Caro amico, forse tu pensi che il percorso sinodale consista in una serie di incontri nei quali l’argomento principale riguarda la vita pastorale nei suoi vari aspetti; ad esempio come ‘organizzare’ meglio le attività della parrocchia, o quali scelte siano più opportune per una comunità in cui tutti siano corresponsabili… o altre cose simili. A mio parere, se ci incamminiamo in questa direzione, sbagliamo compietamente. Sono altri gli argomenti prioritari e fondamentali del percorso sinodale. In particolare, credo che le domande a cui porre privilegiata attenzione siano soprattutto due. La prima: “Come stiamo vivendo la nostra fede in Cristo risorto?”.
La seconda: “Che cosa vuol dire vivere questa fede, nel contesto della cultura post moderna?”.
In questo articolo mi soffermo sulla prima; dell’altra proverò a dire qualcosa la settimana prossima.
Ci sono alcune premesse, o aspetti preliminari, che possono aiutarci a comprendere quanto sia importante raccontarci fraternamente la nostra fede, come un dono prezioso da condividere.
Il punto di partenza, che siamo chiamati ad assumere come orizzonte di vita, è la fine della cristianità. Nel mondo da cui veniamo, cioè la società cristiana ormai alle nostre spalle, tanti modi di vivere venivano trasmessi in forma sociale: in famiglia, in parrocchia e nella società ‘si respirava Dio! Oggi, il clima culturale e spirituale della post modernità, ci rende consapevoli di questo pericolo: la fede non è garantita per continuazione automatica, o per resistenza, e neppure per opposizione rispetto a questo mondo.
La vita di fede ha bisogno di una forte esperienza interiore, di scelte concrete guidate dal Vangelo, e di condivisione e sostegno fraterno. Abbiamo bisogno di aiutarci, di emularci a vicenda, “La fede non è garantita per continuazione automatica, ha bisogno di scelte concrete’ accogliendo e facendo tesoro di quel fuoco di amore e di vitalità interiore che la fede sa suscitare nei discepoli di Gesù. E questo non certo per auto stima o per vanto, ma per testimoniare la grazia e l’opera dello Spirito.
Ora, rispetto a questo argomento, non stiamo parlando di ‘altri,’ magari dei cosiddetti ‘lontani! No, parliamo di noi!
Sì, proprio coloro a cui sta più a cuore la chiesa e il suo futuro. Noi, tutti noi, certo senza escludere nessuno, siamo chiamati a ripensare a quanto e a come, davvero, la dimensione cristiana faccia parte della nostra vita, a quanto Gesù risorto ne sia davvero il cuore e il centro propulsore.
Ecco infine un ultimo aspetto importante, di cui è opportuno tenere conto: in forme e modi spesso non avvertiti e non consapevoli, ma di fatto, si è lentamente creata una distanza, una separazione tra ciò che crediamo e ciò che viviamo, tra ciò che diciamo e la vita concreta e reale. E questo, a partire da noi stessi.
Se queste premesse hanno un qualche fondamento di verità, allora penso che tutti quanti possiamo convenire sull’importanza di non dare per scontate la nostra fede e la nostra vita cristiana, come se fossero delle premesse sicure e garantite. Sempre, e particolarmente oggi, siamo chiamati a ritornare alla sorgente, a rimotivare il senso della nostra sequela di Gesù, a ravvivare il fuoco dello Spirito.
Per dare una dimensione più concreta a quanto sto cercando di dire, mi provo ora a presentare una serie di ‘domande, che sono piuttosto ambiti tematici a cui possono corrispondere, in fase esecutiva, cioè nel percorso sinodale, modalità e forme molto originali, vivaci e stimolanti.
Ecco dunque alcuni ambiti di riflessione, su cui possiamo donarci reciproca testimonianza.
Cosa so dire io di Gesù? Cosa ho scoperto di lui, nelle esperienze della mia vita?
Quali parole della Scrittura, e soprattutto del Vangelo, illuminano e sostengono la mia vita?
Come cerco di collegare l’esperienza della fede con le varie situazioni, scelte e prove della vita?
Come il Vangelo e la mia vita cristiana mi aiutano a comprendere questo mondo?
Queste esperienze di dialogo, di ascolto, e di reciproca edificazione possono costituire un punto forte, un momento importante del nostro itinerario sinodale; in effetti, il dialogo fraterno, la partecipazione di comunione, in cui ci facciamo dono gli uni gli altri di ciò che è più prezioso, possono aprirci allo stupore su quanto lo Spirito opera in noi, sul miracolo, sempre nuovo, della grazia che trasforma la nostra vita e sa rinnovare la storia.
Certo, possono emergere anche le nostre fragilità e incertezze, ma sono sicuro che rimarremo sorpresi di quanta grazia, di quanta bellezza e ricchezza di vita interiore si nasconde nella semplice vita di tanti, magari di quelli che meno risaltano alla ribalta, delle nostre comunità e del mondo.
(3 – continua) Don Pierpaolo Conti