Home Attualita Rinascere a forza di bracciate Un tuffo tra lo stupore della vita

Rinascere a forza di bracciate Un tuffo tra lo stupore della vita

Grande sportivo, con la passione per le imprese di resistenza Un gravissimo incidente lo ha reso disabile ma Cristian non molla

In un attimo tutta la sua vita è volata via, per aria. E nell’impatto con l’asfalto è atterrato un altro Cristian.

Diverso dall’atleta di prima: ciclista, triatleta, maratoneta, impegnato sulle lunghe distanze. Oggi si alza all’alba e ringrazia non per la camminata sulla battigia ma perché il sole che nasce è l’inizio di un nuovo giorno. Del dono di una nuova possibilità, di incontro, di stupore, di meraviglia.

Barba curata e capelli rossicci, Cristian Lucarelli, classe 1970, compirà 54 anni ad agosto. La sua è una storia di rinascita. “ Sono infermiere. Dovrei dire ex, ma come per i carabinieri quando sei infermiere lo sei per tutta la vita.

Attualmente mi occupo di seguire sindacalmente l’Ausl Romagna e mi sono scoperto nuotatore filosofico”.

Grande appassionato di fumetti di super-eroi e di film, da bambino Cristian sognava di diventare un novello Spider-Man o Thor. Su questa strada ha incontrato lo sport: pallacanestro, palestra e triathlon, maratona, e lunghe distanze, “ non mi facevo mancare niente”.

Poi accade l’imponderabile. Un fatto che divide la sua vita in prima e dopo.

“Ottobre 2015. Sto rientrando a casa da un giretto in bici di 30 km con la mia due ruote in carbonio. È l’ultima uscita con quella bici, poi la metterò via per l’inverno preferendo quella in alluminio per i mesi freddi. Tra Cattolica e Misano, all’altezza degli ex Magazzini Oliviero la ruota anteriore si insacca in una fenditura dell’asfalto. Facevo i 41 km/h. Nell’impatto volo a 360 gradi e atterro due volte con il collo, la testa si apre nonostante portassi il casco. Diagnosi: lesione midollare e due vertebre cervicali c4 rotte.

Mi trasportano d’urgenza con l’elicottero al Bufalini di Cesena, dove resto 20 giorni in coma farmacologico”.

Poi che succede?

“Mi risveglio attaccato ad un respiratore con sondini ovunque. Muovo soltanto le labbra. Una situazione disperata. In quelle condizioni il primo pensiero è stato: ‘Possiamo chiuderla qui, facciamola finita’. Devo ringraziare mio figlio, allora dodicenne, e mia moglie, insieme a mio fratello e ai miei genitori se la corsa non si è interrotta ed ora sono qui aggrappato più che mai al manubrio della vita”.

Inizia la risalita?

“Prima dell’incidente ero uno sportivo, con un possesso molto fisico della vita.

Facevo mia la massima greca ‘mens sana in corpore sano’, mi riconoscevo negli sport di resistenza. In ospedale muovevo solo le labbra, poi ha iniziato a muoversi l’alluce sinistro. Ho iniziato ad affrontare le giornate con lo stesso approccio allo sport che che mi aveva sempre contraddistinto. Muovevo l’alluce per 2 minuti, poi 5, mi stancavo, ricominciavo.

Sono stato trasferito a Monte Catone (Imola), in questo famoso istituto di riabilitazione per lesionati e amputati.

Qui è iniziato un lungo percorso di circa un anno, contraddistinto da fasi drammatiche. Non riuscivo a stare in piedi neppure con lo stent da carrozzina… Quando il fisioterapista mi ha visto abbacchiato mi ha spronato: hai una gamba che regge, proviamoci! Trascinavo l’altra e ho iniziato a camminare, ho persino provato l’esoscheletro”.

Lei ha scritto: La disabilità mi ha tolto tantissimo ma in cambio mi ha permesso di incontrare persone fantastiche e mi ha fatto comprendere che nel percorso vita stupore e meraviglia sono sempre dietro angolo.

“Dopo l’incidente sono rinato. Dopo la riabilitazione ho ricominciato a riappropriarmi della vita che non può essere quella prima ma proprio per quello ho provato a buttarmi, a gettarmi a capofitto in questa nuova esistenza.

Ho scritto la lista delle cose che volevo fare e che prima non avevo mai realizzato”.

Ed è tornato a fare anche sport.

“Grazie ad alcune persone della Polisportiva Riccione mi sono rimesso in acqua. ‘Tuffati!’ mi ha ordinato un giorno un istruttore. ‘Mi spacco il collo’, gli ho risposto. Sono entrato in acqua con 3 salvagenti, nuotando con un braccio”.

Adesso fa gare.

“Nei mari e nei laghi, in Italia e all’estero. La traversata del Lago d’Iseo l’ho condotta con 18 gradi, ma indossavo la muta.

Ho premiato Federica Pellegrini a Riccione, quando si è ritirata dall’attività, e sono stato premiato da Filippo Magnini a Cattolica al traguardo di una gara.

Ma tutti i giorni incontro persone: fisioterapisti,

medici, infermieri ma soprattutto altri ragazzi disabili come me.

Vede quel quadro alla parete? Lo ha realizzato Vittorio Menditto: muove solo testa, dopo l’incidente motociclistico che lo ha investito, dipinge con un pennello attaccato alla fronte”.

Insomma, oggi siamo in presenza di un Cristian Lucarelli 2.0.

“Concepisco la vita in un’altra maniera.

Un esempio banale: ero un dormiglione, oggi alle 6 sono sveglio è ringrazio per il dono che è il nuovo giorno. L’alba non è semplicemente l’arrivo della luce ma l’inizio di una giornata che deve essere riempita fino al suo compimento naturale con il tramonto”.

Quale consiglio può dare a chi vorrebbe ricominciare ma ancora è frenato?

“Non chiudersi in se stessi, non cercare quell’equilibrio derivato dal non affrontare altri.

Utilizzate i social in maniera consapevole: sono utili per ricercare il bello.

Confrontatevi con gli altri. Non censuratevi, non limitatevi alla zona di comfort ma ricercate l’avventura, le relazioni, coltivate i sentimenti e non abbiate paura ad appoggiarvi alle persone che possono aiutarvi”.

A cura di Paolo Guiducci / Loris Menghi