Una benedizione. Per la Chiesa. Per il suo popolo. E per tutte le persone di buona volontà. Una botta di aria fresca che solleverà la polvere che in questi anni si è annidata negli angoli più bui della curia romana. Una figura che farà capire al mondo intero che quella Croce è amore, letizia e misericordia. Un uomo che aiuterà i fedeli a gettarsi senza paura tra le mani di Cristo.
Stefano Maria Paci, vaticanista di SkyTg24, parla così di Papa Francesco. E lo fa con una gioia limpida, pulita e travolgente. Quando nomina l’uomo “preso quasi alla fine del mondo” i suoi occhi brillano. Perché lui, Papa Francesco, lo conosce. E anche piuttosto bene. Chi, mercoledì 13 marzo, lo ha visto in diretta da piazza San Pietro se ne sarà certamente reso conto: quando con la voce resa incerta dalla sofferenza per il parkinson il cardinale protodiacono Jean-Louis Tauran dalla Loggia centrale della Basilica, ha pronunciato il nome di Bergoglio, la voce del giornalista cattolichino è stata travolta da un moto di felicità che ha trasmesso a tutti gli ascoltatori.
“In cuor mio speravo tanto in una scelta che potesse andare in questa direzione, ma non sapevo, però, vista l’età e le dimissioni di Ratzinger, se i cardinali ne avrebbero avuto il coraggio. Prima del Conclave avevo fatto preparare in redazione cinquanta profili di cardinali elettori, sperando di individuare tra essi il nuovo Papa e mandare così in onda la sua scheda una volta eletto. Con alcuni colleghi avevamo fatto le nostre previsioni, io mi ero focalizzato su tre nomi: quello di Scola, del brasiliano Braz de Aviz e l’ultima su Bergoglio e quando ho sentito dal protodiacono il suo nome, ho provato una gioia indescrivibile perché ho capito ancora una volta di come lo Spirito illumini il cammino. Papa Francesco è la figura più giusta per guidare la Chiesa in questo momento che non è certamente tra i più semplici. Per gli scandali, per i continui attacchi e per quanto è accaduto e sta accadendo nella curia romana. Papa Francesco è un uomo spontaneo, che crede ciecamente nel dialogo, che è capace di parlare al cuore degli uomini e che, soprattutto, sa che la Chiesa non è solo parole ma che deve dare l’esempio. I suoi primi gesti, da questo punto di vista, sono stati un’anticipazione di quello che sarà il suo papato: sobrietà e contatto con il popolo. Come è accaduto in occasione della prima messa nella chiesetta di Sant’Anna, con il mio amico della gendarmeria vaticana che quando lo ha visto andare improvvisamente verso la gente, per salutarla, uscendo anche dalle Mura, è impazzito. Ma Papa Francesco è anche questo, quando vede un povero, quando vede una mano protesa verso di lui è capace di stravolgere ogni schema, ogni cerimoniale. Padre Jorge supererà ogni confine, sarà capace di riavvicinare le chiese separate e soprattutto sarà capace di mostrare il volto pulito della Chiesa”.
Speranze che nascono da un rapporto diretto che Stefano Maria Paci ha avuto con Papa Francesco in questi anni.
“Ho lavorato per diverso tempo per un mensile internazionale che si chiamava 30 Giorni. Nella Chiesa e nel Mondo e proprio per uno speciale sull’Argentina alcuni colleghi incontrarono per la prima volta Padre Jorge. Si instaurò subito un gran bel rapporto tanto che ogni volta che veniva in Italia celebrava messa con noi, giornalisti del mensile, e con i nostri amici, nella Basilica di San Lorenzo. Splendide omelie, persona cordialissima e molto semplice. terminata la celebrazione si fermava per trascorrere un po’ di tempo insieme a noi. Durante quegli incontri, durante quelle chiacchierate ho sempre avuto la certezza di avere davanti a me un uomo innamorato di Cristo e della sua Croce. Un uomo alla mano, semplice, che ha sempre preso le distanze dall’opulenza della chiesa ma che, allo stesso tempo, ha sempre difeso i cardini della vita e della famiglia. Credo che veramente per tutti noi cristiani sia iniziata una nuova primavera”.
Una primavera che, Stefano Maria Paci, fa germogliare già sotto il pontificato di Ratzinger.
“Credo che Ratzinger sia stato un Papa fortemente incompreso. Quello che è stato capace di fare è straordinario, ma non ha avuto il giusto risalto. Ma sono certo che presto otterrà tutti i riconoscimenti che merita. Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente anche lui e posso assicurare che è un uomo di una grandezza spirituale e umana enorme. L’ho conosciuto sempre grazie a 30Giorni, diciamo che era il nostro punto di riferimento. Ricordo un giorno una sua telefonata, avevo intervistato Marcel Lefebvre, che per la prima volta mi annunciò l’intenzione di nominare dei vescovi. Storia di copertina, la titolammo Sarà Scisma. Ratzinger, che ancora era cardinale, mi chiamò e mi chiese se poteva ascoltare le parole usate da Lefebvre. In questo mese e mezzo, ossia da quando Ratzinger ha annunciato che avrebbe rinunciato al suo ministero petrino, ne ho sentite di tutti i colori. Credo che Papa Ratzinger abbia dimostrato un coraggio eccezionale: solo un uomo così ricco di fede può prendere una decisione di tal portata”.
Una decisione che anche Giovanni Paolo II, si dice, abbia preso in considerazione con il manifestarsi della sua malattia. A proposito di Giovanni Paolo II, il giornalista cattolichino svela con grande commozione il suo profondo rapporto di amicizia anche con il Papa polacco.
“Tutto iniziò durante un pellegrinaggio che feci da giovane. Con un gruppo di amici italiani partimmo da Varsavia e ci incamminammo verso Czestochowa. Un giorno ci venne incontro una persona e ci disse che aveva saputo di questo pellegrinaggio. Iniziammo a parlare e solo dopo ci disse che in realtà era un cardinale, il cardinale Karol Wojtyla. Passa qualche tempo, muore Papa Luciani e a Roma si prepara un nuovo Conclave. Ricordo perfettamente quel 16 ottobre del 1978: ero a studiare con alcuni amici quando ci avvertirono che c’era stata la fumata bianca e allora ci precipitammo in piazza San Pietro. Quando l’allora protodiacono pronunciò il nome del nuovo Papa avvertii un’emozione fortissima: poco tempo prima avevo parlato con il successore di Pietro! Trascorrono alcune settimane e insieme ad alcuni amici di quel famoso gruppetto decidiamo di mandargli una lettera, proprio per ricordargli quell’incontro pellegrino. Nessuno, sinceramente, pensava che si ricordasse, invece dopo pochi giorni ci fece chiamare. Quando arrivammo gli facemmo canti polacchi e italiani e poi gli raccontammo di noi e delle nostre esperienze. Era il suo compleanno, e lui ci disse non festeggiamo solo il mio compleanno, festeggiamo il complemese. Per molto tempo, andammo quindi da lui, ogni mese, il 18, la sera, e nel cortile di San Damaso in Vaticano, tra lo stupore di monsignori e guardie svizzere lui cantava insieme a noi e ci chiedeva di raccontargli come vivevamo, come se fossimo suoi studenti e stessimo facendo una scampagnata. E quando lo salutavamo, lui ci chiedeva di rimanere ancora, e intonava un nuovo canto polacco. Giovanni Paolo II è stato un grandissimo uomo, capace di avvicinare tanta gente alla fede grazie a quella sua gioia, a quella sua semplicità. Ecco, Papa Francesco mi ricorda molto la sua figura”.
Francesco Barone