ovvero: ragazzi, sballatevi pure, ma non in modo improprio. Scaricando così su dei 18enni responsabilità che evidentemente certi grandi non sanno gestire. E neanche certe Grandi, intese come Irene. Che una volta cantava “Bum bum”, ma che a Capodanno ai botti ha preferito altro.
Maurizio Ceccarini