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Riscoprire un titolo dimenticato

Le postillon de Lonjumeau, con al centro il protagonista Francesco Demuro - PH Barbara Aumüller

All’Opera di Francoforte è andato in scena Le Postillon de Lonjumeau in un fantasioso e divertente allestimento 

FRANCOFORTE, 6 marzo 2025 – Grazie a un’antica consuetudine esecutiva, soprattutto in lingua tedesca, Le Postillon de Lonjumeau godeva un tempo di grande popolarità fra i tenori, che vedevano in quest’opéra-comique una preziosa occasione per sfoggiare le loro doti. Oggi purtroppo è un titolo pressoché ignoto, mentre rappresenterebbe la gradevole testimonianza di un passato, neppure troppo lontano, in cui in palcoscenico abbondavano i mattatori: basterebbe pensare allo svedese Nicolai Gedda, che ne è stato insuperabile protagonista, come testimoniato da una piacevolissima versione cinematografica del 1965. D’altra parte, oggi, ben pochi fra i grandi cantanti si cimenterebbero con la musica di Adolphe Adam, noto quasi esclusivamente come autore del balletto Giselle.

Il tenore Francesco Demuro (Chapelou) e il soprano Monika Buczkowska-Ward (Madeleine) – PH Barbara Aumüller

Il libretto di gusto squisitamente francese, che de Leuven e Brunswick scrissero nel 1836 per Parigi, mette al centro di una fragile e abbastanza pretestuosa vicenda il giovane Chapelou, postiglione canterino. Proprio il giorno delle nozze, lascia la neosposa e il proprio paese Lonjumeau (località poco lontana da Parigi e non di fantasia) per essere scritturato in qualità di tenore alla corte di Louis XV. Dieci anni dopo, quando ormai si trova all’apice del successo sotto lo pseudonimo di Sant-Phar, la moglie abbandonata – divenuta nel frattempo una ricca ereditiera – si mette alle sue costole e, senza farsi riconoscere, lo seduce e lo sposa nuovamente, facendolo così passare per bigamo.

È merito della programmazione di Oper Frankfurt aver inserito questo titolo in cartellone, tanto più che a distanza di pochi giorni è stato seguito dalla première di Doktor und Apotheker, un Singspiel comico di Dittersdorf che si pone come ideale pendant a Le Postillon: ossia due farse, accomunate dall’alternanza tra canto e parti recitate. A rafforzare ulteriormente il legame tra questi due esempi di teatro musicale è intervenuto, poi, l’impianto scenico ingegnoso e versatile di Kaspar Glarner, artista visivo svizzero ormai dedito all’opera. Anche l’intelligente e spiritosa regia di Hans Walter Richter punta sulla valorizzazione della scatola scenica ruotante ideata da Glarner: capace di trasformarsi, a seconda dei casi, nella locanda dove si festeggia il matrimonio del postiglione, come pure nel teatrino di corte in cui si esibisce il divo Saint-Phar. Ed è deliziosamente ironica – l’opera che sta andando in scena è Castor et Pollux di Rameau – la rievocazione delle rappresentazioni d’epoca barocca, di cui vengono parodiate le soluzioni scenografiche (nuvolette che calano dall’alto, pesci che fuoriescono dalle onde per finire fra le braccia degli interpreti…). Spiritosissimi, infine, pure i costumi di Glarner, soprattutto quelli che valorizzano la metamorfosi della mogliettina Madeleine da ostessa di paese in gran dama di corte.

Alla guida dell’Orchestra di Francoforte – formata da elementi dell’Opera e del Museum – e del Coro dell’Opera (molto ben preparato da Álvaro Corral Matute), il direttore Beomseok Yi ha puntato sulla piacevolezza di una musica scorrevole e aproblematica, dedicando attenzione ai mutamenti delle atmosfere, soprattutto quando trascolorano nelle sfumature notturne. Ha poi sottolineato i parodistici echi barocchi legati alla messinscena di teatro nel teatro e posto grande attenzione ai momenti corali, delineati attraverso un andamento di danza che rappresenta il punto di forza della partitura di Adam.
Per il protagonista sarebbe necessario un fuoriclasse. Il tenore italiano Francesco Demuro, che ha una certa consuetudine con il repertorio francese, è venuto onorevolmente a capo delle tre impegnative arie (particolarmente scintillante l’orchestrazione della prima) che deve affrontare in ogni atto. Pur senza una voce di particolare pregio, il soprano polacco Monika Buczkowska-Ward è apparsa una Madeleine sempre corretta e spigliata. Come fabbro Bijou, destinato a sua volta ad una metamorfosi canora che lo trasformerà nel corista Alcindor, il basso Joel Allison ha mostrato buona verve seppure con qualche limite di sonorità, come pure volume deficitario ma ottimo gioco scenico caratterizzava il Marchese de Corcy incarnato dal baritono Jarrett Porter. Quanto al giovane Morgan Andrew King, nella parte del pavido e pasticcione Bourdon, è stato un’onorevole spalla.
Nei ruoli non cantati, davvero efficace e spiritoso Gabriel Wanka (anche coreografo dello spettacolo) interprete della cameriera Rose ‘en travesti’. Ma la regia – ideando un breve prologo recitato – inserisce fra i personaggi pure Louis XV: un innesto non intrusivo, anzi utile a chiarire gli sviluppi della trama, che l’attore Wolfgang Gerold disbriga con tutta la prosopopea e il carisma necessari a un sovrano.

Giulia  Vannoni