Soldi sotto al materasso? A guardare il recente crollo delle borse mondiali ed il clima generalizzato di sfiducia verso il mondo bancario, la vecchia soluzione dei nostri nonni parrebbe se
non la più ragionevole, forse la meno rischiosa.
Quello del colosso Lehman Brothers è solo l’ultimo grande crac di una lunga serie e le conseguenze, a distanza di anni, degli scandali Parmalat, Cirio, e bond Argentini, coinvolgono ancora oggi tanti risparmiatori: alla sede provinciale di Federconsumatori, dal 2002 hanno chiesto una prima assistenza legale un migliaio di risparmiatori traditi. Di questi, 500 per bond argentini, 200 per il crac Parmalat, i restanti 300 per default (impossibilità di rispettare le clausole contrattuali con gli investitori-creditori) Cirio, Giacomelli e, un centinaio, per il recente crac Lehman, per lo più persone che hanno acquistato negli ultimi anni le omonime obbligazioni (ma molti non lo sanno, avvertono i legali dell’associazione) per un investimento medio, a testa, di 30mila euro.
Su mille contatti circa 300 sono sfociati, laddove non sia stato possibile arrivare a risoluzioni bonarie con l’istituto di credito, in contenziosi giudiziari; una decina di questi, andati a sentenza, si sono risolti tutti a favore del risparmiatore.
“Si tratta di casi – spiega Federico Gambini, responsabile Sportello bancario di Federconsumatori (per consulenze: 345.4692333) – in cui il funzionario di sportello o il consulente non conosceva il prodotto che andava a vendere e non poteva quindi neppure mettere all’erta l’investitore da eventuali rischi”.
Poca consapevolezza, ma si rischia…
Un problema di informazione, dunque, che unito ad una buona dose di incapacità del cliente di comprendere e valutare quanto gli viene proposto, oltre che ad un certo disinteresse dei comuni cittadini verso l’intricato panorama finanziario, ha mandato in fumo milioni di risparmi.
Secondo uno studio della Banca d’Italia (2006) più del 60% degli italiani, posti di fronte a domande relative all’andamento dei propri investimenti, non ha saputo rispondere. Ma, quel che è peggio, sempre nel 2006, il 25% dei portafogli degli stessi disinteressati risparmiatori era investito in azioni (il 25% in liquidità, il resto in altri prodotti). Dunque ci si informa poco, ma si rischia.
Di tutti questi temi si è parlato nell’ultima puntata di Tutto Rimini Economia, il nuovo programma di approfondimento a cura della redazione del mensile TRE (supplemento de il Ponte), in onda tutti i venerdì alle 21,15 su È Tv – Icaro Rimini Tv. Al centro della puntata, il problema dell’informazione sui prodotti finanziari nel rapporto banca-cliente e le tutele a favore del risparmiatore, sia al momento della sottoscrizione di un investimento sia in caso di eventuali perdite.
Tra questi diritti rientra la normativa europea Midif che obbliga le banche a somministrare al cliente un lungo e dettagliato questionario per sondare conoscenze, esperienze ed esigenze relative agli investimenti proponibili e, in base a queste, scegliere il prodotto più adatto. “L’operatore – ha sottolineato Nazareno Gabrielli – responsabile commerciale di Eticredito, Banca Etica Adriatica – deve essere in grado non solo di raccogliere informazioni e dati, ma di capire le esigenze del cliente e renderlo consapevole del fatto che se chiede un titolo capace di garantire un rendimento alto, sta chiedendo anche un certo rischio”.
Un’assistenza che deve proseguire anche nella fase post-vendita: “Non esiste un investimento corretto in assoluto – ha aggiunto Gabrielli – a corretto in base alla singola situazione (per fare un esempio, il pensionato piuttosto che il giovane che inizia a lavorare)”.
Le linee guida del risparmio
Ma molte volte, secondo il polso della situazione di Federconsumatori Rimini, le banche si mostrano carenti a livello informativo e se assistenza viene fatta, questa ha luogo solo al momento della negoziazione di un prodotto finanziario: “Ci sono casi di investitori – ha ricordato Federico Gambini – .
Il problema, ha risposto Stefano Clementi, responsabile area finanza di Banca Malatestiana, dipende dal fatto che gli stessi esperti bancari e finanziari finiscono per avere spesso, come linee guida, strumenti di valutazione dei titoli di credito che si rivelano fuorvianti. “La nostra banca, che anche di fronte alle crisi passate è andata incontro ai clienti con un recupero, per i risparmiatori che hanno subito perdite, del 10% netto all’anno per dieci anni, ha fatto la scelta di scartare a priori prodotti non sufficientemente sicuri, come bond o obbligazioni emergenti, poco conosciute. Se dal questionario Mifid che si fa firmare emerge che il cliente non ha mai visto un’azione, la banca non la deve consigliare”.
“Le agenzie specializzate nella valutazione delle società che emettono i titoli – ha spiegato Gabrielli di Eticredito – spesso, in passato, hanno giudicato di alta qualità società poi andate in default. Di qui la necessità, che sta emergendo alla luce della attuale crisi finanziaria, di generare società indipendenti, controllate da organi statali”. A maggior ragione se si considera, ha commentato il direttore di TRE, Primo Silvestri, “che spesso le società che danno i voti ai prodotti finanziari sono le stesse che li hanno consigliati a banche e società emittenti”.
Le tutele
Che fare dunque di fronte ad un mercato che non è esule da conflitti di interesse? Delle tutele per il piccolo risparmiatore ci sono, anche in caso di perdita. L’art. 100 bis del Testo Unico della Finanza, ad esempio: se un istituto di credito ha venduto in maniera sistematica alla clientela comune (in gergo, retail prodotti riservati esclusivamente ad una clientela qualificata (investitori istituzionali) poi falliti, allora la negoziazione può essere anche considerata nulla. È il caso dei bond Argentina, inizialmente destinati esclusivamente a investitori istituzionali, ma poi riversati sui piccoli e ignari risparmiatori. Con le conseguenze che conosciamo.
Alessandra Leardini