Dopo due lunghi mesi di didattica a distanza, sembra che gli studenti delle scuole superiori possano tornare a sedersi tra i banchi delle proprie classi (al momento di andare in stampa, però, non c’è ancora la certezza assoluta).
Con il DPCM del 3 dicembre 2020 il governo italiano ha fissato la data del rientro al 7 gennaio 2021, proponendo una riapertura graduale che vedrebbe il 75% dei ragazzi in presenza e il restante 25% a seguire le lezioni da casa. Tuttavia, anche se in un primo momento questa decisione sembrava già rappresentare una certezza, alla luce della curva epidemiologica ancora preoccupante il Comitato Tecnico Scientifico si è mostrato dubbioso all’idea di mobilitare un numero così elevato di persone che potrebbero contribuire in larga misura allo scoppio di una terza ondata di coronavirus prevista per i primi mesi dell’anno nuovo.
Nonostante il Piano Scuola presentato a metà dicembre dal Ministro dell’Istruzione, volto a risolvere alcune delle criticità riscontrate nei mesi precedenti, prima tra tutte l’affollamento dei trasporti pubblici, proponendo la distribuzione di fondi destinati all’acquisto di nuovi mezzi e orari scaglionati per l’ingresso degli studenti, anche le Regioni continuano a chiedere dei passi indietro, sottolineando come le condizioni degli edifici scolastici, delle aule e della mobilità studentesca siano rimaste quasi del tutto invariate rispetto a settembre, quando la riapertura si è dimostrata tutt’altro che sicura: già dai primissimi giorni di ripresa della didattica in presenza, infatti, diversi licei riminesi hanno avuto a che fare con studenti e professori positivi, classi in quarantena, indagini epidemiologiche estese ad interi istituti e addirittura la sospensione delle attività didattiche disposta dal Comune a causa della presenza di troppi casi di Covid-19. Un ritorno in classe, quindi, è effettivamente sicuro e, soprattutto, duraturo?
Il parere dei giovani di Rimini
Secondo i giovani riminesi, che continuano a confrontarsi con questa domanda in attesa di una risposta definitiva, non è neppure detto che ci sarà un rientro: “A malincuore, – sono le parole di Marco e Silvia, a nome di un nutrito gruppo di studenti di Rimini – crediamo che la scelta più sicura sia quella di proseguire con la didattica a distanza almeno fino all’inizio del secondo quadrimestre o verso l’avvio della primavera, in modo da evitare per quanto possibile la diffusione del virus anche alla luce del delicato periodo delle vacanze natalizie, senza azzardare una riapertura sulla base di proposte ancora immature e dalla dubbia efficacia che non considerano che un’eventuale ripresa delle lezioni in presenza darebbe il via libera alla socialità tra i ragazzi e, di conseguenza, ad un aumento vertiginoso di casi”.
In molti, inoltre, non sarebbero affatto tranquilli se si dovesse tornare a scuola: “Ricominciare a seguire le lezioni in presenza metterebbe alcuni di noi abbastanza a disagio, non perché le condizioni di sicurezza negli istituti scolastici non siano ad un buon livello, anzi, le linee guida che abbiamo sperimentato a settembre li rendono senza dubbio dei luoghi sicuri a livello di contenimento del contagio, è solo questione di abituarsi alle regole anche se stringenti: il problema è che sono in pochi a rispettarle completamente. Se da parte dei nostri coetanei ci fosse una maggiore sensibilità alla gravità della situazione e un controllo maggiore del rispetto delle norme, la serenità tra i banchi aumenterebbe notevolmente”.
Il paradosso dei trasporti
La maggiore criticità della riapertura secondo i ragazzi non è quindi rappresentata dalla gestione dell’emergenza nelle scuole in sé, ma da tutto ciò che ruota attorno a questo intricato processo, in modo particolare dalla mobilità degli studenti: “Già da settembre ci sentivamo come se le regole da rispettare all’interno della scuola venissero vanificate una volta usciti a causa degli assembramenti dei ragazzi che aspettavano l’autobus alla fermata.
I mezzi inoltre erano quasi sempre pieni, talvolta sovraccarichi, e diversi passeggeri non rispettavano le norme previste. Ci sembra evidente quindi che non è possibile tornare in presenza finché la questione dei trasporti pubblici non verrà risolta applicando delle misure concrete”.
Il nodo della Maturità
Questo, però, non diminuisce il desiderio dei liceali di poter tornare nuovamente a sedersi tra i banchi e non più davanti agli schermi sulle proprie scrivanie, chiacchierando con i propri compagni senza il bisogno di messaggi e videochiamate e ricominciando a respirare una parvenza di normalità all’interno di una situazione così stressante e svantaggiosa, soprattutto per alcune categorie di studenti, primi tra tutti i maturandi, a cui non è stato ancora comunicato nulla sullo svolgimento dell’Esame di Stato: “Siamo abbastanza preoccupati – spiegano Maria e Giovanni, maturandi di Rimini – perché temiamo che non si prenderanno abbastanza in considerazione le nostre difficoltà causate dai due quadrimestri di didattica a distanza, a cui forse se ne aggiungerà addirittura un terzo, in cui seguire le lezioni e apprendere i concetti fondamentali è molto più complicato: se dovessero quindi proporci un esame tradizionale con tanto di prove scritte non avremmo assolutamente una preparazione adeguata per affrontarlo, per cui speriamo che il Ministero dell’Istruzione riesca a comprendere che non possiamo e non dobbiamo avere un esame che non tenga conto della particolarità del nostro percorso scolastico”.
In una situazione del tutto insolita si ritrovano anche i ragazzi che hanno appena iniziato il loro percorso all’interno delle scuole superiori, che hanno perso dei mesi fondamentali per comprendere se hanno preso la strada giusta.
Ce ne parla Luca, liceale riminese: “Fin dalla terza media ho sempre sentito che la scuola che frequento sarebbe stata quella giusta per me e dopo i primi giorni di lezione non avevo più dubbi, quindi la didattica a distanza non ha inciso particolarmente sull’opinione che ho del mio liceo. Riconosco però che sono stato fortunato, dato che conosco alcuni miei coetanei che ancora non sono sicuri della loro decisione, perché il quadrimestre in presenza non è bastato a chiarire loro le idee e sembrano seguire le lezioni come se fossero lì per caso, e non nego che la questione sia abbastanza preoccupante”.
Giulia Cucchetti