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“SE IL NOSTRO TURISMO VUOLE CRESCERE DEVE ASSOLUTAMENTE INVESTIRE. LA NOSTRA OFFERTA NON SODDISFA LA DOMANDA. SIAMO RIMASTI INDIETRO RISPETTO A TANTE REALTÀ”

Già amministratore del tour operator riminese Condor, tra i maggiori in Italia, fondato sessanta anni prima dal padre, venduto nel 2018 al Gruppo Uvet, Leonardo Patacconi, 35 anni, studi di Economia a Bologna e Master in Business Administration tra la Bocconi e Chicago, dal 2023 è diventato proprietario, comprandolo in un’asta del Tribunale fallimentare di Rimini, del DuoMo hotel, progettato un paio di decenni prima dal designer israeliano Ron Arad e situato in pieno Centro storico, a Rimini. Insomma, un giovane imprenditore del turismo, già con una discreta esperienza, che ci sembra la persona giusta a cui fare qualche domanda sul presente, ma soprattutto sul futuro del nostro turismo.

Da più di un ventennio il nostro turismo è fermo, nonostante la crescita degli arrivi, sullo stesso numero di pernottamenti.

Nell’ultima stagione turista 2023, Cavallino-Treporti, nel Veneto, ha superato, in presenze, il comune di Rimini e il distretto balneare veneto (Caorle, Jesolo, Bibione e lo stesso Cavallino) ha già superato i numeri pre Covid, quando la costa riminese è ancora sotto di un milione e mezzo. Come se lo spiega?

“Siamo fermi perché probabilmente la nostra oerta turistica non si è modicata tanto. Siamo abituati a viaggiatori che per fortuna ancora ci scelgono ma non escluderei che in mancanza di investimenti e innovazione questo numero sia destinato a calare. Non crescere è negativo, ma data la situazione direi che è quasi positivo che non sia già iniziata la discesa. Sicuramente fiere, congressi ed aeroporto hanno tenuto a galla il sistema e compensato altre perdite, ma la domanda turistica si è evoluta più di quanto non abbia fatto l’offerta.

Non siamo, cioè, riusciti a stare al passo con i tempi. Chiaramente bisogna investire, principalmente sul prodotto. L’Amministrazione lo sta facendo in maniera corretta sulla destinazione, però non basta.

Bisogna intervenire sugli hotel, i ristoranti e l’organizzazione della spiaggia, dove salvo pochi casi, non si è investito a dovere.

Bisogna fare di più. Meglio se a farlo sono investitori locali, ma se non dovesse accadere una apertura al mercato non sarebbe negativa. Poi c’è bisogno anche di una razionalizzazione, che magari va a diminuire l’offerta, ma ne innalza la qualità”.

Degli hotel fuori mercato cosa dovremmo fare?

“Ho sentito parlare di trasformazione, oppure ne andrebbe facilitata la riqualicazione”.

In Spagna, nostra concorrente, c’è più dinamismo negli investimenti alberghieri.

Come mai?

“Eccetto alcune città come Milano, Roma, Venezia e Firenze, dove i mercati sono molto liquidi o in quelle destinazioni super-luxury come la Costa Smeralda o Capri, l’Italia non attrae grandi investimenti. E Rimini non è sotto la lente d’ingrandimento di grandi investitori alberghieri. Una ragione è che la domanda del prodotto turistico riminese è medio-bassa spendente e il ritorno sull’investimento nel mattone non è attrattivo per i grandi player. Oggi i viaggiatori più evoluti sono disposti a pagare di più, ma vogliono prodotti e servizi di qualità. Un visitatore congressuale e fieristico spende di più, fino a 170-180 euro giornalieri, di un balneare, ma quanti sono i giorni di fiere e congressi in un anno? È vero che durante questi eventi si mette eno in cascina, ma poi bisogna arontare il resto del periodo, che ha bisogno di altra oerta. E allora la concorrenza si fa sul prezzo, cercando di fare, per riempire, un euro in meno del vicino. Un suicidio”.

A Rimini i cinque stelle sono gli stessi (tre) dagli anni novanta del secolo scorso, perché non crescono?

“Perché, ad oggi, non c’è domanda per ripagare gli investimenti necessari ed evidentemente il nostro ‘mercato-destinazione’ per il momento non ha bisogno di ulteriori hotel di alta gamma”.

L’Hotel DuoMo, quattro stelle, era stato ridisegnato e ristrutturato in epoca relativamente recente (2006): come mai è dovuto intervenire di nuovo?

Principalmente per due ragioni: quando ne sono venuto in possesso l’hotel era sotto l’amministrazione del curatore fallimentare e non si investiva da anni; per regola un hotel, per quanto la sua concezione sia stata sdante, dopo dieci- dodici anni, per stare al passo con i tempi, ha sempre bisogno di un aggiornamento, cioè nuovi investimenti. Da noi è una eccezione, ma dovrebbe essere la norma. Siamo intervenuti rinnovando tutte le camere, i bagni e la domotica, divenuta obsoleta, ma senza snaturare l’idea iniziale di design dell’hotel. La nostra è, nel periodo autunnale-primaverile, una clientela di aari e di lavoro, che poi diventa, durante l’estate, anche vacanziera. Il Centro e il mare sono vicini”.