La sentenza della Corte di Giustizia europea sulle concessioni balneari è prevista tra aprile e maggio. Nell’attesa, tra le “canotte” vincono paura e incertezza e si svendono gli stabilimenti. Non c’è pace per le spiagge, letteralmente congelate: dal freddo di questa stagione invernale ma anche dal clima pungente che si protrae da quando tiene banco il dibattito sulla direttiva UE Bolkestein secondo la quale il rinnovo automatico delle concessioni balneari in Italia sarebbe illegittimo perché contrario al principio della libera concorrenza. La minaccia delle aste incombe sui bagnini da anni. Il mensile TRE, in uscita la prossima settimana con ilPonte, fa il punto della situazione su diversi fronti.
Svendesi bagnino. La prossima primavera potrebbe diventare più “rovente” che mai, qualora i magistrati dell’Unione Europea dichiarassero inammissibile la proroga al 2020 delle concessioni marittime ordita dallo Stato italiano (l’ultima di una serie).
“Cosa succederà? Non lo so. Di certo i provvedimenti comunitari non possono annullare le norme nazionali– spiega la dirigente al Demanio del Comune di Rimini, Catia Caprili -. Bisogna vedere come lo Stato italiano recepirà tali direttive. Alcuni dicono che c’è già una legge pronta”.
Intanto fioccano le svendite. “Rimini. Stabilimento balneare in vendita, 130 ombrelloni, 42 cabine, gestione ventennale. Prezzo 550.000 euro”. Questo il testo di un annuncio su subito.it. Sono lontani i tempi in cui il valore delle spiagge volava sopra il milione di euro, “ora è già molto se arrivano alla metà”, ci dicono alcuni gestori.
Sul portale mondobalneare.com il Bagno Romano di Bellaria mette in vendita i suoi 110 ombrelloni a 210.000 euro. Sullo stesso sito si contano sette compratori alla ricerca di spiagge, evidentemente non intimoriti dalla possibilità che le concessioni possano finire all’asta già nel 2016, il giorno dopo averle acquistate.
Negli anni d’oro a Rimini – proseguono gli operatori – si contavano una quindicina di cambi di gestione all’anno. Negli ultimi anni, in seguito alla direttiva europea, sono scesi a un paio. Su altri portali si legge: 165 ombrelloni a Marina Centro a 800.000 euro; nella stessa zona, 150 ombrelloni in affitto a 7.000 euro l’anno; 95 ombrelloni a Bellariva a 450.000 euro; 250 ombrelloni a Rimini Nord a 700.000 euro. Fra questi si infila anche una spiaggia privata che vuole cedere i suoi 3000 mq per un milione di euro.
Sono 592 gli stabilimenti balneari della provincia di Rimini che TRE ha censito dopo aver fatto il giro degli uffici comunali costieri. Una settantina in meno rispetto a dieci anni prima, complici anche le fusioni.
Quanti i subingressi all’anno? Pochi. “Nessuno l’anno scorso, uno l’anno prima”, dicono da Misano. “Poche unità nel 2015”, si evince da Riccione. Stessa storia a Rimini: “I soggetti sono sempre quelli, c’è troppa incertezza per poter comprare. Gli affitti di concessioni vanno soprattutto fra i ristobar”.
Paura tra gli ombrelloni. “È un periodo molto buio”, afferma il presidente della Cooperativa Bagnini di Bellaria Giorgia Valentini. “Viviamo da anni nell’incertezza.
Speriamo che il Governo intervenga dando il giusto peso alle nostre imprese. Quello che chiediamo è che nel caso di un’evidenza pubblica venga riconosciuta l’esperienza dei gestori attuali e il valore che hanno generato nel tempo. In molti hanno fatto progetti a lungo termine dando per assodata una concessione duratura”. I bagnini chiedono che venga dato loro il tempo per rientrare nelle spese sostenute.
Ma a quanto ammontano questi investimenti? È difficile che gli operatori si sbottonino. “Dipende dalle zone – prosegue la bellariese -. In alcune sono stati fatti investimenti importanti. Inoltre, il rinnovo attrezzatura viene fatto ogni anno”.
Dal Comune di Rimini precisano che nel capoluogo “oltre alla manutenzione ordinaria, i concessionari non possono fare altro, nel rispetto del piano dell’arenile”.
“Ma di quali investimenti parliamo?– replica l’avvocato Enrico Gorini che parla di vere e proprie spiagge “feudali” -. Non vedo in giro grandi interventi di ristrutturazione. E se qualcuno finisse davvero coi conti in rosso, si preveda in tal caso un paracadute sociale. Perché ad un giovane, che non è figlio di bagnini, non è dato concorrere in una gara pubblica per dimostrare di essere più bravo e meritarsi una spiaggia? Si metta tutto all’asta per non offendere il Diritto pubblico e privato”.
Cosa guadagna il Comune? Da tutte le 28 mila concessioni balneari rilasciate nel Paese, lo Stato incassa 130 milioni dai canoni annuali. Ogni bagnino paga un affitto medio per la propria spiaggia di 4.600 euro annui. In Riviera i prezzi – stabiliti dalla Regione – variano in base alla dimensione degli stabilimenti. Considerando che il valore al metro quadro della superficie scoperta è di 1,27 euro e di 2,11 euro per quella coperta, a Rimini il canone medio annuo – ci dicono dal Comune – è di 7.000 euro. A Misano, dove le zone sono più piccole, si paga la metà. A Riccione ci si allinea con la media nazionale. Quanto di quella somma va al Comune? Molto poco. Il 5% va alla Regione, e di questo l’80% rimane alla città. Un esempio? Uno stabilimento da 2.000 metri quadri paga ogni anno 2.800 euro di canone; 140 euro vanno alla Regione, la quale ne gira 112 al Comune. Questo significa che – nonostante i dati in nostro possesso non ci permettano di essere più precisi – un Comune come Rimini incassa ogni anno dai suoi 234 stabilimenti qualche decina di migliaia di euro.
Mirco Paganelli