Sappiamo che non è un tema facile. Il vento dell’antipolitica spira forte. E tutto quello che ha a che vedere con i contributi statali puzza inevitabilmente di marcio. È così anche per il «fondo per l’editoria» regolato da una legge – la 250 – del 1990. Avrebbe dovuto garantire il pluralismo dell’informazione, schiacciato in Italia dal duopolio televisivo, dal drenaggio sistematico delle risorse pubblicitarie. E compromesso da problemi atavici, che hanno sempre collocato il nostro Paese in fondo alle classifiche di diffusione e lettura di quotidiani e settimanali. L’Italia dei mille campanili, delle tante identità locali, vive anche di questo tessuto di piccoli giornali o di periodici che non possono competere con i giganti delle concentrazioni editoriali. È una questione di cultura e anche di democrazia.
Ma già quando il «Fondo per l’editoria» fu istituito ci si fece velo di queste nobili intenzioni fondamentalmente per elargire soldi ai partiti. Si guardino i dati che pubblichiamo (i dati ufficiali sul sito del governo). Sono i contributi erogati nel 2010 e relativi all’anno precedente. Su circa 150 milioni di euro, poco meno di nove milioni sono andati ai 136 periodici editi da Fondazioni, enti morali o cooperative che non hanno fini di lucro. Una decina a quotidiani per gli italiani all’estero o per minoranze linguistiche. Tutto il resto è destinato a giornali o periodici di cooperative di giornalisti (56 milioni) a quelli che prima o dopo si sono agganciati a qualche partito o movimento politico (40 milioni) o ai quotidiani editi da cooperative, fondazioni o enti morali (altri 42 milioni).
Che ci sia da fare pulizia in questi elenchi la Fisc, la Federazione dei settimanali cattolici, lo sostiene da sempre. Perché un conto è sostenere la democrazia informativa e un’altra cosa è sperperare denaro pubblico per foraggiare editori di giornali «fantasma». Come ha ribadito anche nel recente appello al presidente Napolitano, occorre una riforma globale all’insegna di “rigore“ ed il Presidente ci aveva subito risposto (Informazione amputata, la risposta di Napolitano), promettendo di intervenire sul governo contro il rischio di «mortificazione del pluralismo dell’informazione».
Anche perché l’intenzione più volte espressa dal passato governo è quella dei «tagli lineari». Il «Fondo» si riduce al 25% dell’anno precedente? Allora tutti i contributi erogati verranno tagliati nella stessa misura. Così anche le «briciole» destinate ad una settantina di settimanali diocesani – in tutto meno di 4 milioni di euro nel 2010 – quest’anno sono diventati tre e mezzo e nel 2012 saranno ridotti ad un milione. Come se di fonte allo scandalo dei falsi invalidi si dimezzasse la pensione a tutti, anche a chi invalido lo è davvero.
Quello del drastico taglio ai contributi è un’altra mazzata, dopo l’abolizione delle tariffe agevolate per le spedizioni e le crescenti difficoltà di consegna da parte dell’Ente Poste. In queste condizioni molte piccole testate saranno costrette a chiudere. Molte altre dovranno tagliare gli organici e ridurre la fogliazione. È quello che lucidamente si era proposto di fare il governo Berlusconi, forse per vendicarsi dell’autonomia di giudizio che le nostre testate, radicate sul territorio, hanno sempre mostrato. Non riuscendo ad assoggettarle, preferisce lasciarle morire. (ct)