Ci sono paesi, piccoli centri nei quali storia e personaggi si fondono. Comunità nelle quali i destini e il futuro di tutti è stato messo nelle mani di pochi: leader “naturali” dal cuore buono, un grande senso di giustizia e una posizione “privilegiata”, d’azione. Il XX secolo è stato un secolo di grandi cambiamenti, due guerre mondiali, i morti, le ricostruzioni, un boom economico, un radicale cambiamento di costumi e il completo traghettamento verso il mondo globale e globalizzato. Ma quello che vediamo oggi è solo la punta di un iceberg, dietro le quinte della scena del mondo che conosciamo oggi ci sono stati dei “suggeritori di scena” veri e propri accompagnatori che hanno preso per mano comunità smarrite, forgiandole.
Don Giovanni Marconi e don Michele Sacchini tutti e due parroci a San Vito, il primo dal 1913 al 1941, il secondo l’ha seguito a ruota dal 1941 al 1979, possono dirsi due “suggeritori di scena” di razza.
Due libretti editi da il Ponte ne ricordano le vicende e ricostruiscono le storie delle loro vite nell’intrecciarsi con quelle del paese. Frutto di un lavoro parrocchiale i volumetti sono corredati di fotografie che, al meglio, fissano alcuni momenti cruciali delle vite e del tempo raccontati. Dai due volumi prendiamo alcuni stralci per raccontare quelle vite.
Un po’ di storia
La parrocchia di San Vito ha origini che risalgono a prima del Mille. Già il “Breviarium Ecclesiae Ravennati” (Codice bavaro) c.15r dell’anno 889 menziona la Pieve di San Vito in territorio riminese. Il documento parla di questa Pieve come di una realtà già strutturata, situata sulla via consolare Emilia, alle porte di Rimini. È lecito quindi supporre che le sue origini risalgano a molto tempo prima, forse al tempo dei Longobardi. È una delle sedici pievi, documentate, esistenti nella Diocesi di Rimini prima del Mille. […] Nella visita pastorale del 13 giugno 1571 il vescovo di Rimini Giovanni Battista Castelli elenca come dipendenti da San Vito le chiese parrocchiali di Santa Giustina, San Martino in Riparotta, San Giovenale, San Martino in Bordonchio, Santa Margherita di Bellaria. Alla fine del 1500 la parrocchia di San Vito è eletta sede di Vicariato con giurisdizione sulla zona situata fra la via Emilia ed il litorale da Bellaria a Rimini. […] A partire dall’Ottocento la chiesa di San Vito pieve e matrice, perde sempre di più le sue prerogative di guida e di riferimento territoriale, allo stesso modo del Vicariato, e le chiese un tempo dipendenti diventano autonome. Pur con tanti mutamenti la chiesa di San Vito è stata sede di Vicariato fino al 1964, quando la diocesi è stata suddivisa negli attuali sette vicariati.
Don Giovanni Marconi
Don Giovanni Marconi quando, nel 1913, divenne parroco di San Vito aveva quarant’anni. Uomo alto e robusto, da subito fu detto “il pretone” (e pritaun). Era nato a Savignano il 3 ottobre 1873 da Battista Marconi e Angela Giuliani. Il giorno seguente è stato battezzato nella chiesa pieve di San Giovanni in Compito con il nome di Giovanni, rinnovando il nome del nonno paterno. […] Quando don Giovanni Marconi è arrivato a San Vito come parroco, ha trovato una popolazione composta in maggior parte da contadini mezzadri, da alcuni possidenti, da artigiani e da braccianti. Le famiglie erano 414, gli abitanti 2.359. I fanciulli erano ammessi alla Cresima all’età di sette anni. L’istruzione religiosa dei bambini avveniva principalmente in famiglia, essendo difficile per tanti arrivare in parrocchia per via della distanza. Ad eccezione di pochi, tutti facevano la Comunione almeno a Pasqua. Era alta la frequenza alla chiesa e ai sacramenti. Benché divisa sotto tre comuni (Rimini, Santarcangelo, San Mauro) la parrocchia si presentava come un paese unito, con le sue tradizioni e la sua storia. Il 16 febbraio 1913 il nuovo parroco prende possesso della parrocchia e da subito la popolazione lo apprezza per la sua spiritualità, il suo spirito d’iniziativa, la sua attenzione ai poveri. Organizzava con cura le feste, la liturgia, la predicazione. Molto frequentate erano la benedizione nel pomeriggio della domenica, le quarant’ore, l’ottavario dei morti, la quaresima, la festa di Sant’Antonio Abate. I suoi parrocchiani, a lungo, lo hanno ricordato anche come un sacerdote munifico, generoso. Lui proveniva da una famiglia benestante e la parrocchia aveva quattro poderi, ma per i numerosi bisogni di quel tempo e pritaun aveva sempre un’offerta, un regalo. Possedeva inoltre un buon mezzo di trasporto: la cavalla. Un parrocchiano ricorda che veniva mandato a lui o qualche altro ragazzo a lavare la cavalla nel fiume Uso e immancabilmente riceveva un compenso. Un giorno la cavalla gli era stata rubata. Don Giovanni sapeva chi era stato, ma non lo denunciò né rivelò il suo nome per non creargli fastidi e umiliazioni. Era un pastore di animo buono che amava i suoi parrocchiani. Aveva creato per i ragazzi della parrocchia una sorta di oratorio attrezzandolo con una giostra, il tavolo delle boccette e giochi vari. Per gli adulti, specialmente nei mesi invernali, c’era il raduno serale in canonica, nella sala del camino. Lì tanti sanvitesi si incontravano, giocavano a carte, bevevano un bicchiere di buon vino offerto dal parroco.
