Una nuova strada o un nuovo complesso abitativo, il bosco e il parco tagliati a metà: uccellini che non comunicano più tra loro, popolazioni di piccoli mammiferi che non si incontreranno mai più.
In periodi come questo, quando anche l’edilizia ha gettato l’àncora sul fondo di una crisi di cui non si intravvede la via di uscita, parlare di rispetto per l’ambiente sembra inadeguato. Invece è proprio in momenti simili, quando occorre studiare nuovi percorsi di crescita, che è bene abbozzare prospettive di recupero e conservazione dell’esistente.
Sono tanti i piani a livello locale che in questi ultimi anni si sono succeduti per studiare nuove forme di utilizzo del territorio: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale; Piano Strutturale Comunale; Piano Strategico: insomma, i Piani non mancano.
Ma davvero sta cambiando il modo di considerare la risorsa suolo da parte di chi costruisce, della pubblica amministrazione e anche dei semplici cittadini?
“Diciamo che più che una nuova sensibilità verso l’ambiente, si va comprendendo che così non è più possibile andare avanti – risponde Lorenzo Bruschi vicepresidente regionale Wwf e responsabile del Centro recupero animali selvatici di Rimini – gli enti locali non riescono più a gestire il territorio come si faceva in passato: a fronte di nuovi insediamenti, con i cittadini che chiedono adeguati servizi per le proprie abitazioni, gli enti pubblici, anche a causa dei fondi sempre più scarsi, non riescono a dare risposte. Per non parlare dei problemi più strettamente legati all’ambiente”.
Ad esempio?
“Il consumo di suolo fertile per costruire ci porterà a pagarne le conseguenze in futuro, stiamo già osservando come l’impermeabilizzazione del suolo renda sempre più difficile la ricarica delle falde, facendo esaurire una risorsa fondamentale per la sopravvivenza come l’acqua potabile”.
La previsione è che, comunque, un settore importante come quello dell’edilizia non si fermerà, ma dovrà volgersi verso nuove sfide, come la riqualificazione dell’esistente anche grazie a nuove forme di economia sostenibile.
Quali accorgimenti possono essere adottati per far sì che gli insediamenti umani non gravino troppo sull’ambiente?
“Uno dei maggiori pericoli per i volatili è la presenza di vetrate negli edifici. C’è una tendenza ad utilizzare sempre di più il vetro: in esso si riflette la vegetazione e gli uccelli vi sbattono contro e perdono la vita. Basta apporre alla vetrata qualcosa di visibile, come un adesivo colorato, un gadget, un nastro per far vedere che lì c’è una barriera, o utilizzare tecniche già sperimentate in altri paesi”.
Quali altri elementi ostacolano e distruggono l’habitat animale?
“Diciamo che ogni volta che si costruisce qualcosa, o arriva una nuova strada o un ponte, le aree territoriali oltre a ridursi restano frammentate. Gli animali oltre ad avere meno territorio a disposizione hanno più difficoltà ad incontrare i consimili. Anche il rumore, sovrastando il canto degli uccelli ne impedisce la comunicazione. Oppure nel caso del Toporagno o altri piccoli mammiferi, basta una stradina in ghiaia per dividere un habitat. Sono abituati a stare nell’erba e ogni cambiamento costituisce un valico insormontabile dove non si avventurano. Faremo una guida in futuro per dare consigli riguardo all’ambiente urbano. A volte bastano piccoli accorgimenti. Molte situazioni sono descritte anche nel testo Rimini verso la città ideale che quattro associazioni che si occupano di ambiente hanno redatto”.
Come si può contribuire a salvare il salvabile?
“Parlando in termini più vasti, molto importanti sono i corridoi ecologici. Nel riminese i principali sono i fiumi Marecchia e Uso (ma anche Ausa e Ventena). Si tratta di zone a continuità vegetazionale con zone boschive non interrotte. Occorre metterli in rete e se possibile crearne di nuovi”.
Dove è possibile creare nuovi corridoi ecologici a Rimini?
“Solo nella zona nord, a parte Viserba dove ormai non c’è più spazio, nella zona a monte della ferrovia di Viserbella e Torre Pedrera si potrebbero ripristinare alcuni spazi, lì dove sono anche previste le pinete all’interno del Piano Strutturale”.
Parlando invece di attenzioni più alla portata dei cittadini?
“Restando sempre nell’ambito delle abitazioni ricordiamo che i giardini sono molto importanti. A volte evitare di pulire tutto alla perfezione, spazzando foglie secche e togliendo ogni pezzo di legno, può servire per far sopravvivere insetti che si riparano magari sotto una catasta di legna. Di essi ci cibano i volatili e i ricci. Magari basta spazzare e pulire le parti in cui è previsto il passaggio, senza eliminare del tutto le parti incolte che spesso si rivelano molto utili per gli animali”.
Il territorio dunque come elemento da salvaguardare a diversi livelli. Per la sopravvivenza della fauna e del mondo vegetale. Una risorsa che vede a livello nazionale ogni anno 50mila ettari di suolo consumati con un comportamento da parte delle Amministrazioni, interessato, soprattutto in passato, ad incassare gli oneri delle nuove urbanizzazioni. Più si costruiva meglio era, senza interessarsi al come. Le associazioni ambientaliste e non solo loro, richiedono da tempo una legge dello Stato che regoli l’uso del territorio, che lo consideri bene comune come l’acqua. Per fare in modo che Regioni e Comuni sappiano come comportarsi. L’auspicio è che gli appelli non cadano nel vuoto: quando alluvioni e altre catastrofi dovute all’uso forsennato delle risorse, arrivano, poi è sempre troppo tardi.
Silvia Ambrosini