Più che un vento, la crisi che si è abbattuta sull’Scm sembra una bufera. Spazza via certezze e speranze. Quella cassa integrazione per 900 lavoratori (di cui 400 a zero ore) proposta dai vertici dell’azienda, fa tremare Verucchio, Rimini e la provincia. Potrebbe essere diversamente, visto che parliamo di un colosso che costruisce macchine per la lavorazione del legno (secondo nel mondo), ovvero la più grande azienda del riminese coi suoi 1800 dipendenti, 2.000 nelle aziende acquisite e il notevole indotto?
Se i numeri restassero quelli forniti dal direttore generale Stefano Monetini (400 lavoratori in esubero, 500 non necessari in questo momento) si profila una primavera infuocata. La medicina proposta dai vertici Scm è amarissima. “Non posseggo informazioni ufficiali sul piano di riorganizzazione industriale – ammette il sindaco di Verucchio, Giorgio Pruccoli – infatti ho chiesto un incontro ufficiale con l’azienda”. Un primo faccia a faccia tra proprietà e istituzioni (Comune e Provincia di Rimini, Verucchio e organizzazione sindacali) è andato in scena il 5 marzo a Palazzo Garampi. “La preoccupazione è enorme – ragiona a voce alta il primo cittadino verucchiese – e davanti a tutto c’è la situazione dei lavoratori. In seconda battuta, c’è preoccupazione anche per l’impatto territoriale che il piano di riorganizzazione può contenere”. Nei dettagli non lo si conosce, ma di alcune linee si vocifera da tempo. Come la dismissione della fonderia a Rimini e l’eventuale spostamento a Villa Verucchio o a Pesaro, o la costruzione di un nuovo capannone nell’attuale parcheggio, al confine tra comune di Rimini e Verucchio. La crisi Scm ha un’ulteriore, dolorosissima faccia, quella legata all’indotto. Ancora Pruccoli. “Oltre ai dipendenti diretti, c’è da considerare l’impatto devastante della crisi e delle manovre previste per contenerla sul piccolo artigianato, che rischia di veder drasticamente ridotte le commesse sulle quali si sostiene. Si tratta di decine e decine di aziende che costruiscono il tessuto artigianale del paese”. Il dramma insomma rischia di allargarsi a macchia d’olio. “Le aziende, in mano ad una proprietà, che fanno reddito e danno lavoro e lustro, sono un patrimonio collettivo. – prosegue il sindaco – E come tale i piani di sviluppo e di recessione sono da concordare con le amministrazioni”.
I sindacati sono inferociti, sono già scesi sul piede di guerra e promettono battaglia dura. Chi è più ottimista è il presidente della Provincia. “Abbiamo ancora qualche speranza di limitare i danni” commenta Nando Fabbri. “Gli imprenditori di Scm sono sempre stati attenti al territorio, e anche in questo momento così difficile c’è, da parte loro, disponibilità al confronto. Ecco perché penso che il numero di lavoratori da mettere in cassa integrazione possa essere ridotto”. Salvare il salvabile, dunque. Scm ribatte: gli ordini sono calati del 50%, l’anno rischia di chiudersi con un fatturato dimezzato rispetto al 2008 (700 milioni di euro circa). “Con questo piano – spiega Monetini – nel giro di 2 anni siamo in grado di consolidarci e rafforzare la nostra leadership, puntando su hitech e mercati emergenti”. E il prezzo da pagare?
Paolo Guiducci