Nel 1914, il don, fonda la Cassa Rurale di Depositi e Prestiti di San Vito, era il 25 marzo. A lui è intitolata la scuola materna che, a suo tempo, volle fortemente in un contesto di ignoranza e analfabetismo diffuso, dove i figli venivano avviati al lavoro ancora in tenera età e le famiglie si occupavano poco dell’educazione e della scuola.
Don Giovanni Marconi è morto improvvisamente il 23 maggio 1941. Aveva 68 anni. È stato parroco di San Vito per 28 anni.
Così arriva Don Michele Sacchini
Don Michele Sacchini è nato a Canonica di Santarcangelo, località Borgo Nuovo, il 2 aprile 1908 da Bruno e Caterina Montanari. Il soprannome della casa era Micalet. Era il secondo di cinque fratelli: Vinicio, Michele, Maria, Dante, Lucia.
Come la maggior parte delle famiglie di allora, i Sacchini dovevano faticare per fare quadrare il bilancio. Il padre era calzolaio e la mamma si adattava a vari lavori. In quella famiglia non mancavano fede e generosità. Un esempio dal quale si comprende come si viveva in casa Sacchini: c’era stato un tempo in cui, quando ci si sedeva a tavola, mamma Caterina faceva i piatti a tutti e poi passava a prendere qualche cucchiaiata da ogni piatto per mandare qualche cosa a due anziani vicini di casa, in situazione di estremo bisogno. Michele è stato battezzato il giorno dopo la nascita nella chiesa dedicata a San Giovanni Battista, dal Curato don Lorenzo Zangheri. Canonica allora non aveva il parroco, ma non il Curato. Infatti anticamente la chiesa e gli edifici annessi appartenevano ai “Canonici Regolari Rocchettini del SS. Salvatore”. Per questo la località si chiama Canonica. Entrando nel bel chiostro antico, a fianco della chiesa, si ha l’impressione di entrare in un convento. Era la sede di quella comunità religiosa la cui vita era scandita dalla “Regola di Sant’Agotino”. Chiesa e Abbazia, sono state rette dai Canonici regolari fino alla soppressione napoleonica (1810). In seguito i Canonici Regolari hanno conservato il diritto di nominare il Curato fino all’inizio del secolo XX, quando, alla morte del Curato Braschi don Luigi, il superiore generale dell’Ordine lasciò al Vescovo di Rimini la libertà di nominare il parroco. In questa parrocchia don Michele è cresciuto e, con la guida spirituale del curato, don Lorenzo Zangheri, ha conosciuto la vocazione sacerdotale. Dopo le elementari è entrato nel seminario di Rimini. Era un vecchio fabbricato situato a fianco del Duomo, in via Leon Battista Alberti. Lì ha studiato e ha ricevuto una forte educazione e una solida formazione in vista del sacerdozio. È stato ordinato sacerdote giovanissimo, a 23 anni, il 21 marzo 1931 dal Vescovo Vincenzo Scozzoli. Il primo incarico che il Vescovo gli ha affidato è stato quello di insegnare in seminario. Per dieci anni ha insegnato italiano, latino e musica. Il 23 maggio 1941 moriva a San Vito il parroco don Giovanni Marconi. Il Vescovo ha nominato subito don Achille Polazzi, giovane sacerdote di San Vito, amministratore della parrocchia, in attesa della nomina del nuovo parroco. Don Michele, che aveva 33 anni, ha partecipato al concorso (allora si faceva così) e, avendolo vinto, la parrocchia è stata affidata a lui. Nominato parroco il 23 luglio 1941, il 15 agosto dello stesso anno, festa dell’Assunta, ha fatto il suo ingresso in parrocchia. La popolazione di San Vito l’ha atteso alla Colombaretta e poi, in corteo, l’ha accompagnato alla chiesa.
a cura di Angela De Rubeis
Nella foto, il vescovo Locatelli e don Michele Sacchini