“Rimini ha attuato politiche economiche che hanno scatenato la concorrenza e le aperture domenicali”. Non si nasconde dietro un dito l’assessore alle Politiche Economiche di Savignano Nazzareno Mainardi, anzi il dito lo punta anche su quella riviera troppo ansiosa di
commercio libero sempre e comunque.
“Riprendiamoci almeno le festività più importanti” è l’idea del Comune di Savignano sul Rubicone, quello del cesareo “dado è tratto”, territorio caratterizzato dalla presenza dell’Iper Rubicone, aperto dal 1992 e con 37.400 mq di superficie coperta il più grande della regione. L’assessore alle Attività economiche Nazzareno Mainardi insieme al collega al Centro storico, Piero Garattoni, ha redatto una proposta portata e votata a maggioranza in Consiglio Comunale: basta negozi aperti tutto l’anno, ma chiusure almeno nelle dodici festività considerate più importanti, Natale e Santo Stefano, ad esempio, ma anche 1 e 6 gennaio, Pasqua e Lunedì dell’Angelo, 15 agosto, 1 novembre e 8 dicembre, oltre a ricorrenze civili come 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno. “Queste date vanno rispettate perché rappresentano la storia e i fondamenti del nostro stare insieme, civile, sociale e religioso. – spiega l’assessore Mainardi – Con grande senso di responsabilità e rispetto per la persona, chiediamo la chiusura di dodici giornate all’anno. Basta inginocchiarsi allo strapotere dell’economia”.
All’idea di riprendere in mano la domenica ha però voltato le spalle la minoranza (quattro consiglieri, tranne Antonio Urbini che ha detto sì). “Evidentemente non hanno compreso i principi guida della proposta: in primis il valore umano e il rispetto per le persone e i lavoratori dipendentirilancia Mainardi. A sostegno del Comune di Savignano si sono schierate apertamente Confcommercio, Confesercenti e sindacati, da sempre contrari nel Rubicone alle aperture nei giorni festivi. L’assessore promuoverà l’idea della chiusura nelle festività presso tutti i Comuni limitrofi della Valle del Rubicone, associazioni di categoria, sindacati, mondo economico e tutto il mondo politico e sociale. Con un occhio alla riviera.
Verrebbe da dire: da che pulpito viene dal predica. Di recente Savignano aveva infatti lottato – in primis ingaggiando battaglia contro le associazioni del commercio – per ricevere la definizione di “Città turistica”, qualifica che garantiva l’apertura dei negozi 23 domeniche all’anno, concordate con associazioni, sindacati e imprese. Poi il decreto “Salva Italia” del Governo Monti ha liberalizzato senza limiti e distinzioni aperture e orari. Ora l’Amministrazione chiede di rivedere il calendario. Una netta inversione di tendenza. “Le aperture nei festivi ledono il diritto alla festività domenicale, alla possibilità di frequentare le proprie famiglie, i figli. – rilancia Mainardi – Andare sempre di corsa senza un attimo di respiro ci fa perdere umanità”. La questione è anche economica. “Le aperture domenicali non portano benefici neppure alla grande distribuzione: nei grandi centri commerciali i dipendenti vanno pagati il doppio e a conti fatti il gioco non vale la candela”.
L’assessore fa i conti in tasca alla categoria? Un commerciante del centro storico di Savignano non teme il confronto. “I negozianti di Savignano hanno testa e cuore. Quando la prima domenica del mese la città ospita il mercatino dell’antiquariato, solo due-tre negozi del centro alzano la saracinesca. Tutti gli altri restano chiusi per rispettare la festività, perché non contano solo quei due soldi guadagnati in più, ma anche il riposo, la famiglia e la socialità”.
L’assessore Garattoni mette sul tavolo un ulteriore elemento di discussione. “È bene restituire alle Regioni la competenza di regolamentare la disciplina degli orari e delle aperture nei gironi festivi nell’ambito del commercio. – spiega – Non deve essere lo Stato centrale a decidere, ma il territorio locale con le sue componenti sociali economiche e istituzionali”. Da qui la richiesta inviata alla regione: stop alle aperture festive indiscriminate.
E. Pasolini / P. Guiducci