Il calendario etiopico, per motivi loro che non sto a sindacare, è composto da 13 mesi: dodici mesi di 30 giorni e un mese da cinque giorni, sei laddove bisestile. Di fare un calendario da 13 mesi, in questo caso tutti di 28 giorni, lo ha suggerito di recente anche Beppe Grillo rilanciando invero l’inascoltata proposta di riforma elaborata a inizio ‘900 dal contabile britannico Moses B. Cotsworth. Premesso che, con tutto il tempo che ci ho messo a imparare la celebre filastrocca dei mesi, un po’ mi dispiacerebbe abbandonare il sistema attuale, un calendario di tredici mesi potrebbe forse essere l’unica soluzione per quelli che si lamentano “ma vuoi che sia, fare i lavori d’estate?” quando ci sono cantieri che richiedono da progetto 24 mesi di lavori. Come sta succedendo, ad esempio a Rimini.
Per evitare l’estate, appunto, le soluzioni sono poche: o si cambia il calendario ad personam e si fanno partire i 24 mesi a fine estate dell’anno tot di modo che, con tredici mesi l’anno, si risparmia l’estate dell’anno tot più due. Oppure si fermano tutti i cantieri d’estate, ci si mette molto di più a finirli e a giugno si lascia tutto a mezz’aria sperando di non indurre i turisti a cadere nelle buche rimaste aperte. Non so se in quel caso si potrebbe considerare indotto turistico.