Quando i problemi corrono sul filo… del telefono. Almeno stando ai numeri. Nel solo 2010 sono stati circa 9.000 i reclami in Emilia Romagna. Un dato eclatante ma, dicono gli esperti, non sorprendente, anzi quasi fisiologico. Ma quale percorso devono seguire i cittadini che cercano di far valere le proprie ragioni? A livello regionale delle 2.600 pratiche aperte da Federconsumatori, circa 400 sono state indirizzate verso la cosiddetta conciliazione paritetica (quella che intercorre direttamente tra gestore telefonico e associazioni dei consumatori), circa 700, invece, vengono smistate al CORECOM (l’organo di governo, garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in ambito regionale) che in totale segue circa 3.200 pratiche all’anno. Da ricordare che il tentativo di conciliazione davanti a CORECOM è obbligatorio.
I dati riminesi
Restringendo l’indagine alla sola provincia di Rimini, nel 2010 sono state ben 124 le pratiche aperte in tema di telefonia da Federconsumatori: 12 si sono chiuse tramite conciliazione paritetica e altrettante davanti al CORECOM. Sono 85, invece, le pratiche ancora aperte. I reclami più diffusi riguardano il problema del recesso o del cambio gestore e quello dei servizi non richiesti. Tra le pratiche seguite dall’associazione, che invita i cittadini a non lasciar correre quando sono vittime di comportamenti non corretti, ce ne sono alcune che sfiorano il paradosso: esempi concreti delle difficoltà del consumatore a far valere le proprie ragioni contro il muro di gomma delle compagnie telefoniche.
1.200 euro per navigare
“Ho un abbonamento con la TRE da un triennio – spiega Sandra di Riccione – e mi sono ritrovata a gennaio con la linea staccata. Sono riuscita a contattarli e mi hanno detto di averla disattivata dopo aver verificato un traffico internet anomalo da 650 euro quando io solitamente ne spendevo 50 al mese di abbonamento. Il problema, però, è che il mio telefono neppure ci va su internet”.
Dopo aver inutilmente tentato di visionare il dettaglio del traffico sul sito del gestore (l’accesso era stato bloccato insieme alla linea), Sandra ha cercato di contattare nuovamente la compagnia ottenendo informazioni discordanti anche sull’ammontare da pagare.
“In prima battuta – racconta – mi avevano parlato di 650 euro, poi di 900 che sono però scesi, in una terza telefonata (dopo che mi ero rivolta all’avvocato), a 437 con uno sconto che mi veniva proposto di 400 euro se avessi deciso di rimanere loro cliente”.
Una proposta rigettata dopo un consulto col legale di Federconsumatori a cui Sandra nel frattempo si era rivolta.
“Pochi giorni fa – conclude – mi è arrivata invece una fattura da 1.200 euro”.
Ad insospettire Sandra anche il fatto che, fin da subito, le chiedessero di pagare per poter riattivare il servizio.
“Il gestore, da contratto, ha un RID sulla mia carta di credito (che ingenuamente ho strisciato al momento della sottoscrizione) quindi loro avrebbero potuto procedere autonomamente al recupero dei soldi. In ogni caso, quando decideranno di prendersi i 1.200 euro io non potrò fare nulla per fermarli. Il consiglio che mi sento di dare è: non strisciate mai la carta di credito”.
Chiamate all’estero?
Maurizio è un imprenditore di Riccione, titolare di una ditta di trasporti marittimi e, per lavoro, è chiamato in alcuni casi ad andare all’estero via mare. Fondamentale in questi casi, per tenersi in contatto con i clienti, il collegamento via cellulare. “Nel 2008, prima di partire – spiega l’imprenditore – mi sono informato con la Vodafone per sapere se ero coperto da roaming internazionale e l’operatrice che mi rispose al telefono mi rassicurò”.
Nei fatti, però, le cose andarono diversamente. “Superato il confine con la Francia – ricorda Maurizio – c’è stato il black out totale che è durato per l’intera settimana. Per comunicare con i clienti ho dovuto utilizzare il telefono di mia moglie spendendo 200 euro di schede e quando sono tornato a casa ho dovuto rispondere a molti clienti arrabbiati che mi avevano cercato senza successo”.
Un danno non solo economico ma anche d’immagine che ha portato l’imprenditore a cambiare gestore e rivolgersi a Federconsumatori. “Per ottenere giustizia siamo andati alla conciliazione davanti al CORECOM – spiega l’avvocato di Federconsumatori, Cinzia Patrucco – e siamo riusciti ad ottenere un indennizzo di circa 600 euro. Nonostante siano passati vari mesi, quella somma però non è ancora arrivata al mio cliente, nonostante l’operatore abbia il dovere di corrispondere la cifra pattuita entro 90 giorni”.
Scegli un’offerta, ne ottieni un’altra
Mai fidarsi delle offerte troppo convenienti. Questa potrebbe essere la morale nella storia della signora Rina.
“Ho sottoscritto qualche tempo fa – racconta – un contratto con un’impresa telefonica. Il commerciale che mi aveva contattata mi aveva proposto un tipo di contratto con un’offerta che avrebbe avuto una scadenza raggiunta la quale lui mi avrebbe proposto una nuova offerta”. All’avvicinarsi della data il commerciale è diventato però irreperibile.
“Ho cercato di contattarlo senza fortuna – spiega Rina – e mi sono accorta che dalla bolletta successiva mi era stato applicato un aumento. Ho tentato allora di contattare la società per la quale questo commerciale lavorava ma non sono mai riuscita a parlare con lui”.
La signora in questo caso si è comportata come suggeriscono le associazioni dei consumatori: ha continuato a pagare decurtando però dalle bollette la quota contestata ed ha inviato una raccomandata alla compagnia.
“Ho provato anche a chiedere spiegazioni al gestore – racconta Rina – dicendo che dovevo essere avvisata nel momento in cui cambiavano le condizioni del contratto e avrei dovuto avere la libertà di accettarle o meno. Loro, per tutta risposta, mi hanno staccato la linea per una quindicina di giorni. Alla mia richiesta di modificare il contratto, mi hanno chiesto una spesa una tantum di 100 euro. Cosa che mai mi era stata detta”.
Anche Rina si è allora rivolta alla Federconsumatori. In sede di conciliazione CORECOM non si è trovato l’accordo col gestore (Fastweb) e la situazione passerà ora all’attenzione dell’AgCom.
Tre storie come, purtroppo, ce ne sono tante. E, anche se è bene non generalizzare, resta sempre valido l’antico adagio: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.
Andrea Polazzi