Vorrei spezzare una lancia a favore dei sondaggi telefonici pre-elettorali.
Sarà vero che sono fatti su un campione limitato di cittadini, sarà vero che in cinque-sei mesi uno può cambiare e ricambiare opinione. Sarà vero che dall’altro capo del telefono ci sono giovani, spesso con accento che denota origini estere, che si attengono scrupolosamente alle domande e non permettono distinguo e sfumature. Ma è proprio questo il punto di forza: evitare digressioni rispetto all’obiettivo. Se a chiederci come voteremo alle amministrative fosse uno cresciuto ai Padulli o alla Barafonda saremmo tentati entrambi di metterci a far commenti su ogni domanda, oltre a scoprire dopo pochi minuti di avere qualche conoscenza comune che in fondo Rimini è ancora un paesotto. L’asettico ma serio interlocutore del centro di ricerca invece ci porta al dunque: tizio lo voteresti o no? E poi, diciamocelo, se agli appuntamenti elettorali importanti non ci chiama nessuno un po’ ci rimaniamo male. Urtano senz’altro di più quelle compagnie telefoniche che ci tediano quotidianamente per proporci le loro offerte. Le si riconoscono dopo un secondo perché i callcenteristi sembra che parlino dalla funivia del Monte Bianco.
Passi una qualità audio non ottimale se vuoi chiedermi per chi voto: la politica siamo abituati a sentirla lontana. Ma, abbia pazienza signorina, lei mi chiama da Roma e la sento come se fosse in Australia. E mi vuol vendere comunicazioni telefoniche…
Il Caffè Scorretto di Maurizio Ceccarini