Come accostarsi al Natale anche attraverso l’arte? E con gli occhi ma anche con il cuore? Lo abbiamo chiesto ad alcuni personaggi del mondo culturale riminese, che suggeriscono in esclusiva per i lettori de ilPonte alcune suggestioni, alcune opportunità per restare desti (e farsi così sorprendere) dall’Avvenimento.
Una poetessa, un direttore d’orchestra, un libraio e uno storico dell’arte: sono loro a proporre immagini, suoni e parole in grado di suscitare attesa e domande.
Ardea Montebelli intreccia con sapienza poesia e fotografia. Con passo delicato avvicina la sua arte a Dio come l’unica verità possibile e capace di dare un senso alla vita terrena. Autrice di diversi libri come Ma il cielo ci cattura e Il paradosso della memoria. Meditazioni in versi sulle lettere di S.Giovanni e attenta osservatrice del mondo, Ardea si avvicina al Natale porgendo la sua profonda sensibilità. “Occupandomi di poesia e di fotografia in ambito esclusivamente sacro, – spiega la Montebelli – sono davvero innumerevoli le occasioni nelle quali ho avuto modo di meditare sul Mistero del Natale, attraverso i miei lavori letterari e fotografici. Ad esempio fotografando un presepio si fa un’esperienza intensa sull’atmosfera della grotta della natività, estremamente essenziale e, nello stesso tempo, avvolta in una grazia infinita. Penso anche a testi di meditazione sul Natale letti all’interno di Chiese e Monasteri dove la parola poetica costituisce una sorta di armonia insieme alla musica, al canto corale e al silenzio. Parlare della nascita di Gesù attraverso delle immagini o delle liriche è comunque una benedizione, una straordinaria possibilità che induce, dal profondo, a revisioni di vita, a scelte coraggiose, a fare spazio dentro se stessi a Colui che viene”.
C’è una chiave di violino per aprire le porte del Natale: quella del maestro Filippo Maria Caramazza. Conosciuto e apprezzato direttore d’orchestra, l’abbiamo già visto in diversi appuntamenti musicali della città tra i quali il recente Magnificat di Bach in cattedrale del 13 dicembre. Proprio durante la serata di S. Lucia, in un’atmosfera ovattata, il Maestro Caramazza ha intriso il Natale del senso di compartecipazione a un destino che diventa comune. “Proprio mentre leggevo la breve introduzione al Magnificat– svela il Maestro nel dopo concerto – ho pensato che non ci fosse maniera più chiara per esprimere cosa succede a me e come vivo la musica e il Natale quando sto alla realtà suprema del «suono»”. Sì, perché il maestro non solo dirige l’orchestra, ma conduce il pubblico in una riflessione sacra sulla musica e sulla gioia del Natale. “Dopo quanto appena ascoltato è più facile tacere e lasciar decantare nel cuore. Bach però può favorire questo «de-cantare». I grandi geni hanno qualcosa da dirci ed è straordinario scoprire come lo trasmettono. Molti sono qui stasera e non hanno mai ascoltato questo Magnificat, c’è invece chi lo ha fatto, ma forse non lo ha ascoltato più volte per scoprirne i segreti, che è l’unico metodo per entrare nella musica. Quindi accenno brevemente con alcune immagini, perché l’immagine rimane e coglie. «Magnificat anima mea Domino», tradotto in italiano è fiacco; »L’anima mia magnifica il Signore», tutta l’irruenza del verbo posto all’inizio Magnificat si perde! Magnificat è segno di esultanza per qualcosa che l’ha provocata. Bach inizia questo grande lavoro senza alcun preavviso, in musica diremmo preludio o ouverture iniziale, ci coinvolge subito dentro un’esultanza che di lì a poco il coro trasformerà in parole…”. Poi, con la conclusione richiama tutti ad un bisogno comune: “Siamo stati educati ad entrare dentro la verità, di come il miracolo della fede può venirti incontro, farsi carne e attraverso le note che si fanno suono, vedere che Dio c’è”.
a cura di Marzia Caserio