Molto probabilmente, se non ci fosse il casello autostradale di Rimini Nord, a conoscere dell’esistenza di San Vito sarebbero in pochi. Una frazione che non raggiunge i 4.000 abitanti, piuttosto appartata rispetto ai principali centri urbani e circondata da terreni agricoli. Una frazione che si sente più ‘paese’ che agglomerazione urbana. Un paese, questo forse è ancora meno noto, che amministrativamente appartiene a tre comuni: Santarcangelo di Romagna, Rimini e San Mauro Pascoli.
Per scoprirlo basta entrare dalla vecchia Via Emilia: subito a destra troverete un cartello che indica San Vito, frazione di Rimini, poco più avanti, questa volta a sinistra, un altro con San Vito, frazione di Santarcangelo. Una condivisione che non elimina, nei residenti, l’impressione di essere territorio di tanti, ma spesso di nessuno.
Il centro di San Vito, dove si svolge il mercato settimanale, se di centro si può parlare, visto che l’abitato si snoda lungo un paio di strade, formalmente si sente più vicino al comune di Rimini anche se, nella quotidianità, è Santarcangelo il maggior luogo frequentato. E’ qui che si va a fare la spesa, oppure a prendere un caffè. Discorso che calza a pennello anche per i giovani.
Il paese, che per il resto appare piuttosto anonimo, ore a chi vi transita due elementi di riconoscimen to: la parrocchia, che con il Circolo Acli e le strutture sportive adiacenti, è il principale luogo di aggregazione e, un po’ nascosto e Puntaz, il Pontaccio, nei pressi della stessa chiesa. In realtà i resti attualmente visibili sono di epoca malatestiana, presumibilmente su fondamenta romane, visto il suo posizionamento lungo il ume Uso, prima che cambiasse corso, sulla direttrice della via Emilia.
Su e Puntaz ha deciso di investire il Comune di Rimini, con un progetto di “riqualicazione e valorizzazione dell’area archeologica dei ponti di San Vito”. I lavori dovrebbero partire a breve trasformando l’area, oltre ad aprirla alle visite, in uno spazio per iniziative ludico-culturali,in particolare d’estate. Una richiesta dei residenti più che ventennale, rilanciata e sostenuta dalla locale Pro Loco San Vito, unica associazione che si fa carico di promuovere eventi socio-culturali, oltre a gestire diverse attività sportive, soprattutto per ragazzi.
Perché a San Vito, la presenza istituzionale pubblica, nonostante i tre comuni interessati, lascia a desiderare. I giovani non hanno un luogo sico in cui ritrovarsi e svolgere attività ludico-ricreative, gli anziani nemmeno. D’estate quelli del Peep passano le giornate seduti sulle panchine, ma d’inverno non sanno dove andare.
Senza parrocchia e Pro Loco il paese sarebbe fermo.
Qualcuno dirà che è giusto che la società civile si dia da fare. Questo, per fortuna, accade. Ma anche il Pubblico dovrebbe far sentire, non sporadicamente, la sua presenza.
Nel confronto, torna, ancora una volta, il tema della rappresentanza dei quartieri (vedi Editoriale): per piccole cose chi può scrive all’URP del comune di riferimento, ma per questioni più complesse e impegnative, come è stato per e Puntaz, non è stato facile trovare gli interlocutori e farsi ascoltare. Certo, una rappresentanza di quartiere, per chi amministra, vuol dire avere una spina nel anco, che vuol capire, discutere e proporre. Insomma partecipare.
Questo, per chi deve prendere decisioni, è una complicazione. Non si considera, però, l’altro aspetto: che partecipazione ed esercizio della democrazia contribuiscono ad avvicinare i cittadini alle amministrazioni.
L’ultima annotazione riguarda la discreta presenza di immigrati nelle aziende agricole del territorio. Una presenza diusa, non concentrata in ghetti, più che integrata, visto che vivono abbastanza per conto loro, accettata. La locale sezione della Caritas ne aiuta diversi. In questo contesto va segnalato l’accoglienza, a San Vito, grazie ad una rete di supporto locale, di due famiglie di profughi siriani, costrette a fuggire dagli orrori della guerra. Un esempio da seguire con l’arrivo di nuovi profughi afghani.
* Si ringrazia per la collaborazione Giuseppe Mazzotti, Presidente della Pro Loco San Vito, e don Ugo Moncada, parroco della Chiesa dei Santi Vito e Modesto.
San Vito ha tante potenzialità, ma la divisione in tre comuni, non aiuta
di Martina Bacchetta
Orgogliosi di abitare a San Vito. Anche se i problemi non mancano. Soprattutto quando ci sono da fare degli interventi. Un paese diventato per certi versi un dormitorio, ma che avrebbe tanto da raccontare. Lo spiega bene uno dei suoi abitanti doc, Maurizio.
“San Vito è un piccolo paese di frazione, di estrema periferia a nord di Rimini e la sua sfortuna principale è che è suddiviso in tre comuni. Lato mare è comune di Rimini, lato monte è comune di Santarcangelo e la parte a nord del ume Uso è suddiviso tra il comune di San Mauro e Santarcangelo. Inoltre subentriamo come cambio di provincia oltre che come cambio di comune. Una frazione, un paese, si sente un paese, indipendentemente che una persona cammini sul marciapiede di Santarcangelo o dall’altra parte della strada sul marciapiede di Rimini.
Le problematiche sono comuni, i beneci o i danni di qualsiasi cosa li subiscono tutti, però le competenze, guarda caso, sono sempre di Tizio o di Caio e questo provoca diverse dicoltà. Mi sentirei di dire che San Vito è sostanzialmente un ‘dormitorio’, nel senso che non ha una comunità attiva sul posto perché siamo a due pasi da Santarcangelo, d’estate ci spostiamo al mare e quindi qui diventa quasi deserto, è vissuto pressoché dai residenti, di cui la maggior parte lavora fuori. È davvero un peccato perché si tratta di un paesino con una storia, un’anima molto antica che risale all’Impe- ro Romano, che avrebbe molto da dire se qualcuno volesse ascoltare”.
Secondo Maurizio, essenzialmente, in zona mancherebbe un comitato plurale, che non sia solo espressione della parrocchia, o di un’associazione di destra o di sinistra, un comitato che invece riunisca persone di buona volontà per pensare un po’ cosa fare, cosa organizzare.
“In passato si mettevano in piedi feste, sagre e concerti che portavano migliaia di persone ed è triste pensare che tutto questo impegno sia andato perso. Per esempio anni fa, alla festa dell’Unità, si radunavano 5.000 persone in piazza. Ora dove sono nite?”.
Per i giovani, invece, sembra non esserci davvero granché.
“C’è poco, l’unica rete di salvataggio è la parrocchia che, tramite i boyscout, magari crea gite, escursioni e varie attività. C’è poi il circolo Acli che organizza qualche evento o attività sportive. Anni fa si era lavorato per creare uno spazio per accogliere giovani e anziani.
C’era una vecchia struttura di proprietà del comune che oggi è quasi un rudere per cui si erano chiesti dei lavori di ristrutturazione, che però non si sono mai concretizzati. Purtroppo San Vito non attrae molto l’attenzione tra i residenti, e quindi i ragazzi che hanno la possibilità di muoversi, vanno fuori perché qui non trovano spazi a loro dedicati”.
Alessandro, sanvitese di adozione, abita qui da 5 anni ed è super propositivo. “San Vito ha del gran potenziale, ma tutti sono sempre e solo impressionati dalle bomboniere marittime di Rimini. Certo, e chi non ama la spiaggia, il mare, il divertimento? Ma qui in campa gna anche noi abbiamo tutto! Forse, ecco, ci manca una gelateria. C’è una piazza davvero grande, dove secondo me dovrebbero organizzare più eventi, più spettacoli, più iniziative che spingano chi non conosce bene il posto a conoscerlo meglio. Abbiamo tanto da offrire”. Potrebbe essere apportata qualche modica, qualche aggiunta in più.
“Proporrei, dato il gran numero di famiglie e cittadini con i cani, di aprire uno sgambatoio, ad esempio. Dovrebbero a breve iniziare i lavori di riabilitazione del vecchio ponte di Giulio Cesare per renderla zona pedonale. Lavori che puntano a riscoprire le tracce storiche dell’area, aumentandone la fruibilità nel rispetto della natura e del contesto, anche attraverso un percorso ad anello che dovrebbe collegare il ponte all’antico tracciato della via Emilia, al ume Uso e ai percorsi già esistenti”.
Dito puntato, invece, sul poco interesse da parte dei vari enti locali.
“Siamo come dimenticati. Eppure si parla tanto di sostegno ai giovani, dell’importanza di spronarli a co- struirsi un futuro, ma chi ci aiuta davvero? Dovremmo sempre spostarci? Fare tutto da noi? Bisognerebbe creare più opportunità. Qui chi ha successo è perché se lo è costruito da solo. Come me che ho iniziato tutto tramite una pagina web e social, ora gestisco un’attività sica e concreta. Purtroppo al giorno d’og gi se non hai gli agganci giusti non hai molte possibi- lità. Ma io ho una voce, e la uso per gridare se serve. Noi sanvitesi siamo pronti a lottare! Ci siamo anche noi e andiamo eri del nostro piccolo paesello!”