È a segnaletica fai-da-te. Compare ovunque, in città come in provincia, anche dove meno te l’aspetti: sulle fioriere, affissa alle staccionate di legno, addossata ai cancelli. A volte “colora” perfino i contenitori dei contatori. Sono quelle scritte “artigianali” – non di rado vergate sul filo dell’ironia – che cercano di dirigere il traffico dell’educazione civica, avvisando i signori passeggeri che quella aiuola non è un cordolo da sormontare con bici o motori, e il vaso non va scambiato per un vasino da notte, perché la differenza va ben oltre le due lettere aggiuntive.
Questi artigianali cartelli stradali in larga parte sono indirizzati ad un civile comportamento dei padroni, più che dei cani che lasciano “regali” olezzosi un po’ ovunque e soprattutto dove non dovrebbero comparire.
Simpatici da leggere, utili da introitare quando invitano a condotte più consone. In un parco frequentato da bambini non ci sarebbe bisogno di un segnalatore di “divieto di cacca per cani”, ma a volte è necessario anche rimembrare queste ovvietà. Non è un esercizio di stile neppure l’avviso che cancelli e portoni non sono box per motori e biciclette di parcheggiatori dell’ultimo secondo, “tanto mi fermo solo qualche minuto”. In auto i riminesi (come tutti gli italiani) azionano le quattro frecce che sono il pass per calpestare ogni divieto (e buon senso), sulle due ruote basta guardarsi attorno e “avvitare” il proprio mezzo alla catena.
La “segnaletica fai-da-te” è urticante, perché punta il dito e magari lo fa evidenziando comportamenti ai quali qualche volta strizziamo l’occhio pure noi.