Dimenticatevi la classica immagine del riminese “bamboccione” che si fa pagare da mamma e papà gli studi universitari in un’altra città, appartamento compreso. La nuova parola d’ordine, da un po’ di tempo a questa parte, è diventata “rinuncia”, anche all’interno dei nuclei familiari che non avevano mai dovuto fare i conti con la cosiddetta “austerity”. Sono proprio i giovani a riscoprire il senso del sacrificio e a rimboccarsi le maniche per aiutare i genitori a far quadrare i conti. C’è chi sognava di partire per un’ateneo fuori provincia e farsi un’esperienza in affitto con gli amici, e ha finito invece per iscriversi al Polo riminese e cercare allo stesso tempo un lavoro part-time per non pesare troppo sui bilanci familiari. La crisi economica, insomma, sta ribaltando il tradizionale concetto di solidarietà “dall’alto” e i giovani, molto spesso, sono i primi a prendere atto delle difficili condizioni e a rimettersi in gioco.
È una delle scoperte più interessanti che emergono tra le righe dell’indagine Come agisce un territorio in tempi di crisi economica, che la Provincia di Rimini ha portato avanti negli ultimi tre anni: tre interviste a distanza di sei mesi, a 54 persone appartenenti al cosiddetto ceto medio (45 italiani e 9 stranieri), di diverse condizioni sociali e professionali (imprenditori, disoccupati e cassa integrati). Seguite passo dopo passo nella loro corsa ad ostacoli nelle vie della recessione.
In questo modo, fa notare l’assessore provinciale al Lavoro Meris Soldati, “abbiamo potuto riscontrare come la percezione della crisi e i comportamenti correlati sono cambiati nel tempo. Il dato più preoccupante è quello di un disorientamento crescente che rischia di tradursi in isolamento”. Da qui la necessità per le pubbliche amministrazioni, “di far sentire intorno alla persona l’attenzione del territorio”.
Un altro aspetto non troppo scontato è la caduta del mito del riminese che si è sempre fatto da sé: “Quello che viene fuori – sottolinea Marco Vincenzi dal Centro Studi della Provincia – è un bisogno sempre più forte di essere ripresi per mano dalle istituzioni”.
La ricerca ha preso in esame tre categorie: giovani appena diplomati o laureati alle prese con l’ingresso nel mondo del lavoro; i più “grandicelli”, nella fascia tra i 30 e i 40 anni, che causa crisi, si sono trovati di nuovo disoccupati o in cassa integrazione; infine, i più maturi, ai quali mancano pochi anni per raggiungere la pensione e che con la crisi vedono allontanarsi l’atteso traguardo. “Quest’ultima fascia è quella che fatica di più a riprendersi” commenta l’assessore Soldati. Ma molte difficoltà sono state registrate anche tra i “riminesi per mestiere”: cittadini provenienti per lo più dal Sud Italia, magari arrivati per fare la stagione e che in riviera avevano trovato la loro America. Anche qui la crisi ha cambiato le carte in tavola: “Il 30-35% degli stagionali, fino a qualche anno fa, si fermava in pianta stabile – sottolinea Vincenzi – mentre oggi trovandosi di fronte a situazioni avverse, in mancanza di una rete parentale preferiscono tornare nella terra di origine”.
La Provincia ha fissato un calendario di incontri pubblici per illustrare questi risultati e raccogliere contributi dai vari territori. Dopo i primi appuntamenti a Morciano e Rimini (7 e 10 maggio) si prosegue il 15 a Novafeltria all’Istituto “Einaudi” alle ore 17; il 17 maggio a Riccione alla stessa ora presso il liceo “Volta-Fellini” e il 22 a Santarcangelo all’ITC “Molari”.
Alessandra Leardini