Da un lato ci sono le scuole, che sventolano con orgoglio la loro offerta formativa fatta di laboratori, tirocini e tutti quei progetti da cui gli studenti ottengono grandi riconoscimenti, a dimostrazione di quanto sia valida la loro didattica. Dall’altro ci sono le aziende del territorio, che ostentano disponibilità ad accogliere stagisti e ad assumere giovani freschi di diploma tecnico o professionale. E poi c’è un’analisi, condotta dal Centro per l’Impiego su 1.048 giovani della provincia di Rimini, dalla quale emerge che il 75,5% dei diplomati nel 2010 presso questi istituti (tecnici, professionali e artistici), a 15 mesi dalla maturità è ancora senza lavoro.
Il dato verrà approfondito nel prossimo numero del mensile TRE – TuttoRiminiEconomia (in edicola la prossima settimana con il Ponte) e di cui possiamo dare un’anticipazione in questa pagina. Il primato dei diplomati occupati va al settore tecnico-industriale (a 15 mesi dal diploma lavora il 31,3%). Segue il diploma professionale industria-artigianato (30,3%), il professionale ricettivo-ristorativo (scuole alberghiere) con il 27,7%, il tecnico-commerciale (27,3%), il tecnico turistico (21,9%). Più distanti il tecnico-geometri (16,4%) e l’istruzione artistica (7,3%).
Sarà che l’indagine riportata da TRE include solo i lavoratori dipendenti e non gli autonomi, sarà che esclude coloro che probabilmente hanno scelto di iscriversi all’università, ma il dato lascia intendere che c’è ancora strada da fare. Altra considerazione di TRE: nonostante l’elevata disoccupazione, in particolare giovanile, permangono assunzioni di difficile reperimento per le imprese: 1.860 nella sola industria dell’Emilia Romagna con tempi di ricerca del personale che arrivano ad 8 mesi (dati Excelsior, 2013).
In molti continuano a ritenere che gli istituti tecnici e professionali offrano tuttora maggiori sbocchi dei licei: su 2.877 giovani riminesi che hanno iniziato a frequentare le scuole superiori lo scorso settembre, il 58% è iscritto a questi istituti: 1.020 nuovi alunni ai tecnici e 637 ai professionali.
ITIS, IPSIA, IPSSCT, IPSSAR sono le scuole della cosiddetta alternanza scuola-lavoro, che come stabilito dall’Art. 4 della legge n.53/2003, prevede lo svolgimento di tirocini formativi in azienda da parte degli studenti tra i 15 e i 18 anni. I quali poi, in base all’Art. 60 del D.Lgs 276/2003, possono dedicarsi a ulteriori stage nel periodo estivo. Dalle tre o quattro settimane nel corso dell’anno scolastico, ai tre mesi durante le vacanze: il tirocinio ad oggi è l’unico vero strumento in grado di accorciare la distanza, ma non sempre si concretizza in un contratto lavorativo.
“Ci sono cose che si possono imparare solo sul luogo di lavoro – commenta la Prof.ssa Maria Rubini, responsabile dell’alternanza per l’Istituto Tecnico Commerciale Gobetti di Morciano – ma i ragazzi sono preparati, e spesso le aziende li richiedono per un secondo stage o per l’assunzione”. Proprio il Gobetti, come sottolinea TRE, è il primo istituto in provincia ad essersi aggiudicato il Progetto FIXO, promosso dal Ministero del Lavoro: una sorta di centro per l’impiego interno alla scuola, dove i curricula degli studenti incrociano direttamente l’offerta delle aziende.
Le imprese a loro volta chiedono figure specializzate. Una delle aziende locali che lavorano di più con i giovani è la Indel B di Sant’Agata Feltria, specializzata nella produzione di minibar, frigoriferi e tecnologie per l’ospitalità. Essa accoglie stagisti dagli istituti tecnici e da ragioneria. Ai giovani in arrivo dalle scuole si richiedono flessibilità mentale, capacità di muoversi nella rete e di risolvere problemi. Ma soprattutto la conoscenza delle lingue, che spesso manca. “Arrivano persone che non sanno mettere insieme tre parole in lingua o non capiscono una domanda elementare in inglese”, racconta il direttore commerciale, Gerardo Boschi.
Isabella Ciotti / Alessandra Leardini