La proposta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, nell’ottica della spending review, di sforbiciare (più che tagliare) gli stipendi dei grandi manager pubblici ha avuto come inopinato interprete anche un ex sindacalista riminese, oggi affermato manager delle Ferrovie. Per par condicio, rispetto al pensiero della città che gli ha dato i natali, siamo andati a ripescare alcune dichiarazioni di don Oreste Benzi proprio sullo stesso tema. E considerato che si sta studiando se farlo santo, le prendiamo anche sul serio.
Per il mondo l’appropriazione indebita del denaro attraverso l’emanazione di leggi dettate dalle lobbies è onesta; per i cristiani la legge non rende giusto ciò che è obiettivamente ingiusto. Per chi segue Cristo l’indebita appropriazione di ciò che non è necessario, anche se approvata da leggi, è furto e le leggi che le approvano vanno rimosse come principale fabbrica dei poveri.
Io spero che abbiate il coraggio di fare l’elenco dei furti che avvengono là dove vi trovate e che poi questo elenco possa essere pubblicato in ogni posto di lavoro. Scandalizzate più che potete, svegliate le coscienze, non abbiate paura di fare un mondo diverso.
E se siete nella libera professione non venite a farmi il ragionamento che non è possibile ridurre le parcelle perché altrimenti tirate giù la categoria a cui appartenete e a cui dovete essere solidali! Se questo è il tuo ragionamento non posso che constatare una cosa: ti dichiari ladro con i ladri! Cento euro per una ricetta: come possiamo ancora parlare di retribuzione? Dobbiamo chiamare le cose per nome: è un vero furto!
Gli stipendi e le retribuzioni superiori al bisogno reale della propria persona sono sempre un furto, non possono essere giustificati dal rango e dalle responsabilità: queste ragioni sono false e non giustificano il furto. Come non diventa onesto l’aborto perché approvato dalla legge, così resta immorale la ricchezza anche se acquisita applicando la legge.
Molte battaglie sindacali favoriscono solo le caste. Vi chiedo: possiamo noi fare sciopero di categoria? Quando ero insegnante io ho partecipato solo a scioperi generali, mai a quelli di categoria. Ho sbagliato? Non lo so; so soltanto che la divisione dei beni non può avvenire secondo il posto che si occupa e gli scatti di carriera. L’altro giorno, in un incontro in cui ho partecipato e dove c’erano diversi bancari, ho preso la parola e ho chiesto loro di fare sì uno sciopero, ma per ridursi le mensilità che percepiscono annualmente dalle attuali sedici ad almeno quattordici. Non mi hanno applaudito!
Uno stipendio da manager di 270 mila euro all’anno non è un furto? Invece noi gli diamo anche la medaglia da Cavaliere del lavoro! Occorre dirlo a questi fratelli che non è giusto che loro si fregiano di quella medaglia. Quante migliaia di ettari di terreno servono per mantenere questi cavalieri del lavoro? Se non ci fossero i popoli del terzo mondo che sfruttiamo per le materie prime, dove sarebbero le nostre ricchezze? Il denaro è il simbolo del potere di acquisto e quindi è già proprietà di infinite terre ma che non sono nostre, sono laggiù in Africa o in America Latina e quella povera gente lavora per noi. Vergogna! Perché non dobbiamo gridare al furto?
Il mondo perbene dice: io non rubo, non uccido, quindi sono onesto. Chi vuole seguire Cristo non la pensa così. C’è chi ruba contro la legge, c’è chi ruba protetto dalla legge. C’è chi non ruba direttamente, ma si siede alla tavola dei ladri. C’è chi uccide direttamente e c’è chi uccide indirettamente, ma ambedue sono da condannare.
Il lusso è sempre un furto perché incanala il denaro verso una produzione destinata a pochi, i quali per mantenere il loro tenore di vita devono accrescere gli stipendi e le retribuzioni, rubando sempre di più. L’ostentazione del lusso, sia da parte di chi lo possiede sia da parte di chi vende, è violenza sui poveri, specialmente sui giovani disoccupati, i quali si difendono con altre violenze.
Non capite che la polizia e i carabinieri lavorano per la massima parte del loro tempo dietro a rapimenti e furti, cioè a servizio di chi ha tanti soldi? E tutta la popolazione, anche i poveri, attraverso le tasse paga le forze dell’ordine perché proteggano chi è ricco. Dite che non è vero!
Quando diciamo che siamo nel mondo ma non del mondo, noi cristiani siamo chiamati a fare i conti con tutti questi problemi. Allora la fede diventa una cosa seria.
Il ruolo dei laici nella Chiesa non è quello di diventare dei sacrestani; pensate a quanti ministri istituiti sono presenti oggi nelle nostre realtà ecclesiali: gli accoliti, per esempio, non sono affatto dei sacrestani che servono la messa, no! Essi sono chiamati ad amministrare l’Eucarestia, che è elemento bruciante e sconvolgente di uno che muore per salvare!
Noi dobbiamo essere inseriti nella società, a noi viene chiesto di rimuovere le cause, di cambiare i modelli di vita, di uscire dal mondo per poter rientrare rinnovati dentro il mondo! E come veri uomini, la nostra missione è quella di andare e di gridare il messaggio del Vangelo, ma con i fatti.
Siamo chiamati ad essere nel mondo, ma non del mondo. La gente ha diritto di dirci: «Vogliamo vedere Cristo!»; e quando le persone sperano molto e si accorgono che nella nostra vita alla fine Cristo non c’è, che delusione!
Bisogna prendere per il petto la storia, non fare il compiangimento di se stessi. «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente» (Mt 5,13). Gesù ha proprio detto calpestato, non rimosso: è la storia della Chiesa ed è il dramma di questa stupenda presenza d’amore che vive nella Chiesa, peccatrice e santa, che ha bisogno sempre di purificarsi, come dice il Concilio. Dove trovare la forza per essere sale della terra? Solo nella contemplazione, perché dopo aver visto Gesù non puoi far finta di non averlo visto.
Nulla ci salva se non viviamo in unità profonda con la sua persona.
don Oreste Benzi
(anteprima tratta dal nuovo libro presto in libreria:
Don Oreste Benzi, contemplativi nel mondo, Edizioni Sempre